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Ciò che è difficile attrae, l'impossibile seduce, ciò che è estremamente complicato innamora

Mi ero sempre reputata una persona con un intuito abbastanza accettabile, e più volte avevo desiderato non avere ragione. Spesso significava dover incorrere in circostanze spiacevoli. Come quella mattina.

Nonostante durante la colazione mi fossi sentita a mio agio grazie alla vena estroversa di Diego, percepire il costante sguardo di Nicole su di me, non rappresentò una nota granché positiva. Mi sembrava di essere giudicata in ogni modo possibile. 

Fu principalmente per quel motivo che, quando tornammo nella stanza di Mirko, cercai di trovare una risposta a quel comportamento.

Avevo già individuato un paio di alternative che, purtroppo per me, avevo l'impressione sarebbero state quelle corrette. E non mi piacevano per nulla. 

«Sbaglio o Nicole avrebbe voluto afferrarmi per il collo e attaccarmi al muro?», chiesi sdraiata sul suo letto mentre lo osservavo sistemare alcuni vestiti all'interno dell'armadio. 

Scollò le spalle, concentrato nel piegare una maglietta. «Nicole non è particolarmente calorosa, soprattutto di mattina. È fatta così». 

Sembrava una di quelle risposte standard da dare in qualsiasi occasione. Non mi sarei fatta abbindolare così facilmente. 

«Però con te e Diego non si è comportata in modo freddo, tutt'altro», insistetti, «sembrava che ci fosse qualcosa che le desse fastidio in me», continuai analizzando con attenzione i suoi movimenti. 

Avevo sempre creduto che il linguaggio del corpo fosse fondamentale. Non per nulla studi specialistici dimostravano come ben il 55% del messaggio comunicativo potesse essere dedotto tramite gesti, mimica facciale e postura. 

«Non mi pare», replicò, evitando di incrociare il mio sguardo. 

«Bugiardo», lo canzonai, «l'hai notato anche tu, però per qualche ragione ti conviene negare». 

Bastò che le sue iridi incrociassero le mie perchè avessi la certezza che mi stesse nascondendo qualcosa. 

«Avanti, mi guardava come se volesse vedermi fuori da questa casa il prima possibile», esposi, mettendomi seduta, «e tu stai palesemente cercando di concludere il discorso. Quindi, cosa c'è sotto?». 

Si morse il labbro inferiore in segno di chiaro nervosismo. «Siamo andati a letto insieme», sputò il rospo, sedendosi al mio fianco. 

Come previsto, avere ragione, non mi piacque per nulla. 

Lo guardai di sottecchi, ripetendomi che dare in escandescenza non mi avrebbe portato da nessuna parte.

«Buono a sapersi», mormorai, «vivete sotto lo stesso tetto e siete andati a letto insieme una volta». 

Fece una smorfia involontaria, continuando ad osservarmi in silenzio. Aveva stampata in volto la tipica espressione di chi avrebbe dovuto aggiungere qualcosa ma non aveva la più pallida idea di come introdurre l'argomento. 

Seppi immediatamente dove sarebbe voluto andare a parare, così ripresi al suo posto. «Qualcosa mi dice che siete andati a letto insieme più di una volta», mi corressi. 

Baciami ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora