*Logan*
«Liberty!» bussai violentemente contro la sua porta «Siamo in ritardo!»
La porta si spalancò all'improvviso e feci appena in tempo a spostarmi, evitando di rimediarmi un bernoccolo in fronte. Una tempesta di capelli rossi mi svolazzò sotto il naso, - mia sorella era alta appena un metro e sessanta, io ero uno e ottantacinque, c'era una bella differenza - Liberty fissò i suoi intensi occhi verde scuro nei miei e vi lessi... Disperazione?
«È una tragedia, Logan!» sbraitò e ringraziai, per la seconda volta, l'architetto. Sospirai. In genere si trattava di qualcosa di stupido.
«Cosa?»
«Non riesco a trovare il mio mascara nero tenebra della L'Oréal!»
Appunto.
«Che diamine vuol dire nero tenebra? E cosa diavolo è il mascara?!»
Mi guardò stizzita.
«Senti, Lib, so solo che siamo in ritardo, muoviti!»
«Non esco di casa senza il mio mascara!» urlò una seconda volta e mi chiuse la porta in faccia. La fissai sbalordito. Mia sorella sapeva essere davvero infantile. Ed io ero una persona davvero poco paziente.
Spalancai la porta rabbioso, andai verso di lei che frugava lanciando in aria trucchi e vestiti e me la caricai in spalla.
«Mettimi giù!»
La ignorai e mi diressi verso la porta, prendendo il suo zaino ed il mio e caricandomeli in spalla. La depositai in corridoio, le diedi lo zaino con decisamente poca gentilezza, salutai in modo burbero mia madre che si stava preparando con sguardo assente e mi chiusi la porta alle spalle.
Le afferrai un braccio e la trascinai verso le scale.
«Logan, mi fai male» la sua voce era poco più di un sussurro. Questo bastò a placare completamente la mia rabbia. Lasciai andare il suo braccio e mi girai verso di lei. Teneva la testa bassa e vedevo qualche lacrima rigarle la guancia, mascherata dai lunghi capelli rossi. Strinsi le labbra, mi avvicinai a lei e la abbracciai, Lib si aggrappò alla mia felpa e prese a singhiozzarci contro, come faceva da piccola, quando volavano urla e schiaffi tra nostra madre ed il suo compagno.
«Mi dispiace» le sussurrai.
Spesso prendevo in giro Liberty dicendole che era infantile, ma in questi momenti mi rendevo conto di quanto fosse vero. Nessuno le aveva insegnato come crescere, in più lei era estremamente emotiva. Nostra madre si era sempre comportata come un'adolescente, pessimo esempio.
Decisi. Il prossimo anno sarebbe andata al college, le avrei insegnato a cavarsela.
Con questo non volevo dire che fosse poco intelligente, anzi tutt'altro, o che si comportasse come una stupida, semplicemente c'erano un sacco di cose elementari che non sapeva fare, ad esempio non metteva mai la sveglia ed in situazioni come questa, di forte pressione emotiva, non reagiva, ma si lasciava trasportare dalle sue emozioni, in genere quelle tristi.
Ammetto che la sua incapacità di fare molte di queste cose - sveglia compresa - era colpa mia. Non le avevo mai permesso nemmeno di provarci e l'avevo... Viziata. Entrambi avevamo sempre lasciato che le nostre emozioni prendessero il sopravvento, come due bambini, solo che nel mio caso si trattava di rabbia devastante e nel suo invece di tristezza infinita.
La sua incapacità nella cucina invece era tutto merito suo, era completamente negata.
La sentii rilassarsi e la lasciai andare, mi sorrise. Ricambiai e ci incamminammo verso la scuola, più correndo che camminando, dato che erano le 6:50 e le lezioni iniziavano alle 7:15. In dieci minuti arrivammo al cancello e lì le nostre strade si divisero, ci saremmo rivisti fra quindici minuti, in classe.
Mentre correvamo mi era saltato in mente quanto cavolo la mia famiglia fosse assurda. Mio padre era fuggito quando eravamo piccoli, mia madre era praticamente un fantasma apatico, mia sorella non era in grado di badare a se stessa ed io ero vittima della mia rabbia.
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Il tuo pericoloso sorriso
RomanceIN LIBRERIA! Lajyla Vasilyev è una ragazza russa. I suoi genitori sono separati ed è stata costretta ad andare a vivere con suo padre negli Stati Uniti. Strappata dalla sua casa, a Mosca, Lajyla è costretta a fare i conti con una realtà completament...