*Logan*
«Giuro che stavolta ti ammazzo» minacciai Derek dirigendomi a passo spedito verso di lui, ma qualcosa, o meglio qualcuno, mi bloccò.
Abbassai lo sguardo ed incontrai gli occhi imploranti di Lajyla.
«Lascia stare, ti prego» mi fece un sorriso tirato e mi lasciai sfuggire un sospiro.
«Ammazzarmi non è un buon modo per iniziare la terapia, sai?» la voce falsamente dolce di Derek mi irritò nel profondo.
Si avvicinò a Lajyla e le poggiò una mano appena sopra al fondoschiena. Senza nemmeno darle il tempo di reagire la spostai dietro di me.
«Non. La. Toccare.» Scandii furioso. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Derek sarebbe morto folgorato.
Ad un certo punto la porta si aprì e comparve il signor Vasilyev.*Lajyla*
Merda. Fu l'unica cosa che pensai vedendo mio padre sulla porta.
«Lajyla» mi guardò dapprima confuso, poi allarmato ed alla fine arrabbiato.
«Fuori» sibilò a Derek. Lui non se lo fece ripetere due volte e corse via.
«Cagasotto» borbottò Logan. Io gli diedi un pizzico sul braccio e lui alzò gli occhi al cielo.
«Logan» la voce profonda di mio padre tuonò nella stanza.
«Sì, signore?» rispose Logan ostentando sicurezza, ma da come si torceva le dita della mano stretta attorno al mio fianco capii che aveva paura. Ridacchiai e lui mi guardò storto.
«Innanzitutto lascia andare mia figlia. Subito» disse mio padre assottigliando lo sguardo, con fare minaccioso.
Logan ritirò il braccio e se lo lasciò scorrere lungo un fianco. Subito mi mancò il suo calore.
«Lajyla» si rivolse a me più dolcemente, ma sempre con lo sguardo serio.
«Sì?» chiesi timidamente.
«Lasciami un attimo con Logan, per favore».
Aggrottai la fronte. «Ma...».
Mi zittì con uno sguardo che non ammetteva repliche.
«'kay» borbottai ed abbandonai il salotto. Salii le scale ed andai in camera. Nonostante mi sforzassi di origliare non riuscivo a sentire nulla.*Logan*
Non appena Lajyla se ne fu andata il signor Vasilyev riportò l'attenzione su di me.
«Che cosa stava succedendo?» mi chiese più tranquillamente.
«Non lo so, stavo venendo da Lajyla per... studiare e l'ho sentita urlare, così ho aperto la porta ed ho visto Derek che la infastidiva. Volevo solo proteggerla» dissi facendomi più piccolo ad ogni parola. Il signor Vasilyev: l'unico uomo in grado di inquietarmi. Non avevo paura di nessuno, tranne che dei suoi occhi così profondi. Ecco da chi aveva ripreso Lajyla.
«Quel ragazzo, Derek, ancora ti infastidisce?» ma quando mai mi era venuta in mente l'idea di parargli di Derek, l'anno precedente?
Consideravo il signor Vasilyev come un padre, c'era sempre quando avevo bisogno di un adulto, ma questa conversazione era alquanto imbarazzante.
«Uhm... no...» provai a dire grattandomi la nuca.
«Stai mentendo, Logan» mi sorrise come a dire è inutile che ci provi, ti conosco.
Sbuffai. «Okay, magari mi lancia ancora delle frecciatine».
«E?»
«E potrei accidentalmente averlo picchiato».
Sospirò sconfitto.
«Aveva insultato Lajyla!» provai a difendermi. Ma in realtà era da parecchio tempo che volevo picchiarlo, l'insulto a Lajyla era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Sembrò rifletterci su, poi scosse la testa. «Non è un valido motivo».
«Ma...» provai a protestare ma lui mi zittì.
«Devi imparare a tenere sotto controllo la tua rabbia» mi disse. Come se fosse facile. Sbuffai. «Non sbuffare» mi rimproverò.
Mossi un passo verso la porta. Volevo davvero fuggire.
«Logan» mi richiamò lui, proprio mentre ero ad un passo dall'uscio. Mi girai lentamente. «Cosa c'è fra te e Lajyla?»
Oh... Questa non me l'aspettavo. E non avevo nemmeno una risposta, perché non lo sapevo nemmeno io.
«Ci... frequentiamo» sputai fuori. Beh, era vero dopotutto. Annuì pensieroso.
«Beh, non ferirla, ok? Sennò ti stacco la testa, giuro» mi minacciò.
Per la prima volta da quando ero entrato in quella stanza mi scappò una risata sincera. «Non si preoccupi».
«Ah, un'altra cosa» mi guardò con amore paterno. «Puoi sempre contare su di me».
«Grazie» gli dissi sinceramente commosso.
Poggiai la mano sulla maniglia, quando mi bloccai.
«Signore?»
«Dimmi, Logan» mi sorrise calorosamente.
«Perché si preoccupa per me? E perché mi ha aiutato in passato?»
Si fermò a riflettere per qualche minuto, carezzandosi il mento. «Quando me ne sono andato, un anno fa, ho lasciato a Mosca la cosa più importante della mia vita: mia figlia».
Mi si strinse il cuore. Ma non per le parole che aveva detto, per quelle non dette dai suoi occhi. Mia madre non mi aveva mai guardato così, come se per lei fossi tutto.
«Mi sentivo vuoto» continuò il signor Vasilyev, strappandomi dai miei ricordi. «E quando ho notato la tristezza nel tuo sguardo non ho potuto fare a meno di indagare. Lo so che non mi dici tutto, ma va bene così, devi solo sapere che io ci sono. Sei stato come un figlio per me, e lo sarai sempre» mi poggiò una mano su una spalla e mi sorrise.
Rimasi a fissarlo senza sapere di preciso cosa dire. Il groppo che avevo in gola non accennava a diminuire. Così feci l'unica cosa che mi venne in mente: lo abbracciai. Il signor Vasilyev mi diede qualche pacca sulla spalla. Dopo un po' mollai la presa, deciso a ritrovare la mia virilità.
«Grazie mille, signor Vasilyev» gli dissi di nuovo ed uscii.
«Logan» mi richiamò. Io aprii la porta quel tanto che mi permetteva di vedere dentro. «Chiamami Aleksandr».
«Aleksandr» ripetei con un sorriso e chiusi la porta alle mie spalle.*Lajyla*
Ormai erano dieci minuti che stavo seduta sul letto. Mi ero vestita, lavata e truccata. Lanciai uno sguardo all'orologio: le 12:00. Sbuffai e mi sdraiai, guardando il soffitto.
Il suono del cellulare mi distrasse dalle mie riflessioni interiori.
"Hey, tutto ok?"
Era Logan. Gli risposi con un sorriso.
"Io sì, tu? Mio padre ti ha fatto del male?" Ridacchiai premendo invio.
"No, sono tutto intero".
"Meno male".
"Ti passo a prendere più tardi?"
All'improvviso mi ricordai che era sabato. "Domani? Oggi devo uscire con Lib".
"Ok, ci sentiamo più tardi, sei stupenda".
"Anche tu".
Sorrisi e spensi il cellulare, proprio mentre mio padre entrava.
«Tutto ok?» mi chiese sedendosi sul letto. Mi tirai su e lo imitai.
«Certo, che buona notizia volevi darmi?»
«Beh... Ormai sono quasi quattro mesi che vivi qui e c'è una cosa di cui voglio parlarti...».
Mi stava facendo preoccupare. «Cosa?»
«Frequento una donna» disse tutto d'un fiato.
Rimasi interdetta per qualche secondo. «Ah... Da... da quando?»
Sospirò. «Dalla fine di maggio, quando ho scoperto che tua madre mi aveva tradito. Kailey ha riportato un po' di felicità nella mia vita».
Ero felice per lui, davvero, ma nonostante tutto mi faceva strano.
«Kailey» ripetei. «Come hai fatto a frequentarla senza che me ne accorgessi?»
«Pranziamo ogni giorno insieme» sembrava si sentisse in colpa. In effetti ero un po' delusa, ma immaginavo fosse stato difficile per lui con tutto quello che poteva perdere, così cercai di essere più comprensiva possibile.
«Okay. Parlami di lei» cercai di farlo sentire tranquillo.
«Se non ti dispiace mi piacerebbe che lo facesse lei. Può pranzare con noi? È una vita che vuole conoscerti» mi fece un sorriso tirato. Ricambiai tranquilla.
«Certo».
«Grazie, Lajyla» mi abbracciò forte.
«Se lei ti rende felice per me è okay» gli dissi stringendolo a mia volta. «Devo ammettere di essere un po' delusa, avrei preferito se me lo avessi detto prima» lo rimproverai. Lui sciolse l'abbraccio, mantenendo le mani sulle mie spalle. «Non volevo rompere il fragile equilibrio che si era appena creato» disse. «Resti comunque la cosa più importante della mia vita» mi diede un bacio sui capelli e si avvicinò all'uscio.
«Ti voglio bene, papà» gli sorrisi.
«Anche io, bambina mia» mi rispose e scese al piano di sotto.
Mi alzai e guardai la mia figura riflessa nello specchio. Aggiustai la felpa bianca, allacciai meglio le Adidas e tirai su i jeans neri. Lanciai un ultimo sguardo al mio viso, sistemandomi meglio i capelli e ritoccando il trucco.
Dovevo fare una buona impressione su questa Kailey.
«Lajyla, scendi!» mi chiamò mio padre.
«Arrivo» dissi e saltellai giù dalle scale.
Mi avvicinai a lui sull'uscio e guardai la donna di fronte a me.
«Oh ciao, io sono Kailey» disse porgendomi una mano, che strinsi. «Lajyla».
La tizia aveva capelli castani che le arrivavano appena sotto le scapole, gli occhi azzurri ed una bella bocca. Aveva un viso giovane, le avrei dato massimo quaranta anni.
«Sei così bella» mi sorrise.
«Anche tu» le dissi sinceramente.
«Bene, ragazze, è il momento di pranzare» ci interruppe mio padre. Entrambe lo seguimmo in cucina.
Mangiammo e fra una chiacchiera e l'altra scoprii che Kailey era un'eccellente donna d'affari, aveva quarantuno anni, che aveva conosciuto mio padre a gennaio ed era subito rimasta affascinata da lui e che non vedeva l'ora di conoscermi, e pensava che ne fosse valsa la pena perché ero assolutamente adorabile.
Sorrisi mentre raccontava un aneddoto divertente del suo passato.
Pensavo che sarebbe stato strano incontrare la fidanzata di mio padre, invece era stata davvero un'ora spassosa, speravo davvero che fossero felici. Vedevo l'amore nei loro occhi quando si guardavano.
Ad un certo punto la mia coscia vibrò. Tirai fuori il cellulare e, attenta a non farmi vedere, lessi il messaggio: era di Lib.
"È successo un casino".
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Il tuo pericoloso sorriso
RomanceIN LIBRERIA! Lajyla Vasilyev è una ragazza russa. I suoi genitori sono separati ed è stata costretta ad andare a vivere con suo padre negli Stati Uniti. Strappata dalla sua casa, a Mosca, Lajyla è costretta a fare i conti con una realtà completament...