Cap.34 Dolce e amaro

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JASON

«Signor White? Tutto bene?»

George avanza nella stanza in punta di piedi. Mi osserva indifeso, spaventato.

«Che c'è?», rispondo brusco.

Lo vedo avvicinarsi. Estrae una busta bianca dalla sua giacca e la ripone sulla mia scrivania.

«Questa è per lei. È da parte di Grace. Ehm, volevo dire, la signorina Johnson».

Sospiro. Il mio cuore sembra esplodermi in petto per l'agitazione; sento la pressione di quella lettera fin dentro lo stomaco, è come se una mano lo stesse strizzando forte.

«Con permesso, signor White».

George si allontana velocemente, lasciandomi a tu per tu con il peso delle mie responsabilità. O forse dovrei dire irresponsabilità. Ciò che è successo è solo a causa mia. Come ho potuto cedere alle pressioni di Claire? Non avevo nulla da temere. Ho solo ottenuto l'effetto contrario. Non ho la più pallida idea di dove possa essere Grace, non ho la più pallida idea di cosa possa contenere questa busta.

Seduto dietro alla mia scrivania, continuo a fissare quella busta bianca. Sento il respiro mancarmi e l'aria farsi sempre più calda.

«Al diavolo!»

La scuoto ma non emette rumore.

Nessun oggetto all'interno, bene.

Sul retro riporta la dicitura Mr.White. La calligrafia è quella di Grace. Passo un dito su quella scritta, al tatto ruvida ma allo stesso tempo delicata. Ha calcato mr quasi come a voler lasciarmi intendere che per lei altro non sono se non questo: il suo capo. Anche se sono stato decisamente poco signore con lei. Sono stato uno stronzo, irresponsabile e immaturo. Se Grace non dovesse tornare da me, non me lo perdonerò mai. Non perdonerò mai Claire per avermi fatto uno scherzo simile.

L'ansia è a livelli inquantificabili, le mie mani sono sudate tanto quanto le mie ascelle. Una macchina di alone si forma sotto le mie braccia. Sbottono l'ennesimo bottone, portandomi in avanti sulla sedia e poggiando i gomiti sulla scrivania.

Lentamente, apro la busta. All'interno trovo un cartoncino piegato in due parti, lo sfilo e lo ripongo sul freddo ripiano. La scuoto, accertandomi così che non ci sia altro all'interno.

«A noi due», dico ad alta voce rivolgendomi al cartoncino.

Lo apro lentamente e prima che io possa concentrarmi su di esso, bussano alla porta.

«Che c'è!», urlo spazientito.

«Signor White, mi scusi».

La receptionist mi fissa con aria impaurita mentre aspetta, sulla soglia, che la lasci entrare.

«Che ci fai ancora lì? Entra», borbotto.

Timidamente, a piccoli passi e con la testa bassa, fa ciò che dico.

«Signor White, la signora Claire ha lasciato l'azienda e i soci con cui aveva la riunione reclamano la sua presenza»,

Alzo un sopracciglio.

Ci mancava solo Claire.

«Bene, di loro di aspettarmi in sala riunioni. Prenderò io il posto della signora Stuart».

China il capo verso il basso e fugacemente esce fuori dall'ufficio.

Sbuffo. Proprio non ci voleva. D'altronde, è la mia azienda, chi altro potrebbe prendere il mio posto?

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