Cap.44 Un completo disastro

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GRACE

«Rimani qui stanotte, non lasciarmi da solo», mi implora mentre mi osserva intanto che mi rivesto.

«Jason, non posso. Venire qui è stato...»

«Un errore?», mi interrompe.

Si poggia su un braccio mentre continua a fissarmi; il lato disfatto del letto mi ricorda che poco prima ero stesa di fianco all'uomo più bello, sensuale, carismatico e dolce dell'intero globo. Sì, dolce. Perché non si è fermato al solo atto sessuale che – grazie a Dio – è stato qualcosa di fenomenale. No. Mi ha invitata nel suo letto. Ed è qui che io, un po', mi sono sentita meschina. Forse non avrei dovuto permettere a me stessa di arrivare fino in fondo: è pur sempre il mio maledetto capo. E detesto tutto ciò. Probabilmente in un contesto diverso, lui, non avrebbe mai poggiato i suoi splendidi occhi neri su di me. E questa cosa mi fa tremare dentro dalla rabbia: possibile che io non abbia più di questo da offrirgli? Sono davvero convinta di poter entrare nella sua vita in modo permanente, come compagna e non come dipendente che si porta a letto? Al solo pensiero che lui abbia potuto fare lo stesso in passato, mi sento mancare l'aria nei polmoni. E Jason lo nota, eccome se lo nota.

«Non volevo dire questo», chiudo la cerniera degli stivali, «venire qui è stato bellissimo ma non posso rimanere con te. Non posso rimanere nel tuo letto», continuo, sistemando i capelli.

«Non volevi dirlo ma lo hai fatto intendere», Jason si alza, raggiungendomi. Arrossisco; la sua vicinanza continua a turbarmi nonostante io non abbia nulla da temere in sua presenza. Non più, almeno. Non dopo essermi concessa come se non avessi aspettato altro nella mia vita. Mi è piaciuto. Non so quantificare quanto, talmente è stato bello e passionale.

«Voglio dirti una cosa, ora», continua, avvicinandosi maggiormente al mio viso, «non me ne fotte niente di quello che potrebbero pensare domani gli altri, in azienda, vedendoci arrivare insieme. Se è questo che ti preoccupa, non è un problema. Io non so cosa mi stia succedendo ma sento che tu sei come kryptonite per me: mi rendi succube delle tue labbra, dei tuoi occhi. Quando non ci sei impazzisco perché non so cosa tu stia facendo e soprattutto con chi. Quando ci sei invece, invadi i miei pensieri più di quanto tu già non faccia. È vero, non fai niente di così particolare per scatenare in me tutto ciò eppure sento che sono arrivato al punto di non ritorno», respira leggero sulle mie labbra, sfiorandole appena.

Non riesco a descrivere la miriade di emozioni che percorre il mio stomaco, ora. Sento che da qui a breve le gambe potrebbero cedere, lasciandomi scombussolata al suolo. Schiarisco la voce, distogliendo lo sguardo e tentando di recuperare l'aria nei polmoni che per l'occasione non sono pervenuti. Mi sento soffocare. O vorrei soffocare. Tra le sue labbra, con la sua lingua intrecciata ancora una volta nella mia, schiava di quelle emozioni che solo lui è in grado di darmi.

«Punto di non ritorno? Non capisco», sussurro poco convinta.

Jason sorride appena; continua a mantenere il suo viso a un centimetro dal mio. È una tortura. Una tortura che finirà per uccidermi di questo passo.

«Quando prima ti ho chiesto se tu fossi mia, non l'ho fatto perché in preda all'ormone. L'ho fatto perché penso davvero che tu debba essere mia. Non la mia segretaria. La mia fidanzata. Ho capito che senza di te sono un uomo pessimo o almeno, non sono al top della mia forma fisica e mentale. Ho bisogno di una persona come te nella mia vita».

«Definisci una persona come me, ti prego», lo incalzo con un pelo di sarcasmo ritrovato.

«Una persona terribilmente fastidiosa ma dolce e tenace allo stesso tempo», mi dà un bacio leggero, «una persona piena di risorse, di buoni sentimenti, testarda al punto giusto», continua, lasciandomi un altro bacio leggero, «mi migliori l'esistenza, Grace. E sono convinto del fatto che non esistevo affatto, prima di conoscerti. Sopravvivevo, forse. Ma se ho ricominciato a vivere e a sperare in qualcosa, è solo grazie a te».

Questa volta non mi bacia. Si allontana di qualche passo e torna a fissarmi con sguardo dolce e duro allo stesso tempo. Per un attimo ho la sensazione che la stanza sia tornata a una temperatura ideale e che il mio respiro non sia più tanto corto. Infarto scampato, questa volta. La dichiarazione di Jason mi ha spiazzata. Cosa posso dare a un uomo che ha già avuto tutto dalla vita? Nulla. E se tutto questo fosse solo un sogno? Uno strano e – per niente – divertente scherzo del destino?

Dannazione ai tuoi pensieri intrusivi, Grace!

«Io sono lusingata, davvero», adesso sono io che muovo i passi verso di lui, «ma una come me, cosa potrebbe mai darti nella vita? Mi hai vista, sono un completo disastro. In più, non potrei più lavorare per te. Non potrei più lavorare con te. Penserebbero tutti che lavoro li perché vado a letto come il capo e immagino già il vociare...»

Jason mi zittisce, poggiando un dito sulla mia bocca. I suoi occhi sono più scuri del solito e una scintilla sembra attraversarli. La stessa scintilla del primo giorno in cui ci siamo conosciuti.

«Gli altri non esistono, esisti solo tu per me. Sei come una divinità, la mia Venere, la mia kryptonite, il mio tallone d'Achille. Se vuoi definirti, fallo. Perché io non riesco. Sei troppe cose messe insieme e io, a te, non voglio rinunciarci. Non più. Solo Dio sa quanto mi sono mantenuto dal non spaccare la faccia a quel coglione che imperterrito ci provava con te davanti ai miei occhi», sembra essere tornato con la mente a quel momento, «e solo Dio sa quanto io non voglia più vedere una scena del genere. Tu mi appartieni e io ti appartengo. Da sempre. E questo lo sai bene anche tu».

Questa volta sono io che lo bacio. Non un bacio tenero, dolce. No. Bramo le sue labbra come acqua nel deserto; la mia lingua si fa spazio nella sua bocca e Jason mi accoglie, impaziente di intrecciare la sua alla mia. Le sue mani finiscono per spogliarmi, ancora. E prima che io possa realmente rendermene conto, mi ritrovo supina su quel letto che tanto ha suscitato in me preoccupazione poco prima. Jason mi guarda adorante e io adoro la sua espressione colma di piacere e desiderio.

Finiamo per addormentarci abbracciati. O almeno, Jason dorme. Io non posso fare a meno di pensare a quello che sta succedendo tra di noi. La sua è stata una dichiarazione chiara, limpida. Io non gli ho risposto, tecnicamente. O almeno, non a parole. Non so cosa dirgli, mi sento confusa e spaesata ora. Mi sono innamorata di lui. Cazzo. MI SONO INNAMORATA DI LUI. Il cuore inizia a tamburellarmi in petto al solo pensiero, figuriamoci se io glielo dicessi così dal nulla. No, non può saperlo. Non ancora almeno.

Tiro su il lenzuolo, coprendomi fino al collo. I brividi percepiti, però, non sono dati dal freddo dicembrino di Chicago. E neanche dalla brezza che prepotente si intaglia nelle finestre serrate. La mia pelle si ribella a me, ai miei pensieri intrusivi, alla mia voglia di reprimere questo sentimento.

"Buttati, abbraccialo e goditi quest'uomo!", immagino che mi stia dicendo questo ora.

Ma io non ci riesco.

Nonostante io stia condividendo il letto con l'uomo che probabilmente amo, non riesco a godermi la nostra "prima notte" insieme.

Cazzo Grace, sei un completo disastro seriamente.


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