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La magia è trovare qualcuno con cui essere fragili senza doversi per forza difendere

Erano passati alcuni giorni da quando me ne ero andata dall'appartamento di Mirko con la necessità di liberare la mente.

Sebbene in principio credessi di riuscire a fare chiarezza grazie a quel distacco, mi stavo ricredendo. Non ero ancora arrivata a comprendere quale sarebbe stata la scelta migliore. 

Per quanto desiderassi lasciarmi alle spalle l'accaduto, qualcosa mi bloccava. 

Un qualcosa di indefinito che mi faceva contorcere. Aveva le sembianze di una paura infondata, con spesse radici che si erano ancorate al terreno e non avevano alcuna intenzione di essere sradicate.

Come ci si poteva fidare completamente di una persona quando si era terrorizzati dall'idea che, quella fiducia, potesse essere spezzata in uno schiocco di dita?

Mi sentii perennemente come su una barca. Avevo il mal di mare.

Era una sensazione orribile che non accennava ad andarsene. Mi faceva rivoltare lo stomaco. Più riflettevo sul da farsi, più ero combattuta fra l'essere triste e l'essere incazzata.

Proprio nel momento in cui avevamo trovato una certa stabilità e mi stavo convincendo sarebbe stato il caso di concludere quell'infinita sessione di mezze bugie e verità nascoste, Nicole si era intromessa. 

Non riuscivo ad accettare il modo in cui si era approfittata della situazione, così come non sopportavo la finta apparenza da brava ragazza. Non lo era affatto. 

Tuttavia ero più che conscia di quanto, quell'avvenimento, non avesse fatto altro che evidenziare punti scoperti del rapporto che io e Mirko avevamo costruito. E dipendevano solamente da noi. 

«Ehi», mi salutò Samuele, facendomi girare nella sua direzione.

«Ciao», replicai con molto meno entusiasmo mentre aspettavo il mio turno alle macchinette.

Non ero riuscita a dormire molto quelle notti e mi servivano almeno due caffè per riuscire ad arrivare a fine giornata.

Stava diventando una dipendenza. 

«Come stai?».

Mi sforzai di sorridere, sperando che un atteggiamento più solare avrebbe aiutato ad evitare domande indesiderate. «Bene, tu?».

Mi osservò in silenzio, studiando la mia espressione e concludendo il suo esame con una smorfia. «Non sembra tu stia bene», decretò. 

Realizzai quanto facessi schifo a mentire. Forse ero solo troppo convinta che nessuno avrebbe comunque notato nulla. 

Ormai era da inizio settimana che dicevo alle ragazze che il mio malessere era dovuto ad una spossatezza generale per via della scuola e degli allenamenti. Puntualmente mi chiedevano se fossi convinta, come se non credessero alle mie parole.

Dovevo smettere di mentire. Mi stava facendo male.

Avrebbero dovuto iniziare a realizzare pubblicità di controindicazioni sulle bugie, non solo sul fumo. Le reputavo molto più bastarde. Allettavano e seducevano con maestria, nascondendo la loro parte peggiore. E noi poveri ed ingenui essere umani cadevamo nella trappola in un battito di ciglia.

«Hai ragione, non sto benissimo», asserii, «ma passerà».

Ormai avevo la certezza che tutto sarebbe passato. Nulla durava in eterno. Ci voleva solo un po' di pazienza. Il tempo, a volte, sapeva alleviare il dolore.

«Che cos'è successo?».

Inserii soldi nella macchinetta, aumentai lo zucchero e selezionai un macchiato. «Non ho molta voglia di parlarne», sperai che capisse, «soprattutto qui».

Baciami ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora