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L'occasione giusta è quella che arriva sempre nel momento sbagliato

Varcare la soglia di casa Bottaccini non mi era mai sembrato così complicato. 

Ogni mio passo rimbombava nello spazio che mi separava da Aurora. L'aria era intrisa di una moltitudine infinita di frasi non dette e segreti celati troppo a lungo. Seguendola lungo il corridoio che portava alla sua stanza, il peso delle mie stesse scelte si fece più acuto e tagliente.

Nell'appartamento di mia zia mi ero lasciata cullare dal suo abbraccio. Tuttavia non bastò per richiudere le crepe che percepivo ampliarsi di secondo in secondo. 

Quella notte, sdraiata su un letto che non era il mio, con una mano sulla bocca per non fare rumore e l'altra premuta sullo stomaco, le lacrime bagnarono il cuscino senza che potessi controllarle.

Il mio respiro si fece più affannato tutto d'un tratto. Lo spazio della stanza parve restringersi. Avevo l'impressione che i muri volessero schiacciarmi. Tremavo e mi sentivo sempre più in balia di emozioni che non sapevo gestire.

Inspira. Trattieni. Espira. Trattieni. Quattro secondi ciascuno.

Immaginai la voce di Mirko scandire il tempo mentre mi concentravo su quell'esercizio. E fece persino più male della prima volta. 

Pian piano la sensazione di soffocamento andò via via scemando. Il cuore stava battendo a ritmo regolare. Era passato. Ma il vuoto aveva preso il posto del panico. 

Il sonno non arrivò mai, fu la sveglia del mio cellulare a creare un taglio netto. Mi alzai e preparai per inerzia, senza energie. 

Mi obbligai a fingere un sorriso quando salutai mia zia e mi avviai verso la stazione per tornare a Verona. Una volta arrivata, camminai fino alla macchina. Sospirai di sollievo nel scoprire di non aver preso una multa. 

Il parcheggio improvvisato che avevo trovato non era esattamente uno dei migliori. 

Il viaggio verso casa fu straziante. Bloccata nel traffico del lunedì mattina, volevo solo che i miei pensieri smettessero di essere così rumorosi. 

Intrappolata in uno spazio così piccolo, con frammenti di colpe che erano rimasti incastrati nella cassa toracica, quel dolore penetrante ebbe il potere di mozzarmi il fiato. 

Varcando l'ingresso, il mio sguardo venne catturato dal riflesso nello specchio posto in entrata.

Il mio aspetto rispecchiava il mio stato d'animo in maniera incredibilmente precisa. Le occhiaie nere risaltavano sulla pelle chiara, gli occhi gonfi facevano capire quanto avessi pianto e i miei capelli erano un vero disastro. 

Incapace di affrontare l'inizio di quella settimana, avvertii le mie compagne non sarei andata all'allenamento. Ormai avevo saltato anche scuola. Non sarebbe cambiato nulla. 

A passo strascicato, mi rifugiai nella mia stanza. Passai un numero di ore indefinite sdraiata sul letto, arrendevole e docile, guardando il soffitto.

Quando mia mamma tornò per cena, non mi ero mossa di un centimetro. Si stese al mio fianco senza dire una parola e strinse la mia mano nella sua.

Mi voltai nella sua direzione e mi liberai di tutto ciò che le avevo tenuto nascosto.

Stretta fra le sue braccia mi sembrò di tornare a quando, da piccola, mi facevo male e credevo che un bacio potesse curare ogni ferita.

Era tutto più facile allora. Non sapevo cosa significasse amare qualcuno a tal punto da sentirsi fluttuare fra le stelle. Così come non sapevo che più si arrivava in alto, più la caduta sarebbe stata rovinosa.

Baciami ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora