32° capitolo - maschio o femmina

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Continuavo a giocherellare con l'elastico che portavo al polso, attendendo di essere chiamata  per fare l'ecografia che mi avrebbe detto se in grembo portavo un maschio o una femmina.

Non sapevo nemmeno io cosa sperare... da un lato vedevo una piccola me, studiosa... magari avrebbe avuto la mia stessa passione per lo sport, per i viaggi, per la vita.

Dall'altro lato però vedevo un piccolo Paulo Dybala correre con il pallone tra i piedi giusto un attimo dopo di aver imparato a camminare.

Mi aveva accompagnato mia madre, lì in ospedale. Ogni tanto la osservavo, vedevo sul suo volto un'incredibile lotta di emozioni: da un lato la gioia di avere un nipotino tutto suo, da stringere forte tra le braccia, dall'altro la consapevolezza che la sua figlia perfetta era andata a letto con un calciatore di serie A e ci aveva fatto un figlio, ovviamente fuori dal matrimonio.

In fondo la compativo. Era rimasta allo scuro di tutto, vittima anche lei di questi eventi.

"mamma", le dissi, posando la mia mano sulla sua.

"dimmi", mi rispose, leggermente fredda.

"lo so che ti ho deluso", ammisi.

Mi guardò negli occhi. "non è che tu mi abbia deluso... è che ho sempre sperato e sognato di vederti sposata, con un normale marito, e una normale famiglia da mantenere"

"anche io l'ho sempre sognato, ma non sempre le cose arrivano quando speri"

"l'importante è che tu sia felice"

"felice è una parola grossa", risposi ridendo. In effetti non potevo certo dire di essere felice al 100%... scoppiavo di felicità all'idea di avere un bambino tutto mio, ma allo stesso tempo avrei voluto sprofondare all'idea che suo padre, l'amore della mia vita, non sarebbe stato al mio fianco per vederlo crescere.

"non hai una foto di questo... Paulo?", mi chiese mia mamma, dimostrando ovviamente di non aver mai visto una partita di calcio in vita sua e di sapere a mala pena cosa volesse dire questa parola.

Sorrisi. "cerca su Google, trovi tutto".

Detto fatto. Mia madre trovò in men che non si dica una foto di Paulo.

Mi girai dall'altra parte per non guardare in quei maledetti occhi verdi, che tanto amavo quanto mi facevano male.

"ha degli occhi molto belli", disse mia madre, affermando in modo sottinteso: "spero che anche vostro figlio li abbia"

"lo so", risposi, trovando il coraggio di osservarli, "probabilmente sono loro i colpevoli di tutto"

"devi insegnargli lo spagnolo... bisogna sfruttare il sangue argentino che scorrerà in lui", aggiunse poi mia madre sorridendomi.

Ricambiai.

Tra le immagini suggerite ne comparì una in cui Paulo si trovava in mezzo al campo di San Siro, a petto nudo. Mia madre rise: "è proprio bello, bisogna ammetterlo".

Risi a mia volta. Era tanto che non facevamo discorsi del genere, come vecchie amiche.

Forse, in fondo, non li avevamo mai fatti.

Qualche istante dopo un'infermiera venne a chiamarmi. Quando entrai nell'ufficio, mi fece stendere su un lettino e preparò tutto il necessario per l'ecografia.

Fu meraviglioso.

Sentivo il cuore della mia creatura battere insieme al mio, così leggere, dolce. La distinguevo tra le immagini offuscate dell'ecografia, la mia mente riusciva persino ad immaginarne il volto.

Percepii una lacrima scendere lungo le mie guance: era una lacrima di pura felicità. Non mi ero mai sentita così prima. 

Provavo un amore incondizionato nei confronti di quella creatura, qualcosa che mai avrei potuto comparare con altre esperienze della mia vita.

"E' una femminuccia", mi comunicò l'infermiera sorridendo.

Mi venne da piangere. Era meravigliosa l'idea che dopo quattro mesi avrei stretto tra le braccia mia figlia, una piccola me.

La immaginai: bellissima, perfetta come suo padre.

Vidi sul suo volto gli occhi verdi di Paulo, i capelli castani che caratterizzavano entrambi. La immaginai mentre mi sorrideva, stringendomi un dito con la sua manina di fata.

"il papà sarà felice", mi disse poi l'infermiera, riportandomi bruscamente alla realtà.

"il papà non lo sa", risposi fredda.

"oddio scusi, non volevo...."

"nessun problema, stia tranquilla", la consolai. Non era certo colpa sua se la mia situazione sentimentale era degna di una soap opera.


Quando uscii nuovamente in corridoio comunicando a mia madre che sarebbe diventata nonna di una meravigliosa femminuccia, sentii una notifica provenire dal mio iPhone.

Quando lessi ciò che essa conteneva, per poco non lasciai il cellulare cadere rovinosamente a terra.

Era Paulo. Mi chiedeva: "cómo estás?.... Mi manchi"

Fissai lo schermo per quella che avrebbe potuto essere anche un'eternità, prima che mia madre mi chiedesse: "tutto bene Sofy?"

"Tutto bene", mi affrettai a rispondere, riponendo il cellulare nella tasca anteriore dei miei jeans.

Pensai e ripensai a cosa fare: rispondergli, mantenendo così i rapporti tra noi, o troncare tutto lasciando che il messaggio marcisse senza risposta per l'eternità?

scelsi la seconda opzione. Non potevo correre il rischio che scoprisse tutto.


Quando tornai a casa mi chiusi in camera, ascoltando musica. Piansi tutte le lacrime che avevo in corpo, con il volto affondato nel cuscino, lasciando le mie emozioni fluire dentro di me, come un torrente in piena.

Dovevo essere felice per ciò che avevo. A volte per guardare avanti bisogna lasciar perdere in vecchi ricordi... lo dicono persino i Pinguini Tattici.

"eres hija de un padre maravilloso", sussurrai alla mia pancia.

In fondo, dovendo insegnarle lo spagnolo, perchè non iniziare subito?

Il sole e la luna II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora