Cap. 11 Confidenze

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JASON

«Buongiorno signor White, lieta di rivederla».

L'autista mi rivolge un cenno cordiale mentre apre la portiera. Gli do poca confidenza e mi affretto a salire in auto, ho poco tempo e non posso perderne altro in futili convenevoli.

«Dove la porto?»

«Al Luxury, in fretta», ribatto nervoso, «accelera, non posso perderla a causa della tua lentezza», sbotto.

«Mi scusi, signore».

Con tono rassegnato e sguardo da cane bastonato, Jin fa esattamente ciò che gli ho ordinato. Massaggio le mie tempie speranzoso di alleggerire il mal di testa ma ogni sforzo è vano. Continua a pulsare incessantemente, dandomi il tormento. Cosa diamine sta accadendo al mio corpo? Non soffrivo così tanto per un mal di testa da almeno dieci anni.

«Eccoci arrivati, signor White».

«Scusami per prima, ho esagerato», ammetto, «ti chiamo quando ho finito, per ora hai la mattinata libera», continuo con tono amichevole.

Jin è felice di udire quelle mie parole. È il mio autista personale da anni ormai ed è assurdo che io abbia trattato male proprio lui. L'influenza negativa di Claire su di me inizia a farsi notare, mai e poi mai avrei osato trattare qualcuno di così vicino a me in malo modo.

Mi fermo per qualche secondo davanti all'entrata del ristorante. Abbottono la giacca e sistemo la camicia. Riordino il mio ciuffo con una mano e con passo lento mi dirigo all'interno del locale. Mi guardo intorno, provo a scovarla tra la gente ma non la vedo. Una scossa di adrenalina percorre la mia schiena; sono agitato ed eccitato all'idea di rivederla.

Tra la folla, scorgo la signorina Kelly. La sua chioma è inconfondibile. Mi avvicino a lei, sicuramente saprà dove si trova Grace.

«Ciao. Grace è qui?», chiedo con tono deciso ma calmo.

Kelly si volta verso di me, accogliendomi con uno splendido sorriso. Nonostante trasmetta molta allegria, non mi lascio condizionare da esso. Ammetto però di essere molto più rilassato rispetto al momento in cui sono arrivato.

«Salve signor White. Grace è nell'ufficio del capo», prende una pausa, «posso aiutarla io?», continua sorridendo.

Tiro un sospiro di sollievo. Sono arrivato giusto in tempo, non è ancora andata via.

«No, cercavo proprio lei», ribatto in modo cordiale, «grazie».

«Ah, va bene», dice, «se è qui per le dimissioni di Grace, sa che il signor Joe non le concederà così facilmente, vero?», continua, mentre torna a piegare i tovaglioli.

«Perché non dovrebbe? Grace vuole andare via e ha già trovato un'altra occupazione».

«Lei non conosce il signor Joe, non è un tipo così caritatevole come sembra».

Prima che Kelly possa aggiungere altro, vedo Grace correre fuori dal ristorante in lacrime. La seguo in fretta e una volta fuori, l'afferro per un braccio.

«Lasciami!», urla, dimenandosi.

«Calmati», allento la presa ma non la mollo, «prima mi spiegherai per filo e per segno cosa è successo dentro e poi potrai fare tutto quello che vuoi».

Il tempo si ferma per qualche secondo. Occhi negli occhi, con il suo braccio intrappolato nella mia presa, cerchiamo di trovare un punto di incontro. Non sopporto vedere una donna piangere. Lentamente, lascio scivolare il suo braccio fuori dalla mia mano. Le nostre dita si sfiorano, un brivido improvviso sale su per la mia schiena.

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