Cap.26 Indigestione

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GRACE

«È perfetta!», esclamo soddisfatta.

«Già, lo penso anche io», risponde, soffermandosi con lo sguardo su di me.

Il packaging della collezione natalizia è davvero bello. Incredibile come Jason sia riuscito a fare tutto questo in così poco. Il rosso mi ricorda tanto le decorazioni mentre il rosa con i brillantini mi ricorda lo zucchero filato.

«Credo che ameranno alla follia questa collezione, a me piace molto», ammetto sincera.

Jason mi sorride teneramente; è stanco e il suo viso è provato. Abbiamo lavorato come matti, letteralmente. Non ci siamo resi conto dello scorrere del tempo, abbiamo evitato le telefonato e ignorato le email. Persino Claire non ha interferito. Strano, decisamente. Ma tremendamente confortante.

«Vorrei tanto riposare, non ne posso più», brontola, visibilmente provato.

Mi alzo e lentamente lo raggiungo dietro la scrivania. Poggio le mie mani sulle sue spalle e inizio a massaggiarle delicatamente.

«Ehi, sta calmo. Non è da te abbandonare la nave», sussurro, mentre continuo a massaggiarlo.

Jason porta entrambe le mani sulle mie. Ne afferra una e la bacia adagio. Il tocco delle sue labbra sulla mia pelle fredda accende un fuoco che, sotto forma di brivido, sale su per la mia schiena.

«Grazie per esserci, Grace», sussurra delicatamente, «non so come avrei fatto senza di te», continua allo stesso modo.

Il mio corpo si immobilizza. Continuo a mantenere le mani ferme sulle sue spalle ma sento che le mie gambe potrebbero cedere da qui a poco.

Ho sentito bene? Mi sta ringraziando?

Il suo tono di voce caldo fa vibrare la mia anima come se fosse la corda di un violino. Il mio cuore batte decisamente in modo sconnesso e i secondi non sembrano passare mai.

«Vai pure a pranzare. Ci vediamo dopo», schiarisce la voce, tornando subito serio. Quel attimo effimero ha scatenato una miriade di emozioni e sensazioni positive.

La mia bocca asciutta fatica a emettere anche il suono più impercettibile.

«N-n-n-no», balbetto, «voglio dire, potremmo pranzare insieme».

«Non ho molta fame, preferisco finire qui. Vai pure e torna tra mezz'ora».

Il suo tono imperativo mi fa tornare in sesto. Non voglio implorare la sua presenza, tantomeno le sue attenzioni. Sgattaiolo fuori dall'ufficio in men che non si dica. Una volta fuori, trovo Claire ad aspettarmi.

«Guarda un po' chi si rivede», mi squadra dalla testa ai piedi.

Faccio lo stesso

«Che gran dispiacere», sussurro, pizzicandomi la lingua.

Claire mi guarda con aria di supremazia. Sul suo piedistallo immaginario non sono ammesse interferenze di alcun tipo, soprattutto se si tratta di Jason. E lo sto capendo giorno dopo giorno. Peccato che Jason non abbia nessuna voglia di assecondarla. L'unica a non averlo capito, a quanto pare, è proprio Claire.

«Come ti permetti? Sempliciotta che non sei altro», borbotta.

Si avvicina a me e prima che io possa allontanarmi da lei, afferra la mia borsa e la lascia cadere.

Con uno scatto, Claire apre la porta dell'ufficio di Jason ed entra in esso, lasciandomi inginocchiata sul pavimento alle prese con i miei oggetti personali.

«Grace, ma cosa ti è successo? Perché sei qui in ginocchio?»

Alzo lo sguardo e vedo George in piedi, con le braccia incrociate e lo sguardo di chi mi sta giudicando senza nasconderlo troppo.

Sbuffo. Torno con lo sguardo sui miei oggetti che per l'occasione sembrano essere tutti riposti sul pavimento.

«Quando cerco le chiavi poi, non le trovo mai», bofonchio.

È l'unico modo che ho per provare a passare inosservata.

George scoppia a ridere e quella risata genuina e contagiosa, mi spinge a fare lo stesso.

Si china verso di me e inizia a raccogliere le poche cose rimaste sul pavimento.

«Non lanciarle così», lo bacchetto, «per favore».

George alza un sopracciglio e mi guarda con aria interdetta. Fa per dire qualcosa ma veniamo entrambi interrotti dal suono dalla porta che si apre, nuovamente, alle nostre spalle.

Ci voltiamo entrambi nella direzione della stessa e... non ci posso credere. Non ci voglio credere.

Vedo Jason cingere la vita di Claire che, come una bimba al luna park, sorride divertita.

Spalanco gli occhi e lascio cadere – nuovamente – la borsa.

Jason rimane pietrificato nel vedermi inginocchiata sul pavimento con George al mio fianco.

I miei occhi ardono, letteralmente. Se potessi, lo incenerirei. E io che pensavo alle sue belle parole... al suo modo di fare così gentile e premuroso!

Cazzate! Solo un mucchio di cazzate! Sono una come tante!

Scendono i tre gradini che dividono l'ufficio dalla hall e li vedo passarmi vicino.

«Grace? Che ti è successo?», chiede con tono preoccupato abbassandosi.

«Non sono fatti che ti riguardano», tuono infastidita.

Non ho nessuna voglia di intrattenermi con lui. Velocemente afferro la borsa e raggiungo l'uscita. Ancora una volta, Claire trattiene Jason. Per la prima volta da quando lavoro in questa azienda, provo quasi simpatia per questa donna.

Se Jason mi si avvicinasse ora, lo prenderei a male parole.

Come ha potuto? Dopo tutto quello che abbiamo vissuto in questi giorni, dopo le belle parole, le emozioni condivise.

Illusa, sono una povera illusa!

Una volta fuori dall'azienda, chiudo gli occhi e lascio che l'aria pulita entri nei miei polmoni.

Le goccioline scendono indisturbate sul mio viso. La sensazione di tranquillità provata in questo momento è inspiegabile; l'acqua è il mio elemento e la pioggia sta riaccendendo lo spirito positivo che è in me.

Mi sento pura, libera. Come se il resto del mondo non esistesse. Mi sento al sicuro.

Riapro gli occhi e sospiro. È meglio che mi metta al riparo e cerchi un ristorante dove poter pranzare in tranquillità. Il mio stomaco è chiuso ma mi sono ripromessa di non saltare nessun pasto.

Un groviglio di emozioni è attorcigliato a esso, una strana nausea mi dà il tormento. Sono così arrabbiata e delusa.

Perché Jason? Perché proprio ora?

Affretto il passo, le poche goccioline si sono trasformate in un acquazzone.

Trovo riparo in un ristorante a un isolato dall'azienda. Fortuna ha voluto che non ci fosse fila all'entrata.

«Signora?»

«Johnson. Grace Johnson».

«Prego, mi segua».

Dopo aver appuntato il mio nome su un tablet, il cameriere indica il tavolo che mi ha appena assegnato. Questo è uno dei pochi ristoranti che non necessita prenotazione. Per fortuna, direi. Dove sarei andata altrimenti?

Guardo il menù mentre il cameriere mi serve dell'acqua. Con la coda dell'occhio, riconosco il tacco inconfondibile di Claire.

Di scatto porto il menù sul tavolo e poggio i gomiti su esso.

«Non ci posso credere», dico a bassa voce.

Claire fa il suo ingresso trionfante avvinghiata al braccio di un uomo che, stranamente, non è Jason.

Eppure ero convinta di averli visti uscire insieme.

Afferro nuovamente il menù e fingo di nascondermi tra le sue pagine.

Vediamo cosa stai tramando, Claire.

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