Capitolo 44

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*Lajyla*
«Mamma?» fece Logan sbiancando.
«Mamma» confermai in un sussurro.
«Tesoro» disse lei in russo avvicinandosi. Logan si strinse ancora di più a me, evitandole di avvicinarsi troppo. «Devo parlarti» continuò allungando una mano dalle eleganti dita e sfiorandomi il viso.
Fremetti a quel contatto familiare, mentre sentivo gli occhi inondarsi di lacrime. Solo in quel momento mi rendevo conto di quanto mi fosse mancata.
Logan guardava dubbioso prima me, poi mia madre. Gli strinsi lievemente la mano per comunicargli che andava tutto bene. Lui si spostò accanto a me.
Lei lo scrutò un attimo.
In questi mesi che eravamo state lontane sembrava invecchiata di dieci anni. I capelli - che erano sempre stati biondi - ora erano striati da ciocche bianche, gli occhi erano più scavati e le occhiaie più evidenti. Aveva addirittura più rughe attorno alla bocca e agli occhi.
Guardava Logan come se lo stesse vivisezionando. Io non sapevo cosa fare. Mi tremavano le mani. Logan lo notò e lasciò la mia mano, passandomi il braccio attorno alla vita, noncurante di mia madre che lo stava spellando vivo con gli occhi.
Lui mi guardava fisso, sorridendomi rassicurante, ma nei suoi occhi leggevo preoccupazione e una punta di rabbia.
«Va tutto bene» disse e mi diede un bacio sulla fronte.
Io chiusi gli occhi e mi appoggiai a lui, accorgendomi che mi tremava anche il labbro inferiore, sintomo che stavo per piangere.
Mia madre spezzò il silenzio. «Chi è questo ragazzo?» chiese sempre in russo, fissandomi con sguardo ammonitore. «È il mio ragazzo» risposi con un filo di voce. «Logan».
Quest'ultimo si staccò da me e le allungò una mano. «Vorrei dire che è un piacere conoscerla, ma non è così» disse fissandola imperturbabile.
«Beh, nemmeno per me, ragazzino» gli rispose in un perfetto inglese fissandolo con disprezzo.
«Lajyla. Nikolay è libero, gli sei sempre piaciuta, torna a Mosca e riprendi la tua vita, è lui quello giusto per te» disse sempre in inglese, probabilmente perché Logan capisse.
Lo vidi contrarre la mascella e lanciarmi uno sguardo interrogativo. «Mamma, io e Nikolay ci siamo lasciati un anno fa» chiarii guardando Logan, intimandogli di non preoccuparsi.
«Ma non ti manca nemmeno un po' la Russia?» chiese lei implorandomi con lo sguardo.
Cazzo, sì. Pensai, ma mi costrinsi a restare lucida. «Certo, ma non significa che voglia tornarci, specialmente per stare con Nikolay!» esclamai.
«Ha chiesto la tua mano» disse tranquillamente. «Ed io ho approvato».
«Cosa!?» chiesi in un sussurro urlato.
Sentii il braccio di Logan contrarsi e scivolare via dalla mia vita. Lo afferrai.
«Lui è giusto per te! È di buona famiglia, un ragazzo elegante, sincero, con una buona posizione lavorativa» elogiò provando a convincermi.
«Mamma, il mio cuore appartiene già ad una persona» mormorai trattenendo Logan per il braccio e costringendolo a guardarmi. «Per sempre» sussurrai fissandolo negli occhi, mentre sentivo qualche lacrima rigarmi le guance. Lui sembrava come morto dentro. I suoi occhi erano due pozze scure.
«Ti ho prenotato un aereo per domani» disse con un'alzata di spalle afferrandomi per un braccio e trascinandomi via.
«Non voglio!» urlai puntando i piedi sulla sabbia.
«Lajyla, non farmi arrabbiare per favore» disse tranquillamente continuando a tirarmi.
Finalmente capii. Era completamente impazzita. Sembrava scappata da un manicomio.
Il dottore mi aveva detto che doveva prendere delle medicine contro una malattia cerebrale che le bruciava i neuroni, ma probabilmente lei aveva smesso di prenderle.
«Mamma, mi fai male» piagnucolai vedendo un rivolo di sangue percorrere il mio avambraccio, fino al gomito, partendo dalle sue unghie conficcate nella mia pelle.
«Logan!» urlai girandomi e sperando che si riprendesse.
Stava fissando il punto in ci mi trovavo prima con le mani in tasca. Sembrava come ipnotizzato. «Aiutami, ti prego!» urlai fra le lacrime.
Sentii la mano di mia madre appoggiarsi sulla mia testa e spingermi dentro la macchina. «Ti prego» sussurrai in lacrime.

*Logan*
Non ci potevo credere. La signora Vasilyev in carne ed ossa. Avevo sopportato ogni sua chiacchiera, ma quando aveva accennato a quel Nikolay non ci avevo più visto.
Ed aveva chiesto di sposare Lajyla. E sua madre aveva approvato. L'avrei persa sicuramente.
Non riuscivo a realizzare ciò che stava accadendo. Lui è quello giusto per te. Quella frase mi ronzava in testa, offuscando ogni cosa. Non riuscivo a percepire più nulla, come se mi avessero fatto sedere in una stanza insonorizzata.
Il mio cuore appartiene già ad una persona. La frase di Lajyla fece luce nella mia testa. La alzai di scatto e mi guardai freneticamente intorno, non trovandole.
Poi scorsi qualche metro più in là la signora Vasilyev costringere Lajyla ad entrare in macchina.
Non posso perderla. Corsi a perdifiato fino alla macchina. Scostai bruscamente quella donna folle e tirai fuori Lajyla, baciandola.
«Andiamo» disse lei dandomi un altro bacio e prendendo a correre verso il parcheggio dove avevamo lasciato la macchina.
Dato che ero più veloce la presi in braccio, sfrecciando fra le case con sua madre che ci inseguiva alla velocità della luce.
Raggiungemmo la macchina e mi fiondai dentro con Lajyla, che si sedette velocemente dal lato del passeggero e si mise la cintura. Feci lo stesso e partii slittando sull'asfalto, appena un secondo prima che la signora Vasilyev prendesse in pieno la fiancata del pick-up.
Sfrecciavamo lungo le strade, più strette e più larghe, diretti verso il nostro palazzo, con quella donna folle che ci correva dietro ad una velocità spropositata. Rischiammo anche di schiantarci più volte, dato che non sostavo ai semafori. Probabilmente a fine giornata mi sarei ritrovato una bella multa.
Il mio cervello si prese una pausa quando svoltammo nel parcheggio del palazzo, dopo aver mollato la psicopatica ad un incrocio incredibilmente trafficato, ed analizzò quella situazione assurda.
Scoppiai a ridere mentre scendevo dal pick-up, e Lajyla mi fissò come se fossi pazzo.
«Cosa c'è da ridere?» chiese esterrefatta. Sembrava nel bel mezzo di un attacco di panico.
Quel momento di follia venne spazzato via dalla preoccupazione. «Stai bene?»
Mi avvicinai rapidamente a lei e le posai le mani sulle spalle.
Scosse la testa con gli occhi colmi di lacrime e si lasciò andare contro di me.
La sollevai e le carezzai la schiena, dirigendomi verso l'entrata del palazzo. Mai come in quel momento desideravo prendere a pugni una donna. Nessuno poteva ferire la mia Lajyla, tantomeno una psicopatica che l'aveva abbandonata.
Quando aprii la porta del mio appartamento, un singhiozzo scosse la schiena di Lajyla, e sentii le sue lacrime bagnarmi la spalla. Dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non ripercorrere i miei passi ed uccidere sua madre.
Scostai le coperte e la feci stendere nel mio letto. Le tolsi la felpa che le avevo prestato a Venice Beach e mi inginocchiai carezzandole una guancia.
«Va tutto bene, okay? Io non ti lascio» dissi sentendomi a pezzi quando altre lacrime calde continuarono a rigarle le guance arrossate dal vento.
Dopo secondi che mi parvero ore parlò con voce flebile, smorzata dal pianto. «Mi dispiace».
«No» dissi fermamente alzandomi di scatto e facendomi spazio nel letto. «No, no, no, no, no» ripetei stringendola a me. «Non dirlo nemmeno per scherzo».
«Io... lei... non è più la donna che conoscevo» balbettò poggiando la guancia sul mio petto.
«Dobbiamo chiamare il signor Vasilyev» dissi fermamente carezzandole i capelli.
Lajyla scattò, e per poco non mi diede una testata. «Assolutamente no!» quasi urlò. «È un capitolo della sua vita che difficilmente è riuscito a superare, non voglio farglielo rivivere. Ha una nuova donna, una nuova vita. Voglio tenerlo lontano da tutto questo» disse in un soffio stringendo i pugni, mentre qualche lacrima ancora le scivolava lungo le guance.
Mi avvicinai lievemente e le baciai ogni goccia di tristezza che le faceva colare il trucco e la rendeva infelice.
Serrai le labbra. «D'accordo. Ce la faremo».
«Logan ho...» sentii la voce allegra di Lib mentre apriva la porta. «Oh... Ho interrotto qualcosa?» chiese imbarazzata diventando dello stesso colore dei suoi capelli. Poi notò il volto di Lajyla e il sangue defluì dal suo volto.
«Lajyla!» urlò mollando le borse che aveva in mano e correndo verso il letto, sedendosi accanto alla mia ragazza. La scrutò per un secondo, poi puntò i suoi accusatori occhi verdi nei miei. «Che le hai fatto?» articolò lentamente.
Prima che potessi dire qualsiasi cosa, Lajyla la tranquillizzò. «Per questa volta niente. Non preoccuparti Lib, va tutto bene».
«Tutto bene!? La tua faccia è...» fece una smorfia mentre le prendeva una mano.
Lajyla sospirò. «È una lunga storia» c'era un'acuta nota di tristezza nella sua voce. Il mio cuore si spezzò un altro po'. La strinsi a me e guardai Lib. «Chiama la mamma».
Lei annuì incerta e sparì in salone. Una decina di minuti dopo tornò assieme a nostra madre e ad una tazza di cioccolata. Aiutai Lajyla a sedersi con la schiena appoggiata alla testiera del letto, poi mia madre le passò la cioccolata calda con sguardo preoccupato. «Cosa c'è che non va, tesoro?» le chiese sorridendole. Nei suoi occhi era evidente l'affetto che provava per Lajyla. Ancora una volta mi domandai come fosse possibile che il semplice entrare di Lajyla nella nostra vita ci avesse ridato nostra madre. Forse, a volte, basta solo un piccolo gesto, o una persona, ad aggiustare qualcosa che sembra irreparabilmente rotto. Ancora una volta mi ritrovai a ringraziare la bionda che avevo di fronte. In quel momento mi sembrava di aver finalmente capito cosa voleva dire amare qualcuno. Avrei voluto abbracciare Lajyla e non lasciarla andare mai più, stringerla fra le mie braccia e proteggerla da chiunque avesse voluto farle del male. Forse, ammettere di amarla, era quel piccolo millimetro, quel taglio netto, che mi avrebbe liberato per sempre dalla mia ossessione per Caitlyn, forse avrebbe tagliato il filo che mi legava ancora a lei. Io sapevo di amare Lajyla, ma in quel momento fui colto da un'improvvisa necessità di dirglielo e fare l'amore con lei finché non fossimo diventati una sola persona.
Mi riscossi quando sentii la voce di Lajyla. «Mia madre è qui» disse, poi, notando lo sguardo confuso di mia mamma, aggiunse: «Lei... Insomma, io sono qui perché i miei hanno divorziato e... insomma, lei mi ha cacciata di casa e... ha una malattia, dovrebbe prendere delle pillole, ma ho il forte presentimento che abbia smesso di farlo... ed è qui, è qui e vuole che torni in Russia. Per quanto mi manchi Mosca, i suoi paesaggi, i miei amici e la mia vecchia scuola, io non voglio tornare indietro. Amo la mia vita com'è adesso».
Mentre pronunciava l'ultima frase mi guardò e mi strinse la mano, mentre un sorriso timido le illuminava il volto.
«Vedrai che andrà tutto bene, non le permetteremo di farti del male o di potarti via» sorrise rassicurante mia madre stringendole la mano che stava già carezzando Lib. Guardai mia sorella e mi accorsi che guardava Lajyla cercando di non piangere, mentre qualcosa di molto simile alla rabbia le incendiava gli occhi. Ero fiero che avesse trovato qualcuno che per lei contava tanto da scatenare una reazione del genere, ma avevo paura della rabbia nel suo sguardo. Era troppo simile alla mia.
Mentre Lajyla si rilassava soddisfacendo le varie curiosità di mia madre sulla sua vita precedente, mi accorsi di quanto poco ne sapessi io della sua amata Russia.
In quella mezz'ora di chiacchiere scoprii che viveva in una villetta tranquilla, nel cui giardino passava le giornate a leggere, che amava la sua quotidianità e le rigide temperature russe, che amava la neve e l'inverno, ma aspettava sempre con ansia l'estate, anche se faceva comunque fresco; che andava in una scuola davvero piccola in confronto alla nostra, e che quando ancora era in Russia era molto più attaccata alla danza, mente in America era passata in secondo piano, coperta dalle innumerevoli novità, a partire dal cibo per finire al sistema scolastico.
Quando Lajyla iniziò a sbadigliare, mia madre le chiese se voleva cenare o preferiva riposarsi.
«Grazie mille, Marilyn, preferisco riposarmi» disse lei alzandosi.
«Oh, tesoro, per stasera resta qui, mi sentirei più sicura, puoi dormire qui o nella stanza degli ospiti» le disse dolcemente mia madre.
«Io ci sarò ovunque ti stenderai, dunque...» dissi con un sorrisetto.
Lei rise e mi diede un bacio leggero sulla guancia, arrossendo appena. «Grazie, Logan».
«Non dirlo nemmeno per scherzo» le risposi sinceramente alzandomi. «Tu sistemati, io mi faccio una doccia veloce e torno».
Io, mia madre e Lib uscimmo lasciando un po' di respiro a Lajyla.
«Povera ragazza» mormorò mamma posando la tazza nel lavandino.
«Lajyla non se lo merita, davvero, è un tesoro» aggiunse Lib scuotendo la testa desolata. «Sono contenta che ci fossi tu con lei» mi disse sorridendomi.
Rimasi sorpreso. Lib aveva superato da un pezzo il "problema" della nostra relazione, ma non aveva mai espresso ad alta voce di apprezzare il nostro essere una coppia, o semplicemente che passassimo del tempo insieme.
Le sorrisi e mi tuffai in bagno, sotto la doccia, per sciacquare via la tensione di fine giornata.
Quando ebbi finito ed uscii la trovai a braccia incrociate appoggiata alla parete davanti alla porta del bagno.
«Quindi avete chiarito» disse prima che potessi aprire bocca.
«Già» risposi, incuriosito dal suo atteggiamento.
«Senti, non ho avuto tempo per farti questo discorso, ma Lajyla è mia amica, e non mi importa che tu sia mio fratello, ma prova a ferirla un'altra volta e non potrai mai avere figli» disse seriamente, spaventandomi.
«Non preoccuparti, Lib, andrà tutto bene. E poi, a proposito, non dovremmo anche discutere di te e Jared...» non appena accennai a loro due Lib sgranò gli occhi e divenne paonazza. «Questa conversazione è rimandata» bisbigliò fuggendo in camera sua. Risi e tornai nella mia.
Mi presi qualche secondo per osservare Lajyla sdraiata pacificamente su un fianco, poi mi infilai accanto a lei, spegnendo l'abat-jour ed abbracciandola.
Dopo qualche minuto di rilassato silenzio, disse: «Non riusciremo mai a chiarire tutto il casino che è successo fra noi questa settimana» mischiata al divertimento con cui aveva detto la frase c'era una punta di stanchezza, come se non ne potesse più di sentirsi quelle ore passate gravarle sulle spalle.
Le poggiai una mano sulla guancia. «Per me è acqua passata, piccola» le diedi un bacio sui capelli. Quando mi tirai indietro e la guardai, notai anche al buio che era rossa come un pomodoro. Ridacchiai. «Che ti prende?»
«Il nomignolo» disse lei imbarazzata.
«Non ti piace?» chiesi dispiaciuto.
Scosse la testa e si mordicchiò il labbro. «Lo adoro».
Azzerò la distanza fra di noi e mi baciò, un bacio semplice, casto. Indugiò lievemente sulle mie labbra e poi fece per tirarsi indietro, ma io le presi il mento e la incoraggiai ad approfondire il bacio.
Fra una risatina ed un bacio, mi ritrovai le braccia di Lajyla attorno al collo e la sua gamba stretta attorno al mio fianco.
«Sai una cosa?» chiesi lasciando andare le sue labbra che erano diventate gonfie e rosse. «Non me ne frega niente di chiarire ciò che è successo negli ultimi giorni, il fatto di averti qui fra le mie braccia è la conferma che sei ancora mia, e nulla è più importante in questo momento» sussurrai sulle sue labbra lasciandole un bacio sul collo.
Lajyla sospirò e sorrise. «Hai ragione» mi carezzò il labbro inferiore con il pollice. «Non c'è niente di più importante di noi due di nuovo insieme».

Ciao fiori di campo!🙊

Mi dispiace di averci messo tanto ad aggiornare, ma non ho mai trovato il momento adatto a scrivere, uff...

Comunque, nuovo capitolo! Ed è up anche il Prologo di Friends, quindi andatevelo a leggere, susu!💕

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E al prossimo capitolo!🔜

-A

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