Cap.21 Gelosia

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GRACE

Il pranzo in compagnia di Jason è stato piacevole anche se, a tratti, imbarazzante. Ammetto di essermi lasciata andare abbastanza, forse troppo, per un pranzo di lavoro con il proprio capo. Ho alzato una sorta di barriera nei suoi confronti e spero che ciò serva a evitare un possibile riavvicinamento nel corso della serata.

In auto il silenzio regna sovrano. Guardo fuori dal finestrino evitando così qualsiasi contatto visivo con il mio "accompagnatore". I lampioni si accendono lentamente, una luce fioca accompagna i marciapiedi. Con l'avanzare della notte, una fitta nebbia aleggia nell'aria.

L'auto si ferma lentamente, accostando.

Anticipo l'autista aprendo la portiera da sola. Mi sorride imbarazzato e noto che Jason lo guarda con sguardo accigliato. Faccio lo stesso portando l'attenzione proprio su di lui. Non voglio che in mia presenza sia così pretenzioso con chi ci accompagna. Io sono una semplice dipendente della sua azienda, non la Regina. E in più, so aprire la portiera dell'auto da sola, non ho bisogno che qualcuno lo faccia per me.

«Puoi andare, grazie».

Lo liquida con tono arrogante, senza degnarlo di uno sguardo. Il ragazzo, visibilmente provato, fa come dice e si allontana.

«Non mi piace questo tuo modo di fare», borbotto infastidita.

Per la prima volta dal momento in cui siamo usciti dal ristorante, Jason mi degna di uno sguardo. Uno sguardo dei suoi, non quello da pecorella smarrita assunto poco prima per la paura. È arrabbiato e ciò emerge chiaramente dal fuoco che attraversa i suoi occhi.

«Ah no? Non mi stupisce affatto», ironizza con tono tagliente, «tu sei la regina quando si tratta di cambiare atteggiamento senza un motivo. Vuoi insegnarmi?», continua, «no, meglio di no. Non vorrei mai che finissimo per avvicinarti troppo».

«Assurdo che tu mi faccia la predica», ribatto allo stesso modo.

Jason assume un'espressione indecifrabile. Alza gli occhi al cielo e la sua mascella si contrae ulteriormente quando mima una smorfia. Porta entrambe le mani nelle tasche e con fare deciso, entra nella boutique.

Lo seguo velocemente senza pronunciarmi oltre.

Una volta dentro, rimango letteralmente stregata dai dettagli che si presentano ai miei occhi. Il personale ci accoglie elegantemente, chinando il capo e sorridendo a più riprese. Il loro abbigliamento non passa sicuramente inosservato; divise succinte e guanti bianchi per le donne, completi neri ben stirati per gli uomini. Un omone alto e grosso posto all'entrata, controlla che in boutique entrino solo i clienti già registrati.

«Io non...», mi blocco.

Rimango folgorata, letteralmente. Non credo di essere mai entrata in un negozio dalla simile portata. Solitamente, mia madre è quella che si "serve" in posti del genere. Quasi mi pento di non averla mai accompagnata a fare compere. Nel frattempo, noto che Jason si sta godendo lo spettacolo dal lato. Mi ricompongo il più velocemente possibile.

Possibile che debba cogliermi sempre immersa con la testa fra le nuvole?

«Signor White, prego»

Una ragazza ci invita a seguirla in una sorta di stanza riservata.

La seguo attentamente con lo sguardo. Jason sembra quasi che stia cedendo al fascino, o forse alla profonda scollatura, della bella commessa. Uno strano fuoco invade il mio stomaco e sale fino alla gola, obbligandomi a tossire ripetutamente per provare a schiarire la voce.

«Bevi dell'acqua, Grace», dice, porgendomi un bicchiere.

Lo guardo accigliata mentre butto giù l'acqua. Sa bene cosa sta facendo e sa anche che tutto questo non è un gioco e che finiremo entrambi per scottarci. A fine giornata lui sicuramente, dato che non smette di punzecchiarmi.

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