20° capitolo - Nunca te dejaré

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"quindi sa tutto", dissi sconsolata, abbandonandomi stancamente sul mio divano.

"almeno non dovremo più nasconderci da lei", disse Paulo, accarezzandomi una spalla.

"e cosa vuoi che cambi? tanto non mi puoi mica baciare davanti a lei"

"non credo cambierebbe molto: l'hai sentita. Non mi lascerà mai"

"auguri", gli dissi, più che altro rivolgendo questa espressione a me, che avrei dovuto fare l'amante per tutta la vita, senza mai avere la speranza di poter cambiare le cose.

"dai che un modo perchè mi lasci lo troviamo", mi disse, baciandomi su una guancia per consolarmi.

Osservai il vuoto per qualche istante, poi sbottai: "ma perchè nella mia vita deve essere tutto così difficile? Perchè non posso avere un fidanzato? Cos'ho fatto di male?"

Sentii le lacrime scendere lentamente lungo le mie guance.

Paulo mi osservò per qualche istante, in silenzio. Lessi la compassione nei suoi occhi, ma anche la comprensione.

"So cosa voglia dire avere un obiettivo che sembra allontanarsi da te ogni volta che fai un passo avanti", mi disse, prendendomi una mano. "Io da piccolo volevo diventare calciatore. Quando lo sono diventato ho perso la persona che amavo di più al mondo. Ed ora sono qui, innamorato della ragazza che ho di fronte, ma che non potrà mai essere la mia fidanzata".

Mi protesi verso di lui e lo baciai, lasciando le nostre lingue incontrarsi.

Restammo qualche istante in silenzio, mano nella mano.

"¿te gustaría comer algo?", chiese Paulo, per sciogliere la tensione di quel momento.

"e me lo chiedi anche?", risposi ridendo. In fondo era ora di cena, e per me i pasti erano sacri.

"pizza?" domandò,  sapendo già la mia risposta.

"ovvio", dissi sorridendo.

Dieci minuti dopo le nostre pizze erano solo tavolo, e il loro profumo aveva invaso il mio appartamento.

Mangiammo, ridendo e scherzando come solo noi sapevamo fare, nonostante tutto ciò che eravamo costretti ad affrontare.

"Sbaglio o mi avevi promesso che mi avresti portato a casa tua?", mi disse Paulo, ricordando il giorno in cui, camminando lungo la strada centrale di Laguna Larga, gli avevo promesso che l'avrei portato a Conegliano non appena tornati.

"Ora Oriana è in Italia... dovremmo aspettare che se ne sia andata", obiettai, mentre avrei voluto dirgli: "ovvio che ti ci porto amore mio"

"non me ne frega niente. Io ho la mia vita, lei la sua. Passa mesi in Argentina, credo sia un mio diritto andare qualche giorno via da Roma"

Sorrisi. Era proprio questa la risposta che volevo sentire da lui. "Quando vuoi partiamo"

"domani?", chiese.

Lo guardai sorpresa, ma poi mi decisi. "ok"

"Come funziona? andiamo in macchina vero?", chiese.

"sì. Non dirò nulla ai miei genitori, quindi staremo in un hotel... dopo lo prenoto", risposi.

"non vedo l'ora", mi disse Paulo, prendendomi una mano.

Sorrisi. Neanch'io vedevo l'ora di fargli vedere il luogo in cui era cresciuta la piccola Sofia, in cui avevo tanto sognato, immaginato, lavorato per raggiungere i miei obiettivi.



La mattina dopo ero lì, appoggiata alla Lamborghini di Paulo, in attesa che il suo proprietario terminasse di caricare i bagagli, per poi partire.

Quando partimmo mi sentii incredibilmente leggera, libera da ogni peso. Sfrecciavamo lungo le strade romane, come due VIP.

Notavo le persone girarsi quando vedevano il bolide su cui ci trovavamo, probabilmente nella speranza di scorgere qualcuno di famoso all'interno.

Sorrisi, ripensando a quelle volte in cui, da adolescente, visitando Roma per le prime volte, osservavo all'interno di tutte le auto di lusso che vedevo, nella speranza di sorprendere qualche calciatore, influencer, cantante.

"¿usted es feliz?", mi chiese Paulo, sorridendo nel vedere la felicità dipinta nei miei occhi.

"come mai prima", gli risposi.

Le sei ore di auto trascorsero molto velocemente. Qualsiasi istante sarebbe trascorso in un lampo, in compagnia di Paulo.

Giungemmo quindi all'hotel che avevo prenotato: sorgeva molto vicino alla mia casa.

Da piccola lo osservavo sempre, vedendo auto sportive parcheggiate all'esterno, e sognavo di poterci dormire, un giorno, in futuro.

Ed ora eccomi lì.

Mi sembrava un sogno. L'unica cosa che in quel momento avrei voluto fare, era tornare indietro nel tempo, e dire alla piccola me: "stai tranquilla tesoro, verrai qui, in compagnia di Paulo Dybala".

Immaginai la piccola Sofia mettersi a ridere per questa scioccante notizia.

Paulo, vedendomi raggiante, mi prese le mani, e mi condusse verso di lui.

"A che pensi?", mi chiese.

"a quanto sono fortunata", gli risposi, sottovoce.

La Joya mi baciò, prima dolcemente, poi con più veemenza.

Era la sensazione più bella del mondo. Avrei voluto restare lì per sempre, fino alla fine dei miei giorni.

Pian piano sul pavimento della nostra stanza comparvero vestiti ammonticchiati disordinatamente.

Nel frattempo c'eravamo noi, stesi sul letto, felici come non mai, insieme.

Perchè era questo che ci bastava per essere felici: stare insieme.

Guardavo nei suoi occhi, verdi come smeraldi. Mai avrei creduto che la mia vita potesse cambiare così tanto.

Solo un anno prima ero una neolaureata che muoveva disperatamente le braccia per non affondare nella desolazione del mondo del lavoro, sostenuta sempre e comunque da Tommaso, colui che consideravo l'amore della mia vita, quella persona con la quale avrei trascorso ogni singolo giorno della mia esistenza e che non mi avrebbe lasciata mai.

365 giorni dopo eccomi qua, con un lavoro da favola, per la squadra che da sempre tifavo. Eccomi qua stesa su un letto in una stanza di un hotel di lusso, tra le forti braccia di Paulo Dybala.

Lo strinsi a me, temendo che anche un solo millimetro tra di noi potesse trasformarsi un una voragine.

Il sole e la luna II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora