Cap.35 Extra

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GRACE

Arrivata in azienda mi dirigo velocemente verso l'ufficio di Jason.

«Non può entrare!»

Sento la receptionist parlarmi da dietro.

«Come scusa?», alzo un sopracciglio in segno di dissenso.

«Hai capito bene», mi incalza con tono arrogante.

Ci guardiamo per qualche secondo e prima che la discussione possa degenerare, George decide di correre in mio soccorso.

«Baby, è con me. È pur sempre la sua assistente», dice, sorridendole.

Mi afferra per un braccio e mi trascina nell'ufficio di Jason senza attendere alcuna risposta.

Una volta dentro, trovo una catastrofe ad aspettarmi.

«Cosa diavolo è successo qui?», chiedo voltandomi verso lui.

Alza le spalle e arriccia la bocca.

«Non ne ho la più pallida idea. Mi ha solo ordinato di pulire».

«Dovevo immaginarlo», cammino velocemente tra i mucchi di fogli sparsi sul pavimento, «lui ordina, noi eseguiamo», concludo, nervosa.

George mi sorride.

«Ti piace tanto, eh?», chiede con un veloce di malizia.

«Sono venuta qui per aiutarti, non per essere sottoposta a interrogatorio».

«Non hai risposto, lo prendo per un sì. D'altronde ha annunciato che state insieme, come ti senti a vivere il sogno di tutte le ragazze nel raggio di un chilometro?», continua allo stesso modo.

Lo fisso di malo modo. Questo no, non lo accetto. Ed è quello che volevo evitare a tutti i costi.

«Uno: non stiamo insieme», deglutisco per il nervosismo, «due: non sono fatti che ti riguardano».

«Ci vai a letto? Voglio dire, scopa bene?»

«George! Ma come ti viene in mente?», sbotto.

«Ok, ok. Scusa. Forse ho esagerato. A me comunque puoi dirlo», continua, senza arrendersi.

«O inizi a pulire o ti tapperò la bocca con un paio di questi», borbotto, indicando le scartoffie presenti sul pavimento.

«Ok, calma. Io inizierò da qui. Tu controlla la scrivania».

Tiro un sospiro di sollievo. L'argomento Jason White oggi è decisamente off limits. Non ho nessuna intenzione di assecondare i pettegolezzi da vicinato impazzito creatosi in azienda. Iniziamo a ordinare l'ufficio del mio capo o forse dovrei dire il mio amante. Nessuna delle due opzioni anzi, dato che mi sono licenziata.

Il ripiano leggermente scheggiato mi lascia intuire che Jason abbia perso le staffe in malo modo. I fogli riversi sul pavimento, la sedia rivolta verso il muro e la lampada piegata di lato lo confermano.

«Ha fatto tutto questo dopo che tu sei andata via»

George mi parla dal lato, distrattamente. Mi fermo per un secondo e lo guardo a fondo.

«Stai scherzando?», chiedo seriamente.

«No, quando sono entrato per lasciargli la lettera l'ufficio era già in queste condizioni», continua mentre raccoglie i fogli dal pavimento.

Il cuore mi si blocca in petto. Deglutisco e i miei occhi si umidificano leggermente. Ho così tanta tensione da smaltire che, se non fossi venuta in incognito, probabilmente mi sarei lasciata andare a un pianto liberatorio con George. È un bravo ragazzo e sono davvero felice che sia diventato il responsabile del reparto umanistico.

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