Cap.13 Rivelazioni

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GRACE

La cioccolata calda con il signor White è stata un toccasana per la mia mente. Erano giorni che non ero così tranquilla e spensierata. Da quando la mia auto è stata trasferita nel deposito di Los Angeles, non vivo sogni tranquilli. Detesto spostarmi con i servizi pubblici. Nulla in contrario, sia chiaro. Semplicemente ho dei ritmi di vita che richiedono una diversa organizzazione e dunque un diverso tipo di trasporto.

È un classico pomeriggio autunnale, oserei dire quasi invernale per la temperatura percepita. Kelly verrà a prendermi di qui a poco. Non sto più nella pelle! Mi sento come una bambina il giorno di Natale, peccato che i regali li pagherò da me. I miei genitori, proprio come pensavo, stanno soggiornando sull'isola di Oahu. Precisamente si trovano a Honolulu, capitale delle Hawaii. Cocktail in mano, collana di fiori al collo e via! Pronti per scattare un selfie da mandare alla loro – povera – figlia disperata in balìa di un licenziamento. Sogno da sempre di poter passare anche un solo fine settimana su quella splendida isola, tra collane di fiori e sabbia dal color oro. Ma a quanto pare, i miei sogni non diventeranno presto realtà. Non prima, almeno, di aver messo in piedi una solida azienda. O quanto meno di aver trovato un posto di lavoro decente che mi garantisca le ferie in un luogo come quello.

La mia mente viaggia, instancabile e sempre attenta a tutto. Mentre loro festeggiano felici in riva all'Oceano Pacifico, io aspetto con ansia che Kelly passi a prendermi. È in ritardo, inspiegabilmente. Non è da lei.

«Ma dove sei finita, Kelly», borbotto tra me e me mentre indosso il cappotto.

Toc toc

«Finalmente», dico, aprendo la porta, «non speravo di vederti più», continuo, accogliendola con un tenero abbraccio.

Kelly ricambia l'abbraccio con meno energia del solito; una volta sciolto, noto uno strano rossore sul suo viso. Sembra quasi imbarazzo.

«Tutto bene?», azzardo, osservandola con sguardo curioso.

Annuisce. Il suo è un atteggiamento alquanto strano ma, non do molto peso a quelli che sono i miei pensieri. Sicuramente avrà fatto tardi a lavoro. Quel verme di Joe l'avrà costretta a trattenersi qualche minuto in più.

Sì, è proprio un verme. Non vuole concedermi le dimissioni immediate; dice che in nome del preavviso, devo trovare qualcuno disposto a prendere il mio posto per poter andare via. Ah, vorrei proprio dirgliene quattro! Ad esempio vorrei rinfacciargli il fatto che lo stipendio è una vera miseria comparato alle ore di lavoro – e di stress – a cui siamo sottoposti. Vorrei dirgli che non troverà mai una persona disposta a sopportare i suoi comportamenti burberi e poco cortesi, vorrei dirgli tante cose ma... non posso. Non prima di aver trovato qualcuno disposto a prendere il mio posto.

«Andiamo?»

Esco di casa seguendola. Il tragitto che ci divide dal mio appartamento al corso principale lo percorriamo in religioso silenzio. Penso che Kelly abbia avuto davvero una pessima mattinata. Non mi spiego il suo silenzio, altrimenti.

Continuo a dare poco peso a questo particolare mentre ci dirigiamo a passo svelto sul corso principale. Non sto più nella pelle.

... 1 ora dopo ...

«Grace andiamo, sarà il ventesimo abito che provi, possibile che non ti piaccia nulla?»

Kelly sbotta nervosamente mentre si poggia alla parete vicino al camerino.

«Un attimo!», ribatto ad alta voce.

Sento solo uno sbuffo annoiato provenire dall'esterno.

Ecco la Kelly che conosco

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