«Claire è tardissimo. Vorrei trattenermi ancora un po' ma proprio non posso», dico mentre sistemo la giacca, alzandomi.
«Non sei mai stato bravo con le bugie, Jason. Farò finta di crederti».
Claire sorride educatamente ma un velo di delusione abbraccia le sue parole. Il mio comportamento non le è piaciuto ma, d'altronde, non poteva essere diversamente. La considero un'amica ed è forse proprio a causa di ciò che non riesco a essere come vorrebbe. Io proprio non riesco a immaginare un futuro fatto di lavoro condiviso, casa condivisa, figli e quant'altro. Non con lei, almeno. Non è il momento per pensarci, ciò che adesso attira la mia attenzione è l'assenza di Grace dalla sala.
«Signor White spero che il pranzo sia stato di suo gradimento».
Un signore si avvicina e mi porge la mano. Sorride e dal modo di fare presumo sia il proprietario.
«Sì, era tutto ottimo. Lei è il signor...?»
«Può chiamarmi Joe. La seguo da anni e ci tengo a congratularmi con lei per quello che ha fatto e sta facendo per la città di Chicago», risponde entusiasta.
Ci risiamo, eccone un altro che crede di conoscermi solo perché testimone in modo passivo delle mie gesta.
«La ringrazio, Joe. Il mondo degli affari è molto impegnativo, lei lo sa bene. Complimenti per questo piccolo paradiso terrestre», rispondo, mantenendo un tono pacato.
«Spero di riuscire a cavalcare l'onda come fa lei. Ha bisogno di qualcosa?»
«Sì. Il conto, grazie».
Il signor Joe mi guarda con aria interdetta. La sua espressione cambia in pochi secondi, lasciando posto a un sorriso contagioso.
«Oggi offre la casa, torni a trovarci».
Mi dà una pacca amichevole sulla spalla e si incammina verso la cucina, lasciandomi con Claire che non perde occasione per avvinghiarsi, letteralmente, a me. Prima di andare via, decido di fare qualcosa di inusuale e poco calcolato.
«Torno subito, Claire», dico, sfilandole delicatamente la mano dal braccio e incamminandomi verso il bar.
La biondina che stava insieme a Grace qualche ora prima è rimasta nello stesso punto in cui l'avevo lasciata; sembra quasi che stia compiendo un gesto meccanico e ripetuto. Mi auguro che non sia un robot programmato.
Attiro la sua attenzione e vedo i suoi enormi occhi verdi dilatarsi alla vista del biglietto da visita che reggo tra due dita. Forse è convinta che sia per lei ma purtroppo oggi non è il suo giorno fortunato.
«Mi scusi, signorina. Devo chiederle un favore», dico con tono il più rassicurante possibile.
La ragazza si guarda intorno poi con un dito indica sé stessa.
«Sta parlando con me?»
No, con la sua copia. Ma che razza di domanda stupida è mai questa?
Cerco di placare il mio nervosismo; respiro a fondo e rispondo nel modo più pacato e tranquillo che io conosca.
«Sì, sto parlando con lei. Potrebbe darlo alla sua amica?», chiedo allungando il biglietto nella sua direzione. «Le dica di chiamarmi prima di passare in ufficio, non vorrei essere impegnato al momento del suo arrivo», aggiungo.
La signorina annuisce, rimando a bocca aperta. Credo di esercitare un certo fascino su di lei; non posso dire lo stesso per quanto riguarda la sua amica.
«Certo, lo farò», risponde timidamente.
Le sorrido prima di voltarle le spalle e torno da Claire che, annoiata, aspetta seduta in un angolo con le braccia conserte.
«Andiamo?», dico porgendole il braccio.
«Ce ne hai messo di tempo», sbuffa, alzandosi. «Andiamo»
GRACE
La pausa pranzo sembra essere interminabile. Ho accettato questo lavoro perché ho bisogno di soldi ma a ben vedere non riesco proprio a integrarmi in questa strana società fatta di sfarzo e lusso. Non so perché ma preferirei essere dalla parte di chi si rilassa attorno al tavolo, magari davanti ad un bicchiere di buon vino. Ma la realtà, ahimè, è un'altra.
Per non parlare della divisa, poi; posso tranquillamente definirla una trappola. Un tailleur nero, una coda alta ben fissata e delle scarpe che sono come chiodi ai piedi. Non so cosa ci trovi di così divertente Kelly, a lei proprio non pesa nulla di tutto ciò. Da una parte, la invidio. Vorrei avere un quarto della sua spensieratezza. Se solo penso a tutto il lavoro che dovrò fare per pagare la macchina... non basteranno due mesi. Ma cosa dico? Non basterà un anno, calcolando le spese per la riparazione e gli interessi per averla lasciata marcire in un deposito. Ah, quanto vorrei essere al posto del signor White! Gli basta schioccare le dita per avere tutto ciò che desidera ai suoi piedi. Sempre pacato, nei suoi abiti ben stirati e rigorosamente neri, mi chiedo se quel colore non rispecchi anche la sua anima. Un uomo cupo, oserei dire quasi burbero. Uno che sa il fatto suo. E io cosa so di lui? A quanto pare, niente.
Cammino avanti e indietro per la sala, dal lato opposto in cui è collocato il tavolo del signor White. Ho fatto un patto con Kelly: lei avrebbe servito per tutta la durata del pranzo il signor White e io avrei servito i ricconi insopportabili del Luxury Hotel. Uomini e donne sfondati di soldi che non fanno altro che parlare, parlare e parlare.
Il mio capo mi ha lanciato un'occhiataccia. Spero di non essermi guadagnata il licenziamento in qualche modo.
«Basta, non ne posso più!», urlo sbattendo il vassoio sul bancone.
Kelly sorride divertita mentre continua a sistemare i bicchieri. Solitamente, dopo aver terminato o quasi terminato il servizio, è questo quello che fa.
«Cosa succede, principessa?»
«Sono stufa! Stufa di fingere simpatia per la gente che frequenta questo posto», borbotto, alterata.
Il mio tono di voce è più alto del solito, Kelly mi riprende tappandomi la bocca con una mano.
«Bada a come parli o verrai licenziata in men che non si dica», mi ammonisce con tono duro.
Respiro a fondo e mi calmo. Ha ragione. Questa è l'ultima cosa di cui ho bisogno.
«Allora, come è andata?», chiedo mentre la raggiungo dietro il bancone.
«Un pranzo tranquillo», continua ad asciugare energicamente un bicchiere, «Ehy, guarda chi sta arrivando!», aggiunge, felice.
Lo vedo camminare verso di noi, nuovamente. Rimango paralizzata per qualche secondo e dopo averci riflettuto, decido di nascondermi sotto al bancone. Non voglio affrontarlo nuovamente.
«Ma cosa stai facendo, Grace?»
Kelly mi guarda scioccata e inizia a dimenarsi, tentando di tirarmi su.
«Sssh, fingi. Fai finta che io non sia qui», bisbiglio.
Sgrana gli occhi per qualche secondo prima di puntarli nuovamente sul signor White, fingendo tranquillità.
Origlio la conversazione tra i due e non posso credere alle mie orecchie.
Il tono di voce del signor White è caldo, deciso, sensuale.
Sorrido come una sciocca mentre continuo ad ascoltare ciò che i due si stanno dicendo. Kelly è davvero buffa e inoltre è una vera incapace con gli uomini. Fortuna che il suo fidanzato non la pensa allo stesso modo.
Mi rialzo velocemente, pulendo lo sporco dalla gonna.
«Tieni, questo è per te. Non chiedermi più di fare una cosa simile, ti prego», mi porge il biglietto con fare annoiato prima di tornare velocemente al suo lavoro.
«Sei la migliore, grazie per avermi parato le spalle anche questa volta», bisbiglio eccitata.
L'avvolgo in un abbraccio non ricambiato. È arrabbiata ora ma sono sicura che le passerà presto.
Stringo tra le mani il biglietto, felice e incredula. I miei occhi brillano mentre il cuore fatica a rimanere in petto.
Ci avrà forse ripensato? Magari mi vuole come sue segretaria.
Spero vivamente di non sbagliarmi, quel posto è la mia ultima speranza.
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Fate or chance?
Romance(COMPLETA E IN REVISIONE) La White Enterprise è una delle più grandi aziende di cosmetici presenti sul territorio di Chicago. Ogni ragazza della città sogna di poter lavorare per il giovane White ma, il rampollo della nota famiglia, ha delle aspetta...