*Logan*
Voleva la guerra? L'avrebbe avuta.
Uscii dallo spogliatoio dimenticando "casualmente" la maglietta e sfilai davanti alle cheerleader.
Lanciai uno sguardo a Lajyla e trattenni un urlo di trionfo. Aveva gli occhi sgranati e la bocca lievemente schiusa.
Le feci l'occhiolino e lei si riprese, piegando le sue splendide labbra in un sorrisetto furbo. Che aveva in mente?
Girò intorno alle sue compagne di squadra che stavano sbavando. Letteralmente. Tranne Lacy e Lib che mi guardavano con aria interrogativa.
Riportai l'attenzione su Lajyla che scomparve negli spogliatoi.
Uscì qualche minuto dopo con addosso una canottiera strettissima che metteva in risalto il suo seno e degli shorts che sarebbero dovuti essere illegali per quanto erano corti.
Mi fece l'occhiolino ed andò a prendere una palla a qualche metro da me.
Si chinò mettendo accuratamente in mostra il fondoschiena. Ora ero io quello con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati.
Mi ripresi quando sentii i commenti di quegli idioti dei miei compagni di squadra. Jared la stava guardando come poco prima Lib e Lace guardavano me, gli altri come se volessero saltarle addosso da un momento all'altro.
Sentii un brivido di rabbia corrermi lungo la schiena e mi diressi verso di lei.
«Hey» cinguettò sbattendo le ciglia.
Per un attimo rimasi incantato a fissare i suoi grandi occhi blu, poi mi riscossi e la caricai in spalla.
Lajyla rise e mi diede un pugno sulla spalla. «Sai che se ciò che volevi ottenere era che i tuoi stupidi compagni smettessero di guardarmi il didietro stai fallendo miseramente?»
Mi voltai di scatto verso di loro e li sorpresi a ridacchiare. Socchiusi gli occhi e trascinai Lajyla negli spogliatoi.
La appoggiai su un armadietto e la fissai. «Che ti è passato in mente?»
Lei si alzò di scatto, arrabbiata.
«E a te? Hai sbattuto il tuo fisico altamente apprezzabile in faccia a tutte le ragazze!»
Mi azzittii e la fissai. Merda. E ora? Lajyla mi fissava in attesa di una risposta, mentre il suo viso assumeva sempre di più un'espressione vittoriosa.
Mi grattai la nuca. «Beh...»
«Come pensavo» disse lei incrociando le braccia.
Si girò e rimise l'uniforme da cheerleader. Sospirai e mi avvicinai a lei. «Non mi piace discutere».
Lajyla si girò e mi guardò stringendo le labbra.
«Nemmeno a me» sospirò alla fine e mi passò le mani intorno al collo.
La strinsi contro il mio petto e la cullai dolcemente.
Sentimmo un urlo e ci voltammo verso la fonte di quel suono. Una ragazza con corti capelli biondi e occhi castani ci guardò entrambi sgomenta e strinse meglio l'asciugamano attorno al suo corpo esile. Che diavolo di problema aveva?
«Esci, per l'amor del cielo!»
Lajyla iniziò a ridacchiare e mi resi conto che eravamo nello spogliatoio femminile.
«Ops» dissi io imbarazzato e lasciai un bacio veloce sulle labbra di Lajyla uscendo dallo spogliatoio.
«Hey Logan» mi richiamò lei.
Mi girai.
«Hai perso di nuovo. Ah, e mettiti una maglietta» disse passandomi davanti sorridendo e uscendo dalla palestra al suono della campanella.
Merda!
***
*Lajyla*
Com'era possibile che ancora non avessi finito? Erano due ore che coloravo quello stupido disegno e non ero nemmeno a metà!
Sentii la porta della mia stanza aprirsi, ma non alzai la testa per guardare chi fosse, ero troppo concentrata.
«Lajyla» mio padre entrò e si chiuse la porta alle spalle. Ancora non alzai lo sguardo.
«Mmh?» mi limitai a dire.
«Ho una sorpresa per te».
Finalmente lo guardai e notai il suo sorriso, era come quello di un bambino che non vedeva l'ora di farti vedere la sua nuova macchinina da corsa.
«Cosa?» chiesi mentre l'entusiasmo iniziava a farsi strada dentro di me.
Balzai in piedi dalla sedia e lo raggiunsi. Mio padre continuò a sorridere e notai che teneva le mani dietro la schiena.
«Cos'è?» chiesi ansiosa saltellando sul posto.
Lui finalmente portò avanti le mani e ne dischiuse una. Sopra vi era poggiata una scatolina rosso scarlatto. La presi e la aprii.
«Oh, mio Dio» sussurrai sbalordita.
Era una collana di oro bianco con attaccato un ciondolo di diamante.
«È la cosa più bella che abbia mai visto» dissi emozionata.
«Apparteneva a tua nonna Nastja. Prima di morire mi disse che avrei dovuto donarla alla donna più importante della mia vita» sorrise dolcemente.
Io sentii le lacrime pungermi gli occhi ma le ricacciai giù e lo abbracciai.
«Grazie» dissi contro il suo petto.
«Non c'è di che. Ora: vuoi fare qualche lezione di guida?»
Lanciai uno sguardo al disegno terminato per metà e feci una smorfia. Lo avrei finito dopo cena.
«Con piacere» sorrisi.
Scendemmo al piano di sotto e mio padre afferrò un kit medico.
«Seriamente?» chiesi scocciata.
«Prevenire» replicò mio padre scuotendolo in aria. «È meglio che curare».
Scendemmo in strada ed entrammo nel parcheggio dietro al palazzo.
Mio padre mi consegnò le chiavi della macchina ed attese di fronte alla mia Audi.
«Non è meglio se usiamo la tua BMW?»
«Lajyla, io ci devo andare in giro, se me la ammacchi che figura ci faccio? E poi, tua la macchina, tua la responsabilità» rispose con un'alzata di spalle.
«Wow, grazie» replicai alzando gli occhi al cielo.
«Sali, forza» mi incoraggiò lui con un gesto della mano.
Montai in macchina e chiusi la portiera, mio padre fece lo stesso. Infilai la chiave nella toppa e la girai, mettendo in moto.
Partii lentamente cercando di capire le indicazioni che mi dava mio padre, ma con scarsi risultati.
«Non sto andando male» sorrisi vittoriosa.
«Stai andando a venti chilometri orari» mi demolì mio padre.
Sbuffai ed accelerai.
«Piano, Lajyla!» mi rimproverò lui aggrappandosi con forza alla maniglia di sicurezza.
«Ti sei ricreduto?»
«No, continuo a pensare che tu sia pericolosa».
Alzai gli occhi al cielo e girovagai ancora un po' all'interno del parcheggio mentre mio padre mi riempiva la testa con consigli e cose varie.
«Bene» disse guardando l'orologio. «Ho qualche affare da sbrigare al lavoro. Ogni tanto portala a fare un giro» batté lievemente sul cruscotto. «Tutto sommato non sei male. Ti do lezioni da quasi due mesi!» concluse.
«Lo so. Si vede che portare la macchina non fa per me» borbottai dando un lieve pugno al volante.
«Ci riescono tutti, e una volta imparato non lo so dimentica più» mi sorrise e scendemmo dall'auto.
Mio padre salì sulla sua BMW ed uscì dal parcheggio.
Io mi rigirai le chiavi fra le dita. A mio parere non sarei mai riuscita a portare la macchina. Erano due mesi che giravamo dentro quel parcheggio ed i risultati non erano granché soddisfacenti.
Sospirai e ritornai all'entrata del palazzo. Notai Logan che guardava la posta che aveva in mano.
I capelli gli ricadevano sugli occhi che correvano da una busta all'altra. Fece un mezzo sorriso scoprendo un'adorabile fossetta e poi mi notò.
Io lo salutai con la mano e lui mi rivolse un sorriso luminoso.
Venne verso di me e gli depositai un bacio all'angolo della bocca alzandomi sulle punte.
«Hey» sorrise Logan e mi diede un bacio a stampo.
«Hey. Che ne dici di andare a prendere un gelato?»
«A gennaio?» rise lui.
«Ci sono venticinque gradi!» protestai io alzando gli occhi al cielo.
«Okay, okay» alzò le braccia in segno di resa. «C'è una gelateria ottima a qualche chilometro da qui».
Iniziammo a camminare. «Andiamo a prendere l'auto» dissi con disinvoltura.
Logan si fermò di botto e mi fissò. «No».
«Cosa?» domandai senza capire.
«Non guiderò. Non dopo ciò che è successo con lei».
Tutti i pezzi andarono immediatamente al loro posto. «Logan...» cominciai poggiandogli una mano su un bicipite, ma lui mi interruppe. «No».
«Non puoi continuare così all'infinito. Ti prego, fallo per me» supplicai stringendo lievemente la presa.
«Io... Insomma...» balbettò confuso.
«Andrà tutto bene».
Lo vidi deglutire notevolmente e mi sentii terribilmente in colpa di fronte al suo sguardo perso. «Okay» sussurrò appena.
Ritornammo nel parcheggio. Ad ogni passo che facevamo verso la macchina il volto di Logan si scuriva sempre di più.
«Mio padre mi ha detto di far muovere un po' la mia» dissi, e in quel tremendo silenzio si sentì un'eco inquietante.
Logan si limitò ad annuire, sembrava un fantasma. Quando gli porsi le chiavi notai che gli tremava la mano, e ciò non faceva altro che aumentare il mio senso di colpa. Mi ripetei che lo facevo per lui e salii in macchina.
Logan si sedette lentamente ed infilò la chiave nella toppa. Tutto quel silenzio iniziava a bruciarmi i timpani. La girò lentamente e deglutì di nuovo.
Strinse il volante e mi sembrò di vedergli passare quel giorno negli occhi. Scosse la testa e la abbassò. Sembrava un cane bastonato.
«Logan» il mio sussurro sembrava un urlo.
«Non ce la faccio Lajyla, né mai ce la farò» disse lui con gli occhi lucidi e si abbandonò sul sedile, prendendo a fissare nel vuoto.
Proprio quando avevo iniziato a pensare che i mostri del passato non sarebbero più venuti a bussare alla nostra porta, ecco che si presentava l'ennesimo ostacolo da superare.
Ed eravamo da capo a dodici.
STAI LEGGENDO
Il tuo pericoloso sorriso
Storie d'amoreIN LIBRERIA! Lajyla Vasilyev è una ragazza russa. I suoi genitori sono separati ed è stata costretta ad andare a vivere con suo padre negli Stati Uniti. Strappata dalla sua casa, a Mosca, Lajyla è costretta a fare i conti con una realtà completament...