Capitolo 49

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*Lajyla*
«Oh, Lajyla» mormorò mia madre, aveva gli occhi che erano due fosse vuote, il suo corpo era debole e tremante e perdeva sangue dal buco che aveva in testa. Mi terrorizzava. Ero impalata a fissare quello spettacolo orribile, mentre il terrore mi attanagliava le viscere e mi schiacciava i polmoni. «Ti amavo così tanto» sussurrò al mio orecchio, le sue parole mi trafissero il cuore, erano come una lama d'acciaio che si infilava nel mio stomaco, squarciandolo.
«Tu non mi amavi» la sua voce diventò strozzata e le sue mani tremanti si appoggiarono sulle mie guance. Le due orbite vuote che aveva al posto degli occhi mi inglobarono, facendomi sprofondare in un baratro di oscurità e terrore. L'unica cosa che sentivo era il battito del mio cuore nelle orecchie.
«Tu non mi amavi!» in quel momento la sua voce era carica di rabbia. Scattò indietro e vidi la furia tirarle i lineamenti un tempo dolci del viso.
«Cosa ho fatto per meritarmelo?» le si ruppe la voce e si sciolse in un fiume di lacrime, che mi penetrarono in ogni parte del corpo, squarciandomi il petto. Boccheggiai in cerca d'aria, ma era come se qualcuno mi premesse con forza una mano sulla bocca, impedendomi di parlare e di respirare.
Improvvisamente i suoi capelli mi aleggiarono sulle guance, e le sue orbite vuote scatenarono un brivido nel mio petto che mi scosse da capo a piedi.
«Guarda cosa mi hai fatto» quel sussurro si insinuò nel mio cervello e nel mio corpo. Volevo gridare, piangere, urlare, scappare, ma riuscii solo a fissarla con gli occhi sgranati.
Lei si ritrasse ed indicò il suo corpo etereo con le braccia, poi una pistola le si materializzò nella mano e la puntò contro di me. Le mie gambe non volevano saperne di muoversi. Il terrore mi aveva pietrificato ogni muscolo. «Ora tocca a te».

Sbarrai gli occhi e respirai affannosamente. Annaspai in preda al terrore, brancolando con la mano nel vuoto, finché non trovai l'interruttore dell'abat-jour. La luce invase la stanza e mi tirai a sedere, mentre il mio petto andava rapidamente su e giù alla ricerca dell'aria che nel sogno non avevo. Mi passai entrambe le mani sul viso e mi accorsi che le guance erano umide. Tirai su col naso e sentii un singhiozzo squassarmi il petto.
«Lajyla» la voce roca di Logan giunse alle mie spalle. Mi pietrificai. Non mi ricordavo che fosse lì.
Sentii il suo braccio sfiorarmi la schiena ed agganciarmi la vita. «Tesoro, va tutto bene?»
Scossi la testa ed iniziai a piangere. Sentii un fruscio alle mie spalle e poi Logan fu davanti a me. In boxer. Deglutii, dimenticandomi per un secondo perché piangevo.
Si inginocchiò di fronte a me, ed il dolore nei suoi occhi mi distrusse. Mi carezzò una guancia e mi baciò un angolo della bocca. «Che posso fare per te?» chiese infilandomi le mani nei capelli e tirandomi verso il suo petto massiccio. Gli tuffai le braccia attorno al collo e cercai di deglutire il groppo che avevo in gola. Notai che le mie dita stavano tremando. Ad un certo punto sentii i muscoli delle sue spalle flettersi sotto le mie dita, e mi ritrovai a stringergli le gambe attorno alla vita.
Logan afferrò una felpa, i miei e i suoi jeans e scese le scale. Jared e Lib dormivano sul divano. Lei aveva la testa poggiata sulla sua spalla e Jar la teneva stretta. Mio padre doveva averli coperti col piumone.
Sentii le spalle di Logan irrigidirsi.
«Lib se lo merita, Lo, e anche Jared» cercai di tranquillizzarlo, stringendo meglio la sua vita fra i miei fianchi.
«Lajyla...» la voce di Logan era profonda. Lo era così tanto solo quando... Oh.
«Scusa» sussurrai arrossendo. «Non l'ho fatto apposta».
Ridacchiò e si diresse verso la porta, afferrando anche le chiavi della macchina. Mi tirai indietro e lo guardai negli occhi. «Cosa stai facendo?»
«Ti porto in un posto speciale» sorrise. E, Dio, quanto era meraviglioso il suo sorriso. Mi infuse un po' di speranza per il futuro. «Amo il tuo sorriso» dissi senza pensare, carezzandogli gli zigomi ben definiti con la punta delle dita.
«Io amo te» sussurrò e poggiò la fronte contro la mia, accendendomi il cuore di gioia.
Sorrise sollevato e continuò a trasportarmi fino alla macchina. Mi passò i jeans e si infilò i suoi e la felpa. Mi infilai i pantaloni sotto lo sguardo attento di Logan e sistemai la maglietta lunga.
«Ti preferivo nuda» sussurrò contro il mio orecchio facendomi diventare rossa come un pomodoro. Gli diedi uno schiaffetto sul petto e sorrisi imbarazzata.
Salì dalla parte del guidatore e mise in moto. Attraverso il finestrino vedevo i grattacieli bui scorrermi davanti agli occhi. Era una follia, stavamo andando da qualche parte in macchina alle tre di notte, ma non mi sentii spaventata, non volevo tornare indietro, volevo buttarmi a capofitto in quell'avventura, volevo sentirmi viva. Sentii il familiare calore della mano di Logan attorno alla mia e sorrisi. Lui era accanto a me, nient'altro contava.

Il tuo pericoloso sorrisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora