30° capitolo - the end of an era

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Dopo un mese eccomi là, pronta per partire, per dare inizio ad un nuovo capitolo della mia vita.

Sarebbe stato molto diverso da ciò che avevo sempre voluto, però sentivo che sarebbe stato meraviglioso lo stesso, pieno di gioie ed emozioni.

Non vedevo l'ora che il bambino nascesse, e soprattutto non vedevo l'ora di scoprire se fosse maschio o femmina.

Non vedevo l'ora di stringere tra le braccia quel corpicino minuscolo che avrei accompagnato per tutta la vita, tenuto su un palmo della mano finché si fosse rivelato necessario.

Mi sembrava incredibile l'idea di non vedere Roma per qualche mese, di non girare per le sue strade sporche e affollate.

Ricordavo come fosse il giorno prima tutte quelle volte in cui, da liceale, mi ero fermata a pensare se Roma fosse veramente la città che mi avrebbe ospitata in futuro, se fosse stata la più adatta per me.

Ora, a quasi dieci anni di distanza, sapevo di aver fatto la scelta giusta.

Quelle strade trafficate di periferia che da adolescente vedevo come pericolose e impercorribili, ora erano diventate il mio pane quotidiano.

Ora tutto ciò non mi faceva più paura, perchè Roma era la mia casa.

Casa che per qualche mese avrei abbondato, per nascondere al mondo intero la mia gravidanza.


Prima di partire trassi un profondo respiro, e decisi di "andare a salutare", quel luogo che mi aveva portata ad essere in quella condizione, senza il quale io e Paulo non ci saremmo mai conosciuti, e lui avrebbe continuato a vivere felicemente senza sapere della mia esistenza.

Parcheggiai di fronte alla sede della Roma, e mi sedetti su un muretto ad osservarla.

Era enorme, e quella sì che mi faceva ancora paura.

Vedevo di fronte a me tutte le scene vissute tra quelle imponenti vetrate, quando camminavo in tacchi alti per quegli immensi corridoi, con la sensazione di essere invincibile e di avere il mondo in mano.

Eppure mai avrei immaginato che la mia sicurezza potesse essere così labile.

Mai avrei immaginato di poter scendere bruscamente da quel piedistallo che si era formato sotto ai miei piedi.

O forse sì, lo avevo immaginato, solo che non avevo mai voluto crederci veramente.

"pensé que te habías ido", disse una voce dietro di me, interrompendo il flusso incontrollato dei miei pensieri.

Mi bloccai, quasi pregando che quella voce, che avrei riconosciuto tra un milione, non fosse veramente della persona a cui sapevo appartenere.

"sto partendo", dissi, voltandomi e confermando ciò che già sapevo.

Di fronte a me c'era Paulo.

Lo guardai, mordendomi la lingua per non mettermi di nuovo a piangere.

"ho pensato tante volte di chiamarti, solo che non l'ho fatto perchè hai ragione tu. Stare con me, aspettarmi, vorrebbe dire buttare via la tua vita", disse, sedendosi accanto a me.

"non ho mai detto che sarebbe buttare via la mia vita....", tentai di spiegare, prima che Paulo mi interrompesse.

"tranquilla, ho capito perfettamente quello che vuoi dire. Non sono arrabbiato", disse dolcemente.

Lo guardai, sperando che da un momento all'altro mi dicesse: "sofy, ho lasciato Oriana. Possiamo vivere felici, insieme", come sperando di poter sussurrare al suo orecchio che ero incinta.

Nulla di tutto ciò avvenne, o sarebbe mai avvenuto: era proprio vero che io e Paulo eravamo come il sole e la luna.

Nulla avrebbe mai potuto unirci... in qualche modo qualcosa sarebbe stato sempre pronto a mettersi tra di noi, e ad impedirci di essere felici.

"ti ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta?", mi chiese Paulo, girando il coltello nella piaga.

Eccome se me lo ricordavo... come avrei potuto dimenticarlo?

"Ovvio", gli dissi.

Sentii una sua mano prendere la mia, stringerla forte, per poi lasciarla un istante dopo. Anche la nostra relazione era così: un attimo prima sembravamo indistruttibili,  un attimo dopo dovevamo fingere addirittura di non conoscerci.

"come sta Oriana?", gli chiesi, sapendo perfettamente che difficilmente avrebbe potuto stare peggio di me in quel momento.

"sarebbe bello saperlo", mi disse serio. "non la vedo da un mesetto"

"mi dispiace", gli dissi, sinceramente dispiaciuta del fatto che anche Paulo stesse soffrendo, nel profondo.

"a me dispiace solo di essermi messo con lei, anni fa".

Decisi di non rispondere: era meglio lasciarlo solo nelle sue riflessioni.

"E' ora che vada", gli dissi, alzandomi in piedi.

"aspetta", mi disse, seguendo la mia mossa.

Mi fermai, e lo guardai negli occhi.

Attesi che mi parlasse, ma l'unica cosa che fece fu prendermi una mano, e incastrare le mie dita tra le sue.

Dopo degli istanti di silenzio che mi parvero eterni, mi porse un foglio di carta, che poi riconobbi come un biglietto per la seguente partita della Roma, all'Olimpico.  "io ti amo Sofy, e ti amerò per sempre".

Questa volta non fui in grado di trattenere le lacrime. "anche io Paulo. Non sarei qui se non ti amassi, come non starei partendo. Sei l'amore della mia vita, solo che ci siamo incontrati in un momento sbagliato"

"non ti dimenticherò mai", mi disse, mentre sfilavo le mie dita dalle sue e aprivo la portiera della mia auto.

Mi voltai un'ultima volta a guardarlo. "neanche io"

Detto questo salii in macchina, senza mai girarmi per vedere il suo volto, senza mai attendere anche un solo istante.

Era giunto il momento di andarmene, di dare inizio a quella mia nuova vita che avevo cercato di allontanare il più possibile da me.

Passai attraverso Roma, vedendo di fronte a me le scene di una vita intera, da quando l'avevo visitata per la prima volta, a quando cercavo disperatamente un appartamento, a quando avevo iniziato a lavorarci, fino ad oggi, quando tutto ciò era casa mia.

Arrivai a Conegliano a notte fonda, lasciai le chiavi sul tavolo e andai a dormire.

Benvenuta nuova vita.


Il sole e la luna II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora