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E forse per te non ci ho perso la testa. Ci ho perso il cuore

«Quella sembra un cono gelato», se ne uscì Mirko indicando una nuvola, «mentre quella assomiglia ad un dinosauro che va in bicicletta», ne puntò un'altra. 

Risi scuotendo la testa. «Secondo me è più una paperella». 

Si voltò nella mia direzione, le spalle che si toccavano mentre la sua mano giocherellava con le mie dita. «Non puoi vedere una paperella, è chiaramente un dinosauro». 

«Posso eccome», dichiarai facendogli alzare gli occhi al cielo. 

Continuando ad osservare le nuvole grigie che iniziavano ad occupare tutto l'azzurro di quella giornata estiva, proseguimmo con il nostro gioco.

Era chiaro mancasse poco ad un temporale in piena regola, tuttavia volevo fingere non fosse così ancora per un po'.

Volevo godermi quel momento, sperando che il tempo si fermasse improvvisamente. 

Mi piaceva stare sdraiata sull'erba fresca di quel parco giochi, sentire le risate dei bambini mentre giocavano a guardie e ladri, passeggiare parlando di qualsiasi cosa potesse venirmi in mente e lasciare che mi sfidasse a pallacanestro pur sapendo che avrebbe perso. 

Il campo alle nostre spalle era stato il palco di ogni mia vittoria e sua sconfitta. Mi aveva battuto solo un paio di volte e mi ero limitata a dirgli che era stato solo culo.

Non gli avrei mai rivelato che stava cominciando ad essere fin troppo bravo a prevedere le mie mosse. Nemmeno sotto tortura. 

In quel momento un gruppo di ragazzi stava facendo una partita. Il rumore della palla che rimbalzava sull'asfalto creava un sottofondo costante.

Un moto di nostalgia mi pervase completamente. 

«Tutto okay?», domandò facendomi riportare l'attenzione su di lui. 

Annuii. «Stavo solo pensando che mi mancherà giocare sul serio». 

All'ultima partita della stagione avevo annunciato alle mie compagne e al mister che avrei lasciato la squadra. Per quanto desiderassi continuare, dovermi trasferire per l'università non mi avrebbe permesso di essere presente come avrei voluto.

Le avevo salutate con le lacrime agli occhi, assicurando ad ognuna di loro che ci saremo sentite e viste ancora. Ero già emotivamente instabile quando l'uomo dal cuore di ghiaccio che mi aveva vista crescere, mi aveva trascinato in un abbraccio. 

Ho sempre creduto in te, Aldegheri. Anche quando mi facevi girare il cazzo. Fai in modo che gli altri sappiano quanto vali. 

«Potresti sempre cercare un'altra società», mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, «o, se non vuoi, andremo a giocare ogni volta che me lo chiederai». 

Non avevo ancora deciso cosa fare, ma l'idea che Mirko mi avrebbe affiancato indipendentemente da tutto, mi strinse il cuore. Mi avvicinai fino a sfiorare le sue labbra. 

«Grazie», mormorai per poi baciarlo. 

La nostra relazione funzionava. Funzionava alla grande. 

Sebbene vi fossero state alcune discussioni, avevamo fatto appello alle nostre promesse e la comunicazione era diventata la chiave in grado di aprire ogni porta. 

Sapevo che potevo parlare di qualsiasi argomento. E sapevo altrettanto bene che mi avrebbe ascoltato in silenzio, disegnando distrattamente linee immaginarie sul mio corpo, concentrato sulle mie parole. 

Una prima goccia di pioggia mi bagnò la fronte, seguita da una seconda e una terza. Arricciai il naso infastidita e feci per alzarmi. Mirko però fu più veloce di quanto mi aspettassi. 

Baciami ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora