Capitolo 37

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*Logan*
«Cosa!? Ma sei idiota?!» sbraitò Jared portando l'attenzione di Mr McDicken su di noi, o meglio, su di me.
«Harris, Howard, volete condividere con il resto della classe la vostra conversazione?» chiese aggiustandosi gli occhiali.
Ma perché doveva succedere di tutto sempre quando c'era McDicken?
«Non credo che gli interessino le nostre stronzate» risposi alzando un sopracciglio ed indicando il resto della classe. Era l'unico corso che Lajyla non aveva in comune con me. Per fortuna. Mi sarebbe stato più facile non pensarla almeno per un'ora. Anche se avevo sentito che non era venuta a scuola.
«Moderi il linguaggio!» sibilò e sbatté il pesante libro di economia sulla cattedra, creando un fastidioso rumore metallico che rimbombò in tutta la stanza.
«Potrebbe evitare? È un rumore fastidioso» dissi arricciando il naso. Con la coda dell'occhio vidi Jared sforzarsi al massimo per trattenere una risata.
McDicken prese un profondo respiro e serrò la mascella quasi fino a farsi scricchiolare i denti. «Non è colpa mia se la scuola offre al massimo scrivanie in metallo».
«Sta criticando il sistema scolastico e l'utilizzo dei fondi? No perché sa, noi non abbiamo nemmeno la carta igienica in bagno» raddoppiò la dose Jared e tutti scoppiarono a ridere.
«Adesso basta!» urlò McDicken e sbatté nuovamente il libro sulla cattedra, talmente forte da piegarla. «Harris, Howard, fuori! E passate il pomeriggio in punizione! Dalla fine della scuola alle sei!»
«Cosa?!» sbraitò il coach spalancando la porta.
«La mia lezione è per caso diventata una gara di urla?!» sbraitò a sua volta McDicken accompagnato dalle risate della classe.
«Beh, se urla...» provò a dire Jared, ma lui lo interruppe.
«Ho detto fuori!»
«Mi dispiace Andrew ma Jared e Logan hanno gli allenamenti dalle tre alle sei. A breve ci sarà la partita che chiuderà la stagione invernale. Sono i miei migliori giocatori» ribadì il coach Winslet tirandosi indietro i capelli biondo rame e fissando i suoi determinati occhi azzurri in quelli verdi di McDicken. Il coach sarà anche stato più giovane di vent'anni, ma quando si trattava di determinazione era irremovibile.
«D'accordo, ma quarantacinque minuti di punizione ve li fate lo stesso. Ora fuori» disse sconfitto McDicken passandosi le mani nei capelli grigi.
Io e Jared non ce lo facemmo ripetere ancora e scappammo fuori da quel manicomio.
Appena fummo nel corridoio mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo, ma ciò che mi disse il coach mi buttò di nuovo a terra.
«Logan, tu questa partita non la giocherai» esordì incrociando le braccia e fissandomi con quei due ghiaccioli. Mi ricordavano troppo gli occhi magnetici di Lajyla, anche se erano più scuri e... Mio Dio, dovevo smetterla.
«Lo so» borbottai distogliendo lo sguardo. Il coach Winslet era l'altra eccezione che riusciva a mettermi a disagio con un'occhiata, dopo il signor Vasilyev.
«Non perché hai saltato gli allenamenti, so che sei un giocatore eccezionale, ma per i tuoi voti. Siamo quasi a metà gennaio e tu hai due insufficienze, purtroppo non posso farti giocare. Quindi mettiti sotto e vedi di recuperare, o ti giochi tutta la prossima stagione. Raddoppia le ore di ripetizione con Lajyla, la tua ragazza» mi diede una pacca su una spalla e se ne andò.
«Porca troia» dissi a denti stretti.
«Già, raddoppia le ripetizioni con Lajyla, la tua ex ragazza» cantilenò Jared.
«Ti sembra il momento adatto?» sibilai.
«E a te sembra il momento adatto per lasciarla?! Te l'ho detto chiaro e tondo qualche mese fa: non dovevi stare con lei se non ti sentivi in grado di restarci. Le hai solo fatto un male assurdo così» quasi mi urlò in faccia.
«Io l'ho fatto per lei» mormorai deglutendo. Lajyla era il mio tasto dolente.
«No Logan, non ci provare! Tu lo hai fatto per te, perché non eri in grado di tenere testa a qualcuno che si interessasse davvero a te e che cercasse di risolvere i tuoi problemi insieme a te per costruire un futuro insieme a te» rincarò la dose.
Smisi di provare a protestare, perché in fondo sapevo che aveva ragione, ma non lo avrei mai ammesso.
Mi lasciai scivolare lungo la porta e mi sedetti a terra chiudendo gli occhi. Sentii Jared fare lo stesso.
«Ora: come pensi di fare con le insufficienze in chimica e in economia?» chiese Jar.
«Detesto dirlo ma avrò bisogno delle ripetizioni di Lajyla. Non posso cambiare tutor, ormai è tardi, e poi non voglio compromettere la sua ammissione all'università. Se mi tirassi indietro non otterrebbe i crediti, anzi le darebbero un giudizio negativo per non essere riuscita a migliorarmi» dissi sempre più sconfitto.
«Senti Lo, so che la ami, è innegabile. Si vede nei tuoi occhi, nelle tue parole... Non so davvero perché ti - e le - stai facendo questo, ma ti consiglio di ripensarci» disse più dolcemente.
«Lo farò» mentii.
Era vero: forse ero innamorato di Lajyla, ma non sarei tornato sulla mia decisione. Avevo superato il passato, ma non ero ancora in grado di vedere il futuro o di vivere il presente, nemmeno con Lajyla accanto.
Forse era paura. O semplicemente rassegnazione.

*Lajyla*
Sentii qualcuno scuotermi una spalla. Lentamente aprii gli occhi e vidi una macchia rossa, sfocata.
«Lajyla» il mio nome sembrava un'eco che si ripeteva all'infinito. Chiusi di nuovo gli occhi.
«Lajyla!» questa volta il mio interlocutore urlò e spalancai gli occhi.
«Mh. Sì?» dissi sbattendo più volte le palpebre e mettendo a fuoco gli occhioni preoccupati di Lib.
«Mio Dio, che diavolo ti è successo?!» chiese allarmata.
Mi diedi un'occhiata. Avevo una vecchia t-shirt dei Pink Floyd piena di buchi, un paio di shorts anch'essi pieni di buchi e mi sentivo i capelli un groviglio e la faccia appiccicosa.
Afferrai il mio telefono poco più avanti e mi specchiai. Come previsto avevo tutti i capelli intrecciati, gli occhi gonfi e rossi, tutto il mascara sbavato che mi dipingeva due lunghe righe nere che percorrevano tutte le guance e le labbra secche e screpolate. E puzzavo di alcol.
«Succede che tuo fratello mi ha mollata, ecco che succede!» urlai e mi uscì subito dopo un singhiozzo.
Era come se avessi un buco nel petto che si allargava ogni secondo di più, mentre la consapevolezza che Logan mi aveva lasciata si faceva strada dentro di me.
«Passami... passami la vodka» dissi con la vista offuscata allungando un braccio per raggiungere la bottiglia.
«No» disse con voce bassa ma ferma Lib.
La guardai e nei suoi occhi lessi un'infinita tristezza. Forse per me, per se stessa, per la me che aveva davanti in quel momento. O per tutte queste cose insieme.
«Dio, Lajyla! È solo un idiota, come lo sono tutti! Non lo perdonerò mai per averti fatto una cosa simile» disse a denti stretti. «Io glielo avevo detto... me lo aveva promesso...» aggiunse a bassa voce, parlando più a se stessa, con gli occhi lucidi.
Tirai su col naso e fissai il soffitto. «Io non voglio sentirmi così» dissi.
«Non devi sentirti così. Alzati e continua a vivere. Fallo piangere per ciò che ha perso!» mi incoraggiò Lib stringendo i pugni.
Fallo piangere per ciò che ha perso.
«Lo farò senz'altro» dissi pulendomi il mascara colato.
«Bene!» disse lei e mi aiutò ad alzarmi dal letto. Ci volle un po', perché mi girava tutto. «Come diavolo ha fatto tuo padre a non vederti? E come hai fatto a ridurti così?» chiese quando ci ritrovammo io a vestirmi e lei seduta sul mio letto.
«Beh mio padre va al lavoro la mattina presto e torna poco prima di cena, non viene mai a controllarmi in camera, va molto di fretta» dissi con un'alzata di spalle indossando il completo bianco e rosso da cheerleader. «E per quanto riguarda la seconda domanda: non me lo ricordo».
Quindici minuti dopo eravamo in strada nella macchina della mia amica. «Lib, ma sono le otto e mezzo! Ti sgrideranno!» sgranai gli occhi osservando l'orario.
«Non importa. Quando sono arrivata a scuola e ho visto che non eri seduta sul bordo della fontana ho capito che c'era qualcosa che non andava, così sono tornata indietro» disse con un'alzata di spalle.
«Sei pazza» dissi scuotendo la testa e appoggiandola sulla sua spalla. «Grazie tante» le dissi sinceramente.
«Tutto per le amiche» ammiccò parcheggiando sotto ad un albero nel parcheggio davanti alla scuola.
Corremmo trafelate lungo i corridoi fino a raggiungere l'aula di arte, sostando solo ai nostri armadietti per prendere i libri.
Spalancammo la porta ed io guardai male Lib per non aver bussato.
La signora Faith ci guardò a lungo con i suoi occhi scuri come la pece, poi ci chiese: «Signorina Harris, signorina Vasilyev, a cosa devo questo ritardo?»
«C'era traffico» rispose subito Lib riprendendo fiato.
Io scossi impercettibilmente la testa, rassegnata, ma la Faith fece finta di crederci. «D'accordo, andate a sedervi» disse guardando me e riportando l'attenzione sull'opera proiettata sulla lavagna multimediale.
Mi sfuggì un sospiro di sollievo e sgattaiolai dietro a Lib fino ai banchi sulla sinistra, dalla parte opposta a Logan e Jared.
«Com'è che dici tu?» mi chiese bisbigliando Lib.
«I privilegi di avere voti alti» sorrisi io.
Finita l'ora di arte io e Lib ci dirigemmo verso l'aula di storia. Durante il breve tragitto in corridoio mi sorbii tutte le lamentele di Lib su quanto la storia facesse schifo e fosse noiosa e una terribile carneficina. La nostra professoressa di storia, la vecchissima vedova Jesther, invece diceva sempre che la storia era "ciò da cui avremmo dovuto imparare i nostri errori ed evitare di ripeterli", ed in questa parte della mia esistenza non potevo fare altro che darle ragione: non avrei mai più ripetuto l'errore di mettermi in gioco con uno come Logan.
***
Faticosamente eravamo sopravvissute fino alla fine della giornata.
«Bene, io devo scappare perché fra mezz'ora ho lezione di pianoforte. Si avvicina il saggio di metà anno e la Rogers non fa altro che aumentare le ore di prova» disse trafelata Lib camminando a grandi passi verso l'uscita dell'edificio.
«Io devo restare per assistere gli studenti in punizione, per i crediti» dissi cercando di stare al passo con lei.
«D'accordo» mi sorrise fermandosi sull'uscio. «In bocca al lupo. Non pensarci» mi abbracciò e poi sparì dalla mia visuale.
Era difficile non pensarci, anche perché Logan non si era seduto con noi a pranzo, e Jared continuava a lanciarmi occhiate furtive e poi parlottava con Logan che scuoteva la testa.
Con un lungo sospiro mi incamminai verso la biblioteca ed aprii la porta.
Mi diressi verso lo spazio riservato alla mia vittima e restai di sasso non appena la vidi.
«Non ci voglio credere» mormorai passandomi entrambe le mani sulla faccia.
«Ciao, Lajyla» disse Logan.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio.

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