Cap.45 Le hai già spezzato il cuore?

802 33 11
                                    

JASON

Mi sento come un leone in gabbia. Non riesco a decifrare il comportamento di Grace. Ieri sera sembrava tutto fantastico; ho dato tutto me stesso, letteralmente. Le è anche piaciuto, per quanto finga che non sia stata bene in mia compagnia, il suo corpo mi ha parlato diverse volte e l'ha fatto in modo inequivocabile. Se chiudo gli occhi sento ancora il suo sapore nella mia bocca: averla stuzzicata tutto il tempo con le dita ha avuto i suoi pro. Non pensavo che sarebbe stato così tra di noi anzi, non pensavo affatto che ci sarebbe stato qualcosa tra di noi. Eppure, nonostante ciò, non riesco a stargli lontano. Quella ragazza è una maledetta calamita per me. Al solo pensiero di me e lei avvinghiati nel mio letto o chissà dove, diventa duro come una pietra. E non posso permettermelo, non ora. A breve ci sarà la riunione per fissare gli ultimi dettagli per il lancio della campagna natalizia e io mi ritrovo a dover calmare la mia erezione o almeno, a provarci. Ovunque io guardi in quest'ufficio, l'immagine di Grace – nuda e dannata – tormenta la mia mente, giocandomi brutti scherzi. Questo posto è immacolato, non ho mai osato consumare un solo rapporto qui dentro. Mai. Neanche la più veloce delle scappatelle. È come se fosse una sorta di tempio inviolabile e inviolato e la cosa grave è che io lo violerei eccome... ma con Grace. Immagino i suoi lunghi capelli tra le mie mani, mentre li stringo in una coda per spingerlo in modo deciso dentro di lei; immagino i suoi orgasmi soffocati nella mia bocca, i suoi occhi al cielo e il sudore che leggero si poggia sulla sua pelle. Quella pelle che mangerei per il buon odore che emana. La immagino selvaggia e piena di sé, proprio come ieri sera mentre mi cavalcava. Inevitabilmente, mi ritrovo a passare la mano più e più volte sul pantalone, ingannando la voglia matta che ho di fare mia Grace qui, ora, sempre.

«Signor White?»

Una vocina delicata proviene da dietro la porta. Mi rimetto in sesto, sistemando il cavallo dei pantaloni e abbottonando la giacca. Spero che così facendo, non si noti la mia erezione ancora in tiro.

«Dimmi, Janette», la invito a entrare con tono fermo.

«Volevo dirle che la signorina Johnson questa mattina non verrà in azienda, dice che si sente poco bene».

Cosa?!

Schiudo leggermente le labbra, sorpreso dalla notizia. Perché non mi ha avvisato? Mi sta forse evitando? Dannazione Jason! Possibile mai che tu ti sia fatto coinvolgere fino a questo punto?

«Cosa lamentava?», chiedo a brucia pelo. Se è una bugia, Janette arrossirà e abbasserà lo sguardo. La conosco troppo bene, ormai. Lavora per me da anni.

«Ehm...»

Come volevasi dimostrare, arrossisce e subito abbassa lo sguardo sui suoi piedi.

«Va bene, vai. Chiama l'autista e digli di lasciare la mia auto all'entrata», ordino, duro.

«Ma ha una riunione tra poco», mi interrompe lei, timorosa.

La fulmino con lo sguardo; non ho bisogno di aggiungere altro. Esce frettolosamente dal mio ufficio, lasciando la porta socchiusa.

«Cazzo Grace, perché ti comporti così?», blatero ad alta voce.

«Chi si comporta come?!»

Claire irrompe nella stanza. Le sue mani si poggiano sulle mie spalle, causandomi un brivido di disprezzo. Non sopporto che lei si avvicini a me così tanto; in realtà non sopporto che lei mi si avvicini e basta.

«Non sono cazzi tuoi», sbuffo, allontanandomi.

«Oh, qualcuno si è alzato con il piede sbagliato stamattina», rincara la dose, ironica.

«Non sono in vena delle tue battute stupide, mollami», mi allontano, tornando dietro la scrivania.

Mi soffermo a guardarla per qualche secondo. È di un'eleganza inaudita; sembra essere uscita da una boutique di alta moda. E probabilmente questo è quello che ha fatto stamattina prima di recarsi qui, a giudicare dal suo completo nuovo di zecca di Chanel. Arrivare in orario non è mai stata una sua priorità eppure, contro ogni pronostico, ha tardato di solo mezz'ora. Non è da lei e questa cosa mi spaventa.

«Veditela tu stamattina con gli italiani, io ho da fare», dico mentre distrattamente controllo il telefono.

«Devi andare a recuperare la tua povera e indifesa segretaria?», sputa veleno con quella lingua tagliente che si ritrova, «lo vedo che non è nei paraggi. Le hai già spezzato il cuore?», inclina leggermente la testa, beffarda.

Sbatto una mano sulla scrivania, causando un tonfo sordo che la fa sobbalzare leggermente.

«Grace non è un argomento che ti riguarda. Non osare nominarla ancora o vedrai cosa succederà», ringhio, infastidito.

Claire sembra tutt'altro che spaventata. Oserei dire che è quasi contenta di questa mia reazione.

«Quella puttanella ti ha fatto saltare il cervello in mille parti a quanto pare. Che fine ha fatto Jason White, l'uomo di ghiaccio?»

Non posso crederci. Non l'ha detto davvero.

«Come l'hai chiamata?», alzo la voce.

«Puttanella», mi incalza divertita.

Con un gesto veloce, scosto i documenti e gli oggetti dalla scrivania, facendoli cadere a terra. Se potessi, spaccherei la scrivania ora. Mi limito a tirare su un altro pugno, rabbioso e privo di controllo.

«L'unica meritevole di un aggettivo tale in questa stanza sei tu. Ti porti a letto mezza Chicago ogni notte e vieni qui di mattina come se il mondo cadesse ai tuoi piedi. Sei una escort di primo livello ma al contrario di quelle donne che lo fanno per lavoro, tu ti fai scopare gratis. Mi fai schifo, sei una donna che mi dà il vomito», ringhio furioso.

Claire scoppia a ridere. La sua risata mi innervosisce ulteriormente. Che cazzo ha da ridere? Le ho appena detto che è una poco di buono e la cosa non la scalfisce minimamente? Al peggio non c'è mai fine.
«Scopare mezza Chicago è appagante, soprattutto quando la mezza Chicago ti garantisce ogni tipo di confort e lusso. Tu cos'hai? Quest'azienda e nient'altro. Nessuno ti amerà mai, Jason. E a meno che tu non abbia un cazzo degno della fama che ti ritrovi, nessuno vorrà mai scoparci con te. Almeno io, posso vantarmi di andare a letto con l'élite di questa città», conclude vittoriosa con un sorrisino degno di una psicopatica.

Mimo un conato di vomito mentre la guardo voltarmi le spalle per andare via.

«Alla riunione con gli italiani ci vado volentieri anche se non mi interessa. È il dopo riunione che fa la differenza».

Chiude la porta dietro di sé, lasciandomi solo nella stanza a tu per tu con il senso di fastidio e la rabbia che regnano sovrani in me, ora. Non mi interessa quello che ha da dire su di me. Mi interessa quello che ha detto nei confronti di Grace. Non le permetterò più di parlare così di lei. Costi quel che costi. Grace non merita quelle parole e non merita tanto disprezzo.

A proposito di Grace...


Fate or chance?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora