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Delle donne complicate si annoia solo l'uomo abituato a quelle facili

Prima di allora non avevo mai preso in considerazione di giocare a paintball. Non avevo nemmeno idea che vi fosse un campo nelle vicinanze, figuriamoci prenotare una sessione per fare una partita. 

Iniziai a capire perché mi avesse chiesto di indossare dei vestiti che potessero sporcarsi e delle scarpe da ginnastica. 

Mirko mi prese per mano dopo essere scesi dall'auto, dirigendosi verso una capannina in legno. «Vieni, gli altri sono proprio lì». 

«Gli altri?», domandai confusa notando alcuni ragazzi e ragazze poco distanti. 

«Degli amici», spiegò sbrigativo continuando a camminare. 

«Quando pensavi di dirmi che ci sarebbero state altre persone?».

La sua andatura era decisamente più spedita della mia e, considerando la lunghezza delle sue gambe, mi ritrovai ad essere letteralmente trascinata. 

Feci forza, tirandolo nella mia direzione. Mi rivolse uno sguardo oltre la spalla, sorridendomi per scusarsi e rallentò. Solo così riuscii ad affiancarlo.

«Ti dà fastidio che ci sia qualcun altro?». 

Scossi subito la testa. «No, però non mi aspettavo di incontrare dei tuoi amici proprio oggi». 

Mi era sempre piaciuto far parte di un gruppo e non avevo mai avuto alcuna tipologia di problema ad interagire con gli altri. Ciò che mi innervosiva era la piega che stava prendendo la nostra suddetta frequentazione. 

Per quanto banale potesse essere, conoscere parte delle sue amicizie mi sembrava un particolare da non sottovalutare. Non si trattava più di piccoli dettagli superficiali, tutt'altro. Ci stavamo immergendo l'uno nella vita dell'altra. Completamente. 

Una parte di me, quella che pian piano si stava sempre più affezionando, era entusiasta di quell'iniziativa. L'altra invece era convinta che, nonostante tutto, non vi sarebbe stato alcun futuro. Temeva che il nostro rapporto si sarebbe distrutto ancora prima di potersi evolvere. 

Si bloccò, scostandomi una ciocca di capelli dal viso. «Oggi o un altro giorno non fa differenza. Te li avrei comunque fatti conoscere», la sua voce aveva il potere di calmarmi in qualsiasi momento, «inoltre questo ci permette di formare le squadre senza dover per forza giocare con altri gruppi». 

Mi stavo preoccupando in modo insensato. Scacciai ogni pensiero negativo e ricordai a me stessa di godermi il momento. 

Non avevo bisogno di sovraccaricarmi. Avevo necessità di liberarmi di ogni peso, sfogarmi e lasciare il resto fuori.

Annuii per fargli intendere che avevo capito. «Quindi me li presenti o vuoi stare fermo qui tutto il pomeriggio?», mi passai la lingua sulle labbra provocandolo di proposito.

Ridacchiò. «Questa sì che è la mia uragano». 

La sua uragano. 

Mi ritrovai a sorridere senza rendermene conto, l'emozione che mi investì con una violenza inaspettata. Era bastata una sola parola per far reagire il mio cuore e portarlo a battere così forte da non poter essere ignorato. 

«Siamo arrivati!», annunciò Mirko a gran voce non appena fummo abbastanza vicini. 

Si scatenò immediatamente una risposta generale che mi portò ad osservare ognuno dei presenti. Contai cinque ragazzi e quattro ragazze. 

Mi passò un braccio intorno al fianco, attirandomi più vicino a sé. «Ragazzi, lei è Arianna». 

«Ciao a tutti», alzai una mano mentre cercavo di capire se potessi conoscerli o, magari, avessi una vaga idea di chi fossero. 

Baciami ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora