Capitolo 34

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*Logan*
Guardai ancora un po' fuori dalla finestra poi mi decisi ad alzarmi. Il clima sembrava cambiato improvvisamente da quando Lajyla era uscita dalla porta. Prima c'era il sole, ora dei grossi nuvoloni neri lo oscuravano. Più o meno come stava accadendo al mio cuore.
Presi la giacca ed uscii dalla porta mandando un messaggio veloce a Jared.
Ritrovatomi nel corridoio lanciai un rapido sguardo al salone e notai mia madre che fissava fuori dalla finestra con un bicchiere di - probabilmente - whisky nella mano destra.
Strinsi i pugni e mi diressi da lei in poche lunghe falcate.
«Lasciala in pace, ok? Non ti devi avvicinare a lei» ringhiai minaccioso.
Lei alzò le spalle e scosse la testa, mentre i suoi occhioni scuri diventavano lucidi. Molto probabilmente era ubriaca.
«È una ragazza così carina» biascicò infine.
Ed io me ne andai.
***
«Hey amico» disse Jared con un pezzo di panino al prosciutto in bocca. «Cazzo, che faccia!»
«Non ti ricordi che non si mangia pesante prima degli allenamenti?» gli chiesi frugando nel borsone alla ricerca della canottiera giusta.
Lui rise ed ingoiò l'ultimo morso del panino. «Seriamente, che succede?» chiese togliendosi le scarpe ed indossando un paio di Jordan. Mi ricordavo troppo bene quanto aveva risparmiato per permettersi quelle scarpe. Mesi e mesi di fatiche e rinunce.
«È tutto okay» mormorai continuando a guardare le sue scarpe.
«Non mi freghi» disse alzandosi in piedi. «Sbrigati a metterti quella canottiera, finocchietto, sennò il coach ci taglia le palle» concluse con un sorrisetto uscendo dagli spogliatoi.
Mi ripresi ed infilai la canotta con il numero 8, il mio numero fortunato, e anche il giorno in cui avevo conosciuto Lajyla.
Ero ben consapevole che Jared non mi avrebbe mai lasciato in pace finché non gli avessi detto che stava succedendo, ma in quel momento volevo solo giocare ed evitare di pensare, e lui lo sapeva.
Iniziammo con i soliti esercizi pallosi. Poi arrivava la mia parte preferita: la corsa. Amavo correre, mi aiutava a svuotare la mente e a concentrarmi solo sul respiro e sul battito del mio cuore. E sui lamenti di Jared che invece odiava correre. Sembrava assurdo, ma era così normale sentirlo lamentarsi dietro di me che se non lo avesse fatto mi sarebbe mancato.
Dopo sei giri ci fermammo a prendere fiato. Jared continuò a lamentarsi ed io proseguii camminando ancora un po' per stabilizzare il respiro ed il battito cardiaco.
Continuammo facendo altri esercizi ed infine giocammo una partita. Io, Jared, Jake, Daniel e Mark contro Derek, Mason, Gale, Peter e Richard.
Ovviamente vincemmo noi.
Afferrai il borsone e lo caricai in spalla, non appena misi piede fuori dalla palestra i pensieri bombardarono di nuovo il mio cervello.
Afferrai il telefono e cercai il nome di Lajyla nella rubrica.
«Hey» la sua voce.
Mi girai lentamente e fissai il mio interlocutore. «Ciao, Derek».
Era la prima volta negli ultimi due anni che si rivolgeva a me senza volermi insultare.
«Bella partita. Come va?»
«Tutto bene... tu?»
«Okay».
La situazione era all'apice del surreale.
«Senti, la psicologa mi ha fatto capire che ho sbagliato ad incolpare te in tutti questi anni» disse. «Mi piacerebbe... se venissi alle sedute. Potremmo risolvere tutto questo casino».
Cosa?
Mi limitai ad annuire sorpreso, senza sapere a cosa realmente stavo andando incontro.
«Ci si vede» mi diede una pacca su una spalla e se ne andò.
Ma che diavolo...
«Hey amico» Jared piombò alle mie spalle con un altro panino in mano. «Ora che è successo? Hai una faccia peggiore di quella che avevi prima!» constatò addentando il panino.
«Derek» riuscii solamente a dire scuotendo la testa.
Lui alzò gli occhi al cielo e mi fissò nuovamente. «Ma non è solo questo, vero?»
Scossi la testa. Jared sospirò e ripose il panino nello zaino. «Che ti prende? Sembri perso in un altro Universo. Terra chiama Logan!» disse schioccandomi due dita davanti agli occhi. Sembrava mia sorella con quella nota di scocciatura nella voce.
«Lajyla, tutto merito di Lajyla» sbottai uscendo in strada a passo svelto.
«Ah-ah! Lo sapevo!» mi puntò un dito contro Jar.
Lo guardai e sbuffai, poi accelerai ancora di più.
«Dimmi che succede!» mi urlò dietro lui.
La mia testa stava per esplodere. Non ne potevo più. Volevo solo starmene in pace e staccare la spina. Per sempre.
Jared mi afferrò per un braccio e mi frenò bruscamente. Poi mi trascinò di lato fino ad un piccolo bar nascosto in un angolo della strada. Entrammo e ci dirigemmo verso un tavolo isolato.
«Mi vuoi dire che diavolo ti prende? Che è successo? Avete litigato?» partì con il terzo grado mentre ci sedevamo.
«Mia madre» sospirai e lui s'incupì. «Si sta attaccando a lei. Io mi sono arrabbiato e ho detto a Lajyla che non voleva altro che qualcuno con cui sfogarsi, ma lei ovviamente ha fatto tutto di testa sua, abbiamo litigato e se n'è andata».
Jared mi guardò per una manciata di secondi, poi chiese: «E?»
«Non ti sfugge proprio niente, eh» sentenziai con un sorrisetto. «Ho provato a guidare. Con Lajyla».
A quell'affermazione strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca.
«Non è andata bene» aggiunsi vedendo che non parlava. «Insomma, ci sono troppi dubbi, troppe perplessità, che ci dividono. Lajyla si trattiene con me ed io faccio lo stesso con lei».
«Aspetta» alzò una mano Jar. «Tu cosa sai di lei?»
«Che è russa e che suo padre l'ha fatta trasferire da lui quando ha scoperto che la moglie, che l'ha buttata fuori casa, lo tradiva» e che conosceva Caitlyn ed erano addirittura migliori amiche. Ma questo me lo tenni per me. Nonostante Jared fosse il mio migliore amico non me la sentivo di rivelargli quel dettaglio della vita di Lajyla. Era una cosa... personale.
Lui annuì e strinse le labbra. «La ami?» chiese infine.
«Io... non lo so. Sono molto preso da lei e le ho rivelato i miei segreti più profondi, ma c'è qualcosa che ancora non mi torna» ammisi grattandomi distrattamente la barbetta che stava ricrescendo.
«Ovvero?» chiese curioso lui.
«Non parla mai di sua madre. Mai. Sembra quasi che sia morta. Eppure ha vissuto diciassette anni con lei, com'è possibile che non le manchi nemmeno un po'? Ho paura che possa averle fatto qualcosa che non vuole dirmi» ragionai.
«Forse non vuole parlarne semplicemente perché è una parte dolorosa del suo passato. Ha tradito suo padre e l'ha cacciata di casa» scrollò tranquillo le spalle Jared.
«Già, forse. O forse no».

*Lajyla*
Erano tre ore che stavo sdraiata sul letto a fissare il soffitto. Iniziavo a non sentire più la schiena.
Mio padre come sempre era al lavoro, Lib aveva le prove di pianoforte tutto il pomeriggio, Logan era agli allenamenti (non che volessi vederlo), ed io non sapevo che fare. Mi annoiavo.
Per l'ennesima volta rivolsi uno sguardo verso la finestra ed osservai i palazzi disperdersi a vista d'occhio.
Sospirai. In Russia abitavo in una villetta abbastanza lontana dal centro città, in uno spazio verde. Era magnifica: c'era un giardino enorme, un panorama spettacolare, ma ciò che adoravo di più era la tranquillità che vi regnava. L'estate prendevo un libro, mi sdraiavo sull'amaca, e leggevo fino ad addormentarmi.
Ritornai alla realtà sentendo suonare il campanello.
Mi alzai controvoglia e mi trascinai fino alla porta. Guardai attraverso lo spioncino e mi si mozzò il respiro. Logan.
Aprii lentamente la porta e cercai di mostrarmi il più infastidita possibile.
«Che c'è?» chiesi acida.
«Voglio mostrarti una cosa» rispose tranquillo, ma sapevo che non lo era affatto. Lo capivo da come muoveva avanti ed indietro il piede.
«Non mi interessa, grazie» decretai cercando di chiudere la porta, ma Logan vi infilò un piede in mezzo.
Poco dopo mi porse la mano. «Andiamo, Lajyla» mi supplicò con lo sguardo.
La guardai indecisa. Poi spostai lo sguardo sul suo viso. Aveva la fronte aggrottata e si mordicchiava il labbro inferiore. Dio, quanto era bello.
Alla fine cedetti e la strinsi. Era calda. Le mie erano gelide anche quando erano quaranta gradi.
Scendemmo rapidamente le scale, Logan davanti ed io dietro. Non mi lasciava la mano, quasi come se avesse paura che sarei scappata da un momento all'altro.
Quando ci ritrovammo davanti alla sua auto lo fissai e cercai di divincolarmi. «Logan...»
Lui camminò imperterrito verso la macchina, tirandosi dietro me.
Entrò dalla parte del guidatore e mi invitò a sedersi accanto a lui.
Io entrai titubante e mi sedetti incrociando le braccia al petto.
«Ti prego non guardarmi così» sussurrò Logan con la mascella contratta, fissando dritto oltre il parabrezza.
«Così come?» mormorai.
Lo vidi deglutire. «Come se avessi paura di me» disse infine sospirando.
«Logan» dissi dolcemente posando una mano sopra la sua. «Non ho paura di te».
Lui sorrise debolmente, prese un profondo respiro e mise in moto.
Gli strinsi più forte la mano, sperando che quella volta ce l'avremmo fatta.

*Logan*
Non potevo credere di stare davvero guidando lungo le strade di Los Angeles con Lajyla accanto.
Erano due anni che non guidavo con una ragazza accanto, eccetto Lib.
Andava tutto fin troppo bene, finché Lajyla non mi chiese di svoltare in una strada meno trafficata. Quella strada.
Tutti i muscoli si paralizzarono all'unisono, il sangue gelato nelle vene.
Vedevo la bocca di Lajyla muoversi velocemente e i suoi occhi stracolmi di paura.
Un forte schianto.
Poi il buio.

Il tuo pericoloso sorrisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora