Cap.48 Guai

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JASON

Credo che non riuscirò mai ad abituarmi completamente a Grace, al suo sapore, all'odore della sua pelle. Questa donna mi sta letteralmente mangiando il cervello. Nella sua semplicità, è pazzesca. Ho ancora la bocca piena del suo sapore, riesco a sentire ancora la sua voce flebile nella mia mente che mi implora di farla venire e percepisco in modo quasi reale le urla mentre chiama il mio nome in preda al piacere. Mi piace che lei abbia proprio il mio nome in bocca, mi appaga in un modo che non credevo di desiderare fino a qualche ora fa. La osservo mentre dorme, con il lenzuolo e la coperta tirate quasi fin sopra la testa e la borsa d'acqua calda posta al lato del cuscino, ormai fredda. La febbre la sta tormentando ma, nonostante ciò, è molto più rilassata di prima. Le sfioro il viso delicatamente, cercando di imprimere nella mia mente i suoi tratti delicati, così da non dimenticarli una volta andato via. Vorrei tanto potermi trattenere ma ho delle questioni in sospeso in azienda. Non è facile dedicarsi alla vita privata quando hai il mondo intero sulle spalle. O quasi. Adoro il mio lavoro ma non sopporto la maggior parte della gente con cui ho a che fare. Possibile mai che nessuno riesca a sottostare a degli ordini senza dover necessariamente dire la propria a riguardo? Cazzo, sono io il capo. Sono io che comando, io che decido come e quando fare le cose, IO e nessun altro. A parte Grace, forse. Se qualcosa non le andasse bene, sono certo che riuscirei a cambiarla se fosse lei a chiedermelo. Un po' come quando mi ha detto che avrebbe fatto d'assistente a Claire e io, senza pensarci due volte, ho appioppato la prima ragazza disponibile al posto suo al fianco dell'arpia. Non voglio assolutamente che Grace condivida più del dovuto con quella donna malefica. La sua aura negativa immobilizza il mio respiro – e io non la temo – figuriamoci cosa potrebbe fare con una donna come Grace che è praticamente un bocconcino invitante per una pazza psicopatica come lei. Mi chiedo come mai io non riesca a fare a meno del suo aiuto; a livello lavorativo, la stronza è molto più utile di quanto pensassi. E la detesto per ciò. Non posso negare che eserciti un certo fascino sui soci, soprattutto su quelli provenienti da oltre oceano. Non so se sia dovuto al fatto che probabilmente molti di loro vorrebbero portarsela a letto – ammesso che non l'abbiano già fatto – o perché è davvero in gamba in quello che fa. Non voglio saperlo. Vorrei solo sbarazzarmene senza dovermi imbattere in conseguenze negative, tutto qua. Mi prudono le mani per via dei pensieri troppo invadenti e mi rendo conto di aver suscitato in Grace un senso di disturbo, data la sua espressione leggermente risentita. Forse ho premuto più del dovuto, attirando la sua attenzione. Ritraggo la mano e mi soffermo ancora un po' a guardarla: il Paradiso. Il fottuto Paradiso. Quelle labbra invitanti, schiuse il giusto per farmi immaginare mondi paralleli a questo; il rossore leggero sulle sue guance e quelle piccole lentiggini appena visibili su quel naso perfetto. Dio, non potrei chiedere vista migliore nella mia vita. Mi alzo lentamente, scostandomi dal letto e mantenendo il contatto visivo. Prima di andare via, decido di lasciarle un biglietto sul comodino. Non voglio che pensi che sono scappato.

Jason White che scrive un biglietto dopo aver passato la mattinata con una donna? Assurdo, impensabile.

«Spegniti, maledetta», bisbiglio alterato tra me e me, quasi come se potessi ammonire realmente la vocina presente all'interno della mia mente.

Poggio il biglietto sotto la sveglia e mi allontano silenziosamente. Prima di lasciare l'appartamento però, noto una piccola lucina provenire dal laptop di Grace. Lo so, non dovrei farlo, ma il mio sesto senso mi dice che c'è qualcosa che non va. I piedi si muovono automaticamente in direzione del laptop e prima che io possa pensare troppo a ciò che sto facendo, sistemo lo schermo e osservo le notifiche presenti in fondo a destra sul desktop, tutte proveniente dalla casella di posta di Grace. Dieci email, per l'esattezza. E sono certo che nessuna di queste ha come mittente la mia azienda. Niente che riguardi il lavoro, dunque. Non dovrei curiosare tra le sue cose, questa è una vera e propria violazione della privacy e sono certo che Grace potrebbe denunciarmi proprio per questo ma non me ne frega: voglio capire perché il mio sesto senso mi sta spingendo a fare questo, ora. Anche se tutto ciò va contro i miei ideali e non è assolutamente nella mia natura, sia chiaro. Non sono quel tipo di uomo e anzi, li detesto. Scorro il dito sul mousepad fino a raggiungere la casella di posta in arrivo. Rabbrividisco alla vista del mittente.

«Bastardo figlio di puttana», il mio lamento è quasi impercettibile ma sento che esploderò a breve.

Ryan Mckenzie: Non hai risposto al mio messaggio, mi sono offeso, onestamente. Perché mi eviti, dolce Grace? Il mostro non ti ha ancora lasciata in pace? Rispondimi almeno qui, non farmi arrabbiare.

Respiro a fondo, mantenendo lo sguardo fisso sullo schermo. Percepisco una vibrazione all'interno dei pantaloni ma non ho voglia di rispondere al telefono, ora. Ho solo voglia di distruggere questo piccolo pezzo di merda. Sapevo che avrebbe portato solo problemi. Le ultime righe mi sembrano più una minaccia, una sorta di avvertimento. Lo stomaco mi si contorce maggiormente al solo pensiero che lui possa minacciare Grace.

Ryan Mckenzie: Ho pensato varie volte al fatto che tu fossi perfetta per me e completamente fuori luogo per lui. La dottoressa in ospedale non aveva torto. Devo assolutamente vederti e faresti bene a rispondere a quel cazzo di telefono. La mia pazienza ha un limite e non me ne fotte se tu continuerai ad evitarmi, troverò il modo per avvicinarmi a te.

La dottoressa in ospedale? Cosa diavolo sta blaterando? Cosa mi ha tenuto nascosto Grace? Le email di Ryan sembrano più che altro uno sfogo, quest'uomo è completamente frustato e fuori di testa. Ora capisco perché è amico di Claire.

Sento un leggero brusio provenire dalla camera di Grace, forse si sta svegliando. Non voglio che mi trovi con il suo pc tra le mani. Lo sistemo proprio come l'avevo trovato e mi precipito fuori dall'appartamento, curandomi di non fare troppo rumore.

«Voglio che trovi tutto sulla vita di Ryan Mckenzie. Voglio sapere dove è nato, cosa ha fatto nella sua inutile vita e come mai si ritrova tra i miei piedi», ringhio al telefono in preda alla rabbia, «devo avere tutto. Ogni fottutissima cosa, non tollero sbagli o dimenticanze», concludo, prima di riattaccare.

Se è la guerra che vuoi Ryan, guerra sia.


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