Capitolo 43

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*Lajyla*
Il profumo di Logan mi inebriò le narici e mi fece sentire a casa.
Sentii le lacrime salire a quel pensiero. Logan era la mia casa. Lui e tutto ciò che lo riguardava.
Mi staccai da lui e lasciai che mi prendesse per mano.
«Quindi andiamo a Venice?» chiese stringendomela.
Annuii e sorrisi montando sul pick up.
Logan mi imitò e notai un guizzo di panico attraversagli lo sguardo mentre infilava la chiave nella toppa.
«Ehi...» esordii poggiando una mano sulla sua.
«Va tutto bene» sorrise sereno ed uscimmo dal parcheggio, diretti a Venice Beach.
***
Stavamo camminando da qualche minuto, mentre Logan mi indicava le particolarità di Venice, come le colorate case delle più svariate forme, le villette in legno strutturale e... Un edificio a forma di binocolo?
Sgranai gli occhi e scoppiai a ridere di gusto davanti a quella bizzarria. Eravamo al 340 di Main Street, davanti al "famoso edificio a forma di binocolo di Venice", o almeno così aveva detto Logan.
«È la cosa più strana che abbia mai visto» dissi tra una risata e l'altra asciugandomi le lacrime.
Logan finse un broncio. «Stai offendendo la mia Los Angeles» disse incrociando le braccia.
«Scusa» dissi dandogli un bacio sulla guancia.
Logan sorrise compiaciuto e si avvicinò per baciarmi, ma il cappello che aveva in testa glielo impedì. Risi vedendo la sua espressione imbronciata e lo spostai, facendo in modo che la visiera fosse dietro la sua testa.
Poggiai le labbra sulle sue e gli mordicchiai il labbro inferiore. Come sempre le labbra di Logan erano calde e morbide. Emise un mugolio di apprezzamento e sorrise contro la mia bocca.
«Che schifo!» esclamò un bambino di sì e no cinque anni.
Arrossii allontanandomi da Logan, lui, come al suo solito, reagì in modo opposto, scoppiò a ridere.
Si chinò e scompigliò i capelli biondi del bambino. «Fra qualche anno la penserai diversamente».
Sbuffai e lui si tirò su, passandomi un braccio attorno alla vita.
«Sei gelosa, Lajyla?» chiese mordicchiandomi il lobo. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena.
«Affatto» scossi la testa.
«Andiamo, Drake» disse una donna con una bambina mora di sei o sette anni in braccio, afferrando il bambino per una mano. «Scusate se vi ha infastidito» ci disse lanciando uno sguardo ammonitore al bimbo, che mise il broncio.
Logan mi prese la mano. «Affatto, non si preoccupi» le sorrise educatamente.
La donna salutò e se ne andò.
Dopo qualche metro, il bambino si girò e salutò Logan, che ricambiò con un sorrisone.
Andava così d'accordo coi bambini. Io li odiavo. E la cosa era sicuramente reciproca.
«Amo i bambini» esclamò dandomi un bacio sulla guancia e riprendendo a camminare.
«Beato te, io odio loro e loro odiano me» dissi con un mezzo sorriso.
Lui sbuffò. «Perché tu sei tutta perfettina!» mi prese in giro.
«Io!?» sgranai gli occhi.
«Sì, tu» alzò gli occhi al cielo, tirandomi verso di lui per schivare un tizio in bici.
«Non è vero» dissi aggrottando la fronte.
«Sì» cantilenò lui.
«No».
«Sì».
«No».
«Sì».
Stavo per ribattere, quando un lampo colorato attirò la mia attenzione. «Zucchero filato!» esclamai mettendomi a correre, trascinando Logan con me.
«Mannaggia a...» stava iniziando ad imprecare Logan, quando alzò lo sguardo ed ebbe la mia stessa reazione. «Wow» esclamò.
C'era un carretto enorme carico di zucchero filato di ogni colore: giallo, verde, blu, bianco, rosa, arcobaleno...
«È la cosa più bella che abbia mai visto» esclamai con gli occhi che mi brillavano di felicità. «Me lo prendi?» chiesi facendo gli occhioni dolci.
Logan mi guardava con la bocca spalancata. «Hai diciassette anni, Lajyla!» esclamò sgomento, ma dal luccichio nei suoi occhi sapevo che era divertito. «E poi è super imbottito di coloranti, ti fa male!»
«Ti prego!» piagnucolai saltellando sul posto.
«E va bene...» si arrese tirando fuori il portafogli.
Battei le mani e lo baciai. «Grazie».
«Qualunque cosa per te» sorrise dolcemente.
Sentii il mio cuore sciogliersi un pochino.
Dopo interminabili ore di fila sotto il sole, passate a sentire Logan lamentarsi e borbottare varie imprecazioni, finalmente avevo ottenuto il mio zucchero filato.
«Contenta?» chiese mentre ci dirigevamo verso la spiaggia.
Annuii sorridendo, mentre prendevo tra le dita un po' dello zucchero arcobaleno che avevamo comprato.
«Ne vuoi un po'?» chiesi a Logan.
«Ci tengo al mio fisico e alla mia vita» rispose lui altezzoso.
Sbuffai ed alzai gli occhi al cielo. «E poi sarei io la perfettina» borbottai.
Logan scosse la testa e, solo quando alzai lo sguardo, mi accorsi che eravamo arrivati a Venice Beach.
«Wow» mormorai lasciando cadere il bastoncino di zucchero finito.
«È bello, vero?» mi chiese Logan. Riuscivo a percepire la meraviglia nella sua voce.
«Stupendo è davvero riduttivo» mormorai contemplando l'acqua cristallina ed i riflessi del sole che creavano dei meravigliosi giochi di luce.
Logan mi strinse la mano. Voltai la testa e notai come i riflessi del sole sul suo viso rilassato lo rendessero ancora più bello. Aveva un profilo perfetto, formato dallo splendido naso dritto e dalle labbra delicate, quasi femminili per certi versi. I suoi capelli neri, sotto al cappello, sembravano dorati. I suoi occhi grigi risplendevano della luce del sole, sembrando ambrati.
Sorrisi timidamente e gli lasciai un lieve bacio sulla guancia.
«Questo per cos'era?» sorrise guardandomi.
«Perché sei bello» feci spallucce guadagnandomi un bacio sul naso.
«Mai quanto te» sussurrò Logan sulle mie labbra.
Arrossii. Ad interrompere il momento furono due bambini che correvano come scalmanati schizzando sabbia ovunque.
Io grugnii scuotendo i capelli per far cadere la sabbia, Logan, come ogni volta, rise.
«Ma cosa ridi!?» chiesi stizzita pulendo i vestiti.
«Sei buffa» mi prese in giro fra una risata e l'altra.
Incrociai le braccia e gli diedi un calcetto sullo stinco.
«Non mi sfottere».
«Non ti sto sfottendo, anzi» sorrise lui.
Ci avvicinammo alla costa, e sfiorai l'acqua con le dita, godendomi la sensazione dei piedi che sprofondavano nella sabbia.
«È qualcosa di meraviglioso» mormorai osservando il fondale sabbioso.
«Venice Beach è stupenda» concordò Logan, lanciando le scarpe sulla spiaggia asciutta.
Mossi qualche passo verso l'oceano, fino a che l'acqua non mi sfiorò l'orlo dei pantaloncini.
Logan mi seguì, ma si fermò a qualche metro di distanza, perché i suoi pantaloni non gli permettevano di andare oltre.
Risi, senza apparente motivo, forse trasportata dal momento, ed alzai il volume quando notai che Logan mi seguì a ruota.

*Logan*
Venice Beach era qualcosa di personale, e condividerlo con Lajyla era elettrizzante, come se le stessi porgendo un pezzetto di me.
Mi ero rintanato spesso lì quando avevo bisogno di allontanarmi parecchio, specialmente quando era morta Caitlyn.
Contrassi la mascella non appena mi tornò alla mente il suo volto. Avevo fatto innumerevoli passi avanti, ma sentivo sempre come se ci fosse un sottilissimo filo che mi legasse inesorabilmente a lei; a volte mi ritrovavo a pensare che se fossi andato avanti con Lajyla le avrei fatto un torto, altre volte invece, quando mi perdevo nel suo sorriso, mi convincevo che Caitlyn ne sarebbe stata felice.
Guardai Lajyla e non potei fare a meno di sorridere dell'immagine che mi ritrovai di fronte. Aveva i capelli sciolti che le incorniciavano il viso, - erano davvero lunghi, le arrivavano alla vita - le mani sporche di zucchero, e sorrideva soddisfatta.
Quando arrivammo a Venice Beach, come ogni volta rimasi estasiato di fronte a tanta bellezza. Avevo sempre amato l'orizzonte, l'idea dell'infinito, delle onde che si alzavano sull'acqua... Le onde possono essere uno dei tanti modi per descrivere la vita. Alla fine la vita è come un'onda, ti travolge, ti lascia schiacciato, ti toglie il fiato, incombe su di te; ma la sensazione che hai quando riemergi dall'acqua ne vale la pena. Ti senti ancora più vivo di prima. Io mi sentivo così con la ragazza al mio fianco. Ancora più vivo dell'attimo precedente.
Sentii le labbra di Lajyla posarsi delicatamente sulla mia guancia, e mi girai a guardarla. «Questo per cos'era?» chiesi sorridendo.
«Perché sei bello» rispose arrossendo. Amavo quello spruzzo di colore che le illuminava il viso.
«Mai quanto te» sussurrai avvicinandomi alle sue labbra.
Ed era vero. Il sole risplendeva sulla sua pelle chiara, facendola brillare, le illuminava gli occhi e le faceva brillare i capelli.
Non avevo mai visto una ragazza più bella di lei.
Dei bambini corsero lì accanto e ci schizzarono la sabbia addosso.
Non potei fare a meno di ridere nel vedere Lajyla scrollarsi i capelli furibonda.
Dopo quel piccolo imprevisto ci avvicinammo all'acqua.
Lajyla si fermò solo quando l'acqua le sfiorò i pantaloncini. Io ero rimasto un po' indietro, e mi persi a guardarla.
Vedere la felicità nel suo sorriso rese felice anche me. Mi sentivo spensierato, rilassato.
Quando scoppiò a ridere non potei fare a meno di fare lo stesso, sentendo ogni tensione uscire assieme alla mia risata.
La afferrai per la vita e la presi in braccio, avanzando ancora di qualche centimetro. Lajyla continuò a ridere e mi depositò un bacio sull'angolo della bocca.
Sorrisi furbamente ed iniziai a farle il solletico.
«Basta, ti prego!» rise divincolandosi, finché non la lasciai andare.
Avanzò velocemente a distanza di sicurezza da me, continuando a ridere.
Smettemmo dopo un po', e calò un silenzio rilassato.
«Lajyla» dissi allungandomi per afferrarle una mano.
Lei la strinse senza guardarmi. «Dimmi».
«Sei stupenda, e non solo fuori. Grazie».
Si girò e mi fece un sorriso timido. «Di cosa? Io dovrei ringraziare te» disse uscendo dall'acqua e sedendosi sulla sabbia. «Da quando sono scesa da quel dannato aereo non ho fatto altro che sentirmi inadeguata ovunque, qualsiasi cosa facessi. Non riuscivo a trovare un punto d'incontro fra il mio passato e il mio futuro, perdendomi la bellezza del presente» disse. Ed era così simile a ciò che avevo provato io gli ultimi due anni che mi mancò l'aria.
«Lajyla, tu sei stata la cosa migliore che potesse capitarmi» mormorai dandole un bacio sul collo. Indugiai sulla sua pelle per un po', finché non sentii la sua mano scorrere lungo il mio braccio e fermarsi dietro la mia nuca. «Sai perché?» continuai senza che rispondesse. «Perché mi hai insegnato a vivere il presente, ad assaporare ogni momento, a non farmi film mentali su ciò che sarebbe potuto essere se mi fossi comportato diversamente... Magari non supererò completamente il mio passato, magari ci ricadrò, magari qualcosa mi bloccherà ogni tanto, ma non sarà nulla che non riuscirò a superare se sarai al mio fianco. Mi hai insegnato a vivere e...» ad amare.
Non riuscii a dirlo. L'ultima volta lo avevo detto a Caitlyn, ma in realtà non l'avevo mai amata, o almeno non così. Avevo paura. Paura che non fossi abbastanza, paura che lei si stancasse di me...
Chiusi gli occhi. Percepii Lajyla indietreggiare e poi poggiare la fronte sulla mia. «Va bene così, Logan. Non c'è fretta».
«Lo sai che...»
«Sì, lo so» disse e mi baciò, mordendomi il labbro inferiore. «Va bene così» sussurrò.
Era tutto così perfetto. Troppo perfetto per durare.
Sentimmo dei passi in lontananza farsi sempre più vicini e veloci. La figura che si stava avvicinando si fermò dietro di noi.
Sentii tutti i muscoli irrigidirsi, temendo il peggio. Mi alzai lentamente e mi parai davanti a Lajyla.
Quella che avevo difronte però non era un rapinatore o un assassino, ma era una donna che avrà avuto una quarantina d'anni. Aveva lunghi capelli biondo scuro ed occhi azzurrissimi.
Notavo una vaga somiglianza fra lei e...
«Lajyla» disse. Nella sua voce c'era un forte accento russo.
Guardai Lajyla che si era spostata accanto a me. Il sangue era defluito dal suo volto. Stavo per chiederle se andasse tutto bene, quando ebbi la sua stessa reazione alla sua affermazione.
«Mamma».

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