Trova qualcuno che sia l'angelo dei tuoi tormenti e il diavolo dei tuoi piaceri
Ero infuriata. Incendiata.
«Ma ci credi?», sbottai voltandomi verso Mirko, «mi ha minacciato di mettermi in panchina!», alzai le braccia per poi lasciarle cadere senza peso sui fianchi.
Era da più di dieci minuti che continuavo a camminare avanti e indietro per la stanza di Mirko.
Non riuscivo a stare ferma. Ogni cellula del mio corpo sembrava essere stata immersa in un contenitore di puro nervosismo.
Quella domenica pomeriggio, a distanza di una settimana dal suo racconto riguardo Olivia, eravamo soli a casa Bottaccini.
Aurora era a Venezia insieme ad Elia, e i loro genitori ne avevano approfittato per una scampagnata in montagna.
Sfruttavano spesso e volentieri quei momenti per godersi la reciproca compagnia in un luogo ben diverso dall'ordinario. D'altronde quello era uno dei vantaggi di avere due figli ormai grandi, vaccinati e che sapevano più o meno badare e sé stessi.
«Ari», mi riprese con dolcezza, «calmati».
Lo fulminai con lo sguardo. «No, non mi calmo!», continuai in modo lievemente isterico, «spiegami perchè dovrei calmarmi! Nonostante non sia stata solo colpa mia, sarò l'unica che ci rimetterà!».
Ero certa che non sarei riuscita a tranquillizzarmi così facilmente. Sentivo tutti i muscoli del mio corpo tendersi ad ogni passo.
Strinsi i pugni nella speranza di alleviare la fastidiosa sensazione di non aver voce in capitolo.
«Ari», mi richiamò per l'ennesima volta, «hai insultato uno degli arbitri. Più volte», fece pacato.
Socchiusi le labbra e boccheggiai. «Non è colpa mia se non sa fare il suo lavoro!», mi difesi.
Venerdì sera avevamo avuto una partita non collegata al campionato che aveva segnato la mia disfatta.
Non sarebbe stato necessario parteciparvi, tuttavia il coach credeva che, quelle occasioni, fossero ottime prove generali per gli scontri più importanti. Ci permettevano di metterci alla prova.
Purtroppo però iniziò male fin da subito. Proprio da quella stessa mattina.
Considerando le ore di sonno alquanto ridotte dei giorni precedenti, l'impossibile verifica di economia, l'interrogazione a sorpresa di matematica e l'arroganza di coloro che avrebbero dovuto far svolgere il gioco con correttezza, arrivai al mio limite di sopportazione.
Non mi ero mai permessa di giudicare o criticare il loro lavoro, tuttavia nessuno dei falli che avevano chiamato nei confronti delle mie compagne aveva un fondamento di verità. Perciò sbottai nel vero senso della parola e il risultato furono due ammonizioni e la richiesta di lasciare immediatamente il campo.
Per colpa loro.
Ero certa che il coach avrebbe preso provvedimenti a proposito, ma credevo mi avrebbe fatto un discorsetto non troppo clemente per farmi capire la lezione.
Invece, nel messaggio che avevo ricevuto poco prima, mi avvertiva che stavo rischiando di non giocare da titolare fino a quando non avrebbe deciso altrimenti. Bastarono quelle parole per distruggere le mie sicurezze. Oltre che farmi andare su tutte le furie.
«Non credi di aver esagerato?», tentò Mirko.
Gli avevo già raccontato per filo e per segno l'accaduto e non accennava a volersi distaccare da quella domanda.
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Baciami ancora
RomanceNell'universo esistono persone che sono ammaliate da favole romanzate, storie strappalacrime e zuccherosi nomignoli sussurrati sotto le coperte. Altre, invece, che considerano tutto ciò come qualcosa dal quale stare alla larga. Arianna non era mai s...