Cap.17 Influenza positiva

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JASON

«Guarda un po' chi si rivede, il mio business men preferito!»

Mi bacia sulle guance e si avvinghia al mio braccio destro, sorridendo. Come al solito, l'accoglienza di Claire è molto particolare.

«Che fine hai fatto ieri? Pensavo venissi in mio soccorso alla riunione», bisbiglia.

Colgo il suo doppio senso. Sarei dovuto andare in suo soccorso sì, ma in circostanze diverse. O almeno, questo è quello che spera da ormai tre anni.

«Claire, pensavo fossi una donna astuta e soprattutto sveglia», me la scollo di dosso neanche fosse il peggiore dei parassiti, «non credevo che ti lasciassi imbambolare così da qualcuno», concludo con tono provocatorio.

La vedo irrigidirsi; aggrotta la fronte e incrociando le braccia al petto.

«Non preoccuparti comunque, ho risolto tutto ieri sera», continuo, noncurante del suo malumore, «ah, presto arriverà la mia nuova segretaria. Le ho riservato l'ufficio a fianco al mio. Ti pregherei di non accoglierla con il tuo solito atteggiamento da donna che marchia il territorio. Non c'è nulla da marchiare e inoltre non voglio che scappi a gambe levate come Julie. Sai anche tu che ho bisogno di qualcuno che mi alleggerisca il lavoro», dico con tono moderato mentre distrattamente controllo gli impegni previsti nel tardo pomeriggio.

Claire si ferma un attimo, costringendomi a fare lo stesso. Mi volto verso di lei e l'osservo con aria incuriosita.

«Ci sono io al tuo fianco, non hai bisogno di una segretaria», mi ammonisce.

Alza leggermente la voce, quasi come a voler dare un tono imperativo a quelle parole. Sembra essere seria, molto seria. Mi chiedo cosa si sia messa in testa. Grace è davvero in gamba e non la lascerò scappare via, per nessuna ragione.

«Sai benissimo che tu non sei la mia segretaria. E comunque, non era una domanda la mia. Volevo solo fartelo sapere», concludo con tono fermo.

Le giro le spalle e continuo a camminare. Lei mi segue a passo svelto nonostante abbia dei trampoli al posto delle scarpe.

«Non puoi mettermi all'angolo così, la decisione spetta a entrambi», brontola.

«Vuoi una segretaria anche tu? Bene, sei libera di cercartene una. Ora per favore, non annoiarmi con questo stupido discorso. Abbiamo cose più importanti da fare», dico, fulminandola con lo sguardo.

Entriamo in quella che è la sala riunioni e ci accomodiamo al tavolo. I soci e i responsabili degli altri reparti non hanno ancora raggiunto la stanza.

«Ok, posso almeno sapere quale sarebbe questa tua scelta?», chiede altezzosamente mentre guarda le unghie.

«Grace. Grace Johnson», rispondo fiero.

Sorrido spontaneamente. Il solo pensiero di Grace nella mia azienda mi mette di buon umore. Quella ragazza ha un'influenza positiva su di me. È intelligente, sveglia, ha un senso dell'umorismo spiccato e inoltre è molto dedita al lavoro. Ed è anche molto, molto bella. Ciò non è rilevante ai fini lavorativi ma è sempre un qualcosa in più, no?

«Ma chi? La cameriera che ci serviva da bere nel ristorante di cui non ricordo il nome?»

Claire alza un sopracciglio, irritata. Mi irrito allo stesso modo nell'udire quelle parole sputate con una dose eccessiva di veleno. Il suo tono dispregiativo nei confronti di Grace non mi piace proprio.

«Ha un nome, Claire. E prima che tu possa aggiungere altro, è la MIA segretaria, non la tua. Per cui ti chiedo – gentilmente – di non importunarla e di non badare alla sua presenza. Fingi pure che non ci sia, non voglio problemi. Abbiamo tanto da lavorare».

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