Cap.25 Cherie

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JASON

Si alza e si siede delicatamente sulle mie gambe, accorciando così la distanza tra di noi. Quel gesto improvviso provoca dentro me uno strano senso di piacere.

«Sai, stamattina ero impaurita all'idea di mettere piede in questo ufficio», dice mentre con una mano accarezza il mio collo.

«Paura? E di cosa?», chiedo incuriosito poggiando la testa sulla sua spalla.

Non è una cosa da Jason White, decisamente. Eppure mi viene così spontaneo con lei.

Grace prova ad alzarsi ma la tengo stretta sulle mie gambe. La stanza è diventata un fuoco, proprio come le sue mani ora. Posso percepire il senso di inadeguatezza che sta provando soltanto sfiorandola. Lo ha voluto lei, la sto soltanto accontentando. Sorride e non posso che fare lo stesso; mi piace il modo in cui riesce a farmi tranquillizzare, il modo in cui riesce a cancellare tutto il marcio che mi circonda.

«Paura di ciò che avresti potuto dirmi», prende una pausa di qualche secondo, «dopo ieri sera, ecco», continua imbarazzata.

Ieri sera, sì. Che splendido ricordo.

«Ieri sera è stato solo l'inizio, mio dolce Grace», le sussurro all'orecchio, «i miei piani per te e con te non sono ancora finiti», concludo allo stesso modo, sfiorandole il lobo con la lingua.

Il suo corpo si irrigidisce maggiormente, le sue gambe si intrecciano.

Cos'è Grace? Pensavi davvero che sarei rimasto al posto mio in una situazione simile? Non immagini l'effetto che mi fai.

«Non ho dimenticato la splendida visione avuta in videochiamata. Al naturale, sei ancora più bella», rincaro la dose.

Grace si volta verso di me, questa volta ha uno sguardo incredulo; sembra stia cercando conferme alle mie parole.

Sì, ieri sera era tremendamente bella. La mia mente ha viaggiato per strade sconosciute, lasciandosi influenzare da pensieri poco razionali. L'ho desiderata, tanto. Ho desiderato le sue labbra – ancora una volta – sulle mie. Avrei voluto sfiorare la sua pelle delicata, il suo collo, accarezzare i suoi capelli ribelli. Siri in un certo senso ha allietato la mia serata. Ero convinto che non fosse tanto felice del tempo trascorso insieme. Vederla invece davanti a me, seppur solo in video, ha smentito l'idea che mi ero fatto, permettendomi così di passare una notte tranquilla.

«Dovremmo sistemare tutto, tra poco arriveranno gli altri», dice, alzandosi velocemente.

Dovremmo, sì. Non prima, però, di aver servito il piatto forte della colazione.

L'afferro da una mano e la porto al mio petto, baciandola in modo intenso. Grace si rilassa tra le mie braccia e ricambia quel bacio – da me – tanto desiderato.

Sta succedendo tutto troppo velocemente. Lo sento. Ma non riesco a impedirlo. Non voglio impedirlo. Non riesco a spiegare come mi sento in questo momento e ogni volta che Grace mi sta vicino; è una sensazione nuova, strana, mai provata. Una sensazione che mi porta a pensare di volerla sempre più vicina a me. Come una calamita, mi attrae al suo corpo. Assaggiare le sue labbra è stato un errore; non riesco più a farne a meno e ne ho bisogno come un uomo ha bisogno dell'acqua in pieno deserto.

«Questa era la portata principale della colazione», sussurro con tono caldo.

Grace sembra essere sconvolta, in senso positivo, ovviamente. Mi guarda incredula e sognante, con gli occhi di una bambina felice. Dio, i suoi occhi. Sono i più belli che abbia mai visto.

Sistemiamo la stanza che è tornata, in men che non si dica, al suo stato iniziale. Forse Claire aveva ragione nel dire che il mio ufficio è un po' spoglio, lo rivoluzionerò.

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