Capitolo 35

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*Logan*
Lajyla.
Fu la prima cosa che pensai appena fui in grado di formulare pensieri.
Mossi prima le dita della mano destra, erano intorpidite. Poi quelle della sinistra. Stesso risultato.
Aprii lentamente le palpebre e mi guardai intorno.
No, no, no, no, no...
Non potevo essere di nuovo là dentro.
Il battito regolare del mio cuore mi prendeva in giro, ogni bip era come un pugnale che mi trapassava lo stomaco.
Lajyla.
Non potevo crederci. Non volevo crederci. Ma inevitabilmente stavo pensando al peggio.
«Logan!» sentii qualcuno urlare, per un attimo un lampo di speranza mi fece correre una scarica di adrenalina da capo a piedi, poi mi accorsi che era solo Lib, e mi appassii come un girasole terminata l'estate.
«Oh mio Dio, Logan!» singhiozzò lei e si inginocchiò per terra, carezzandomi una guancia. «Pensavo che non ce l'avresti fatta».
«Dov'è Lajyla?» chiesi d'impulso, stringendole la mano per rassicurarla.
«Lei è...»
«Amico!» urlò Jared correndo verso di me ed abbracciandomi leggermente. «Porca puttana, smettila di farmi prendere questi colpi!»
«Lajyla! Dov'è Lajyla?!» chiesi mentre il panico iniziava a farsi strada in me e ad affogare ogni speranza.
Non un'altra volta, ti prego, non un'altra volta...
Jared abbassò la testa e contrasse la mascella. Lib aprì la bocca per dire qualcosa ma le uscì solo un sospiro spezzato.
«Buongiorno» interruppe quel dannato silenzio un medico. «Vedo che si è svegliato. Innanzitutto è stato fortunato a non aver riportato fratture e...»
«Dove cazzo è la mia ragazza?!» urlai esasperato.
Jar e Lib si scambiarono uno sguardo furtivo estremamente preoccupato, mentre il medico sconvolto mi fissava.
«È in coma, ma sta bene. Si dovrebbe svegliare a breve, si spera» rispose infine.
Mi sentivo talmente sollevato che feci fatica a trattenere le lacrime che minacciavano di inondarmi la faccia. Non l'avevo persa.
«Grazie... grazie...» sussurrai e chiusi gli occhi.
«Fra domani e dopodomani la dimetteremo, come stavo dicendo prima, è tutto apposto» concluse il dottore e, con una smorfia a metà fra il confuso e l'irritato, controllò i vari macchinari a cui ero legato, poi abbandonò la stanza.
«Sei stato un imprudente» mi rimproverò Lib. «Se ti fosse successo qualcosa...»
«Hey» esordii sorridendole. «È tutto okay».
«Porca puttana Lo, mi hai fatto cacare addosso dalla paura» disse con tono melodrammatico Jared.
«Bene, ci vuole qualcuno che ti svegli di tanto in tanto» risi.
«Come ti senti?» mi chiese premurosa Lib sedendosi sul letto. Jared la imitò.
«Come se fossi stato investito da un'auto» ironizzai, ma nessuno rise. «Quanto ho... insomma... dormito?» chiesi timoroso.
«Sei rimasto svenuto per quattro giorni» rispose Lib.
«Senti...» provò a dire Jar, ma lo interruppi.
«Non ero pronto, non dovevo fidarmi così tanto di me stesso, ma la paura di perderla mi ha sovrastato. Sono stato un idiota egoista ed ho rischiato di perderla per davvero. Mi dispiace» dissi cercando di ingoiare il groppo che avevo in gola.
Lib scosse la testa. «Non è con noi che ti devi scusare».
Dovevo avere un'espressione davvero confusa, poiché Jared mi fece un cenno verso il corridoio con la testa.
Alzai appena il capo e vidi, oltre il vetro, il signor Vasilyev che parlottava con un medico. Sprofondai nel cuscino.
Merda, merda, merda!
Quella volta mi avrebbe ammazzato, ed avrebbe anche fatto bene.
Qualcuno decise di graziarmi ed il signor Vasilyev se ne andò.
Terminato l'orario delle visite Jar e Lib lo imitarono e rimasi solo coi miei pensieri.
Non sapevo se essere estremamente felice o estremamente depresso.
Lajyla stava bene, ma nella migliore ipotesi della peggiore situazione.
Coma. E se non si fosse mai più svegliata? Se non avessi mai più potuto baciarla o stringerla fra le braccia?
Rabbrividii e scacciai via quei pensieri, ma l'ormai familiare senso di colpa continuò a perseguitarmi finché non mi dimisero, due giorni dopo.
Jared e Lib erano venuti entrambi i giorni ed erano rimasti fino all'orario di chiusura delle visite, mi avevano raccontato della scuola e dei progressi di Lajyla, solo qualche stanza più in là, che sembrava sulla buona strada per svegliarsi.
Quel giorno avrebbero dovuto accompagnarmi a casa, ma Lib aveva una prova di pianoforte che non poteva rimandare e Jar aveva gli allenamenti. A breve ci sarebbe stata la partita che concludeva la stagione invernale, ed io probabilmente non avrei giocato. Avevo saltato ben due allenamenti, per causa di forza maggiore certo, ma per il coach Winslet anche solo saltare un allenamento voleva dire essere fuori. Era davvero severo quando si parlava di basket e di vittoria.
Sospirai e recuperai la felpa che mi avevano tolto quando ero arrivato. Frugai nelle tasche e al contatto con le chiavi dell'auto ritrassi la mano. Nemmeno sapevo dov'era la mia macchina.
Mi incamminai lungo la strada che avevo tristemente percorso un gran bel po' di volte, ma non mi ero mai sentito così a terra. Avevo messo in pericolo Lajyla, poteva morire per colpa mia e del mio dannato egoismo. Ogni volta che pensavo a lei morta una scarica di brividi mi percorreva la schiena.
Non resistetti più e cacciai un urlo, sfogando tutte le emozioni che mi si susseguivano dentro, finché non rimase nient'altro che la rabbia cieca che conoscevo fin troppo bene. Presi a pugni la prima cosa che trovai, che poi scoprii era una staccionata.
Mi fermai solo quando non restò più alcuna rabbia da sfogare né qualsiasi altra emozione. Crollai a terra e mi guardai le mani. Il sangue grondava lungo gli avambracci. Lo guardavo impassibile, come se non mi importasse. Ed effettivamente non mi importava.
Mi alzai lentamente e ricominciai a camminare verso casa, senza preoccuparmi di fermare il sangue. Probabilmente se qualcuno mi avesse visto si sarebbe preso un infarto, ma era una strada isolata ed era ora di cena, dunque quasi nessuno passava di lì.
Quando arrivai a qualche metro da casa dovetti fermarmi e cercare qualcosa per impedire ad altro sangue di uscire, sennò qualcuno mi avrebbe davvero preso per un assassino, vivevo comunque in una delle zone più popolate di Los Angeles.
Mi arrangiai sfilandomi la felpa e fasciandoci le mani, poi velocemente entrai nel palazzo e sgattaiolai nel mio appartamento, evitando ogni altro essere umano.
Non appena la porta si chiuse alle mie spalle mi ci appoggiai e mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo. Sgattaiolai in bagno e gettai la felpa nella lavatrice, poi mi lavai le mani e medicai le numerose piccole ferite che avevo sulle nocche.
Terminato il lavoro feci per tornare in camera mia, ma mia madre mi bloccò in corridoio abbracciandomi.
Mi irrigidii e respinsi difficilmente l'istinto, che mi diceva di scansarla.
«Per fortuna stai bene» singhiozzò. «Non sono venuta in ospedale perché pensavo che ti saresti arrabbiato. Mi dispiace Logan per come mi sono comportata negli ultimi anni» prese una pausa e si tirò indietro asciugandosi le lacrime. «È stato merito di quella ragazza, Lajyla, l'ho sempre osservata quando veniva qui, e mi sono resa conto di tutto ciò che mi ero persa cercando di combattere il mio dolore ed ignorando il vostro. Avevo perso i miei figli, ma lei vi ha fatti rinascere entrambi» sorrise.
La guardai stupefatto. Milioni di volte negli ultimi dieci anni avevo sognato che mi dicesse quelle parole, ed ora avevo paura che la morfina che mi avevano iniettato in ospedale circolasse ancora nel sangue. Mi diedi un pizzico e la guardai. La sua espressione fiduciosa si stava dissolvendo ogni secondo di più. Smisi di riflettere e la abbracciai, proprio mentre comparve Lib sulla soia. Lasciò cadere gli spartiti che svolazzarono ovunque e mi guardò con gli occhi lucidi. Sapevo cosa voleva chiedermi con lo sguardo. Annuii e lei ci corse incontro.
Nostra madre era davvero tornata.
«Non posso crederci» mi sussurrò Lib in un orecchio.
«È tutto merito di Lajyla» risposi mentre una lacrima mi rigava la guancia, e si portava via tutte le maschere che avevo indossato da quando mia madre era morta dentro.
***
La settimana successiva proseguì di una noia mortale. Jar e Lib cercavano di farmi ridere, ma ogni giorno una tacca della mia speranza spariva e se ne aggiungeva una al mio dolore e al mio senso di colpa.
Lajyla era sulla buona strada per svegliarsi, dicevano i medici, ma ancora non c'era nessun risultato concreto.
Come ogni giorno mi incamminai verso l'ospedale passando per la solita strada desolata.
Mi sentivo un vigliacco, ma ero riuscito ad evitare il signor Vasilyev per tutto quel tempo, anche se probabilmente non mi aveva voluto cercare lui. Quell'uomo otteneva sempre tutto quello che voleva. Proprio come Lajyla.
Lo avevo evitato perché avevo paura che mi dicesse di stare alla larga da sua figlia. Sapevo che avrei fatto bene, ma non riuscivo ad accettarlo.
Entrai e mi sedetti in sala d'attesa. Mancavano cinque minuti all'inizio dell'orario delle visite. In genere il signor Vasilyev arrivava le ultime due ore, così io restavo le prime due, poi dovevo andarmene per forza a causa degli allenamenti di basket che il coach aveva esteso ad ogni giorno della settimana.
Ma quel giorno fui meno fortunato.
«Che cosa è successo?» mi chiese il signor Vasilyev sedendosi e facendo scricchiolare quella dannata sediolina su cui mi ero seduto almeno un miliardo di volte.
«Mi dispiace» dissi semplicemente.
E mi dispiaceva davvero. Mi dispiaceva di non riuscire a superare il passato, mi dispiaceva di non riuscire a tenere al sicuro Lajyla... Avevo talmente tante cose di cui dispiacermi che nemmeno mi ricordavo più.
«Sono sicuro che ha a che fare con qualcosa che mi hai accennato l'anno scorso, qualcosa riguardo quella ragazza».
Non risposi.
«Logan» mi poggiò una mano sulla spalla alzandosi. «Io credo molto in te, ma se non sei in grado di tenere al sicuro mia figlia è meglio che vi prendiate una pausa. La sola idea che possa succederle qualcosa...»
«Lo so» risposi. E lo sapevo davvero, era la stessa cosa che provavo io.
«Te lo ripeto, credo in te» disse un'altra volta e scomparve dietro la porta della stanza di Lajyla.
Già. Il problema era che io non credevo in me.
Mi alzai e spiando oltre il vetro mi accorsi che si era svegliata. E decisi cosa fare.
Afferrai il borsone che mi serviva per gli allenamenti di basket ed uscii dall'ospedale.
Io non riuscivo a proteggere Lajyla come avrei dovuto fare.
Era il momento di farsi da parte.

Ciao fiori di campo!🙊💎

Non oso immaginare quante di voi stiano meditando la mia morte ora...😂

Cooomunque... sono riuscita ad aggiornare, contente?😌

Mercoledì ho l'esame finale, poi
capitoli a gogo! Resistete.💕

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Al prossimo capitolo!♥️

-A.

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