33° capitolo - voglio capire

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PAULO'S POV

L'avevo chiamata e richiamata, le avevo inviato un'infinità di messaggi, ma non c'era stato nulla da fare. Mai una risposta, mai nemmeno un solo "ehi", sinonimo che almeno era viva, mai una volta in cui mi aveva chiesto come stessi.

Mai.

Le avevo dedicato quel goal, sapendo perfettamente che lei era là, da qualche parte, incollata allo schermo di una qualsiasi  tv, se non per vedere me, almeno per vedere la sua squadra vincere.

La conoscevo troppo bene, e Sofia non avrebbe mai potuto fingere che una partita non esistesse.

Mi guardai allo specchio. Ultimamente lo facevo spesso, come se lui potesse darmi tutte le risposte che non avevo.

La mia vita era incredibilmente vuota da quando Sofia se ne era andata, da quando non c'era più il suo sorriso a rischiarare le mie giornate.

Perchè era lei la mia luna, il faro che avrei seguito anche nelle notti più buie.

Era inutile piangermi addosso però: era solo colpa mia se la mia vita sentimentale era andata completamente a fan culo.

Sofia era l'amore della mia vita, e me ne ero accorto troppo tardi, quando ormai lei si era stancata di aspettarmi inutilmente, stanca di vedere quella falsa di Oriana girarmi intorno, stanca di essere costretta a vivere nell'ombra.

L'avevo condannata ad una vita che non voleva, ed ora ne subivo le conseguenze. Ero stato uno stupido a pensare che avrebbe potuto aspettarmi all'infinito, senza mai chiedere nulla in cambio.

Ora però avevo deciso: addio Oriana, addio vecchia vita. Ora per me c'era solo Sofia, e tutto ciò che ne conseguiva. Mia madre prima o poi se ne sarebbe fatta una ragione, e avrebbe ricominciato a parlarmi.

E anche se così non fosse stato, era lei per prima  a dover crescere, a dover comprendere che la felicità del suo amato figlio era più difficile da raggiungere di quanto non avesse mai immaginato.

Ero convinto, però, che avrebbe capito. In fondo era mia madre, e le sarebbe bastato uno sguardo per capire che ero follemente innamorato di Sofia.

Sofia.

Quella meravigliosa ragazza che era stata in grado di farmi innamorare solo con il suo sorriso, un'arma letale che sapevo mi si sarebbe rivolta contro in ogni istante della mia vita.

Non era solo un'arma: era una droga. Avevo capito che senza l'immagine di quel volto ogni mia giornata era diversa, peggiore. Prima di dormire dovevo fissare una sua foto, per impedire che dalla mia mente sparissero i suoi meravigliosi tratti, anche per un solo, microscopico, ma letale istante.

Dovevo capire cosa le fosse successo, il perchè non rispondeva più alle mie telefonate, ai miei messaggi.

Ok, le avevo fatto del male, ma in fondo prima che partisse le avevo dichiarato amore eterno.

Non l'avevo mai fatto con nessuna, prima d'allora. Le mie due precedenti fidanzate erano belle, fisicamente perfette, ma mentalmente non avrebbero mai potuto competere con l'intelligenza, la simpatia, e il meraviglioso carattere di Sofia.

Uscii dal bagno e mi vestii in fretta. Se volevo scoprire qualcosa su di lei, c'era un solo luogo in cui sarei potuto andare: dalla sua migliore amica.

Colei che tante volte era stata citata nei nostri discorsi, ma che non avevo mai potuto conoscere di persona, era sicuramente custode silenzioso di qualsiasi segreto io stessi cercando di scoprire.

Salii in macchina e premetti il piede sull'acceleratore, diretta verso la sua casa. Ne conoscevo l'indirizzo perchè Sofia me ne aveva spesso parlato, indicandomela ogni volta che ci passavamo davanti.

Era incredibile quanto quelle due fossero legate: per certi versi potevo dire di invidiarle. Non avevo mai avuto un amico del genere, disposto ad aiutarmi in ogni istante.

Scesi dalla macchina, trassi un profondo respiro, e suonai al campanello.

Venne ad aprirmi una ragazza bassa, dal volto simpatico, e dai tipici tratti peruviani.

Era lei, la stessa ragazza che avevo tante volte visto in fotografia.

Mentre io le sorrisi salutandola, lei restò a bocca aperta.

"Hola", le dissi, parlando nella lingua madre di entrambi.

"oddio", disse lei, senza mai smettere di fissarmi sbalordita, "se stai cercando Sofia lei non..."

"sto cercando te", le dissi sorridendo. Ero abituato a reazioni del genere e, devo ammetterlo, mi divertivano.

La ragazza aprì la porta maggiormente, per permettermi di entrare, e mi seguì dentro l'appartamento. Era molto bello, e riconoscevo in ogni angolo il meraviglioso tocco architettonico di Sofia.

"Ti posso offrire un caffè?", chiese.

"se non disturbo", risposi, guardandomi intorno.

Fece ritorno qualche minuto dopo con due tazzine di caffè, fumanti. La ringraziai sentitamente, e mi accomodai su una poltrona.

"immagino tu sappia perchè sono qui", dissi.

"qualche vaga idea ce l'ho", rispose ridendo.

Notai che parlava molto bene in italiano: non aveva alcuna inflessione spagnola... a differenza mia, ovviamente, che invece avevo uno spiccatissimo accento sudamericano.

Dopo qualche istante di silenzio, le chiesi: "sai per caso dov'è andata? Sto continuano a chiamarla, a mandarle messaggi, ma non risponde mai"

"non credo di potertelo dire, purtroppo... ho giurato"

Rimasi sbigottito. Aveva addirittura fatto giurare la sua migliore amica di non dirmi nulla? Eravamo davvero giunti fino a questo punto?

"Ti prego. Ho bisogno di vederla... voglio lasciare la mia fidanzata, vivere con Sofia tutta la mia vita. La amo troppo per sopportare l'idea di averla persa"

Notai i suoi occhi scrutarmi attentamente... mi sembrava quasi di sentire il rumore dei suoi neuroni che lavoravano, ragionando sul da farsi.

"E così sei di Córdoba", disse lei, interrompendo il silenzio in un modo che non avrei mai immaginato.

Annuii. Forse era stato un errore venire lì.

"grazie del caffè, era molto buono", dissi alzandomi e dirigendomi verso la porta.

Mentre stavo per aprirla, sentii la sua voce dietro di me: "se te lo dico, prometti di non reagire male?", mi chiese.

Mi girai a guardarla. "prometto".

"E' tornata dai suoi genitori... a Conegliano"

"perchè?", chiesi, più a me stesso che a lei. Perchè mi aveva nascosto questa decisione?

"perchè aspetta una bambina"

Restai immobile, senza respiro. Per qualche istante non ero nemmeno sicuro di aver sentito giusto: forse era stato frutto della mia immaginazione, forse stavo solo sognando.

No, non stavo sognando. Mi bastò osservare lo sguardo della ragazza che avevo di fronte per capire che era tutta realtà.

"M-mia?", chiesi, esitante.

La ragazza annuì.

Per poco non svenni. A trecento chilometri da lì c'era mia figlia, o almeno ciò che sarebbe diventato tale.

A trecento chilometri da lì c'era Sofia, incinta. 

A trecento chilometri da lì c'era la mia famiglia.

"grazie", le dissi, sinceramente.

"il parto dovrebbe avvenire a breve", mi disse, "è già al nono mese".

Feci un rapido calcolo, e capii subito da dove potesse venire quella gravidanza.

Abbracciai la ragazza perplessa per questo improvviso scatto d'affetto nei confronti di una persona che avevo visto per la prima volta nella mia vita, e uscii di lì, diretto verso la mia auto, alla volta della mia nuova vita.

Il sole e la luna II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora