34. Nell'oblio della maledizione.

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"Se ami una persona
lasciala andare,
perché se ritorna
è sempre stata tua.
E se non ritorna,
non lo è mai stata."
(Khalil Gibran)

Quando Albert bussò al portone che comunicava con lo spazio nel retro del centro scommesse, aspettò qualche minuto perché qualcuno venisse ad aprirgli. Era l'ora di punta e la gente affluiva persino spintonando gli altri, pur di scommettere sui cavalli. L'uomo diede un'occhiata al bambino distrattamente, concentrato più sulla scelta delle parole giuste che sul piccolo: Davy aveva smesso di stare attaccato alla sua gamba e aveva un'espressione particolare, quella di un ragazzo disinvolto e deciso.
Stettero un po' ad aspettare, fino a quando una donna dai ricci selvaggi legati in un'acconciatura da vera signora si palesò davanti alle loro facce. Inizialmente, Polly pensò fosse la sbornia della sera precedente, non credeva a quello che i suoi occhi stavano vedendo in quell'istante.
Sorrise leggermente con gli occhi velati da qualcosa tra la felicità e la disperazione; Albert provò invano a dirle della donna, mentre il bambino manteneva la testa alta.
-Non ce l'ha fatta, lo so.
Gli aveva tolto la parola come se avesse già letto il finale di quella storia, come se qualcuno gliel'avesse già detto.
-Signora Gray, posso entrare? Ho qualcosa per voi Shelby, per Thomas. Non tutto è perduto.
-C-certo, entra pure...- farfugliò lasciandoli valicare la soglia dell'entrata con incertezza. Fu allora che Polly si accorse del bambino. Allora li lasciò sedere e offrì un bicchiera d'acqua al bambino, accarezzandogli la testa.
-Racconta, forza. Cosa è successo?- chiese impaziente. L'argomento era molto importante per la Gray, che aveva già afferrato il fazzoletto per asciugarsi alcune lacrime. Prima però, Albert suggerì alla piccola creatura: -Hey Davy, raggiungi quella donna con Karl, va bene?
-Si trova al piano di sopra, ragazzo. Va', Ada ti farà un bel piatto caldo, sei pallido in viso.
-Sissignore, signora Gray. Le prometto che non la disturberò e la ringrazio per il cibo.- proclamò solennemente, come se fosse stata una poesia. Le scappò un mezzo sorrisetto alla vista di quel bambino che si dirigeva verso le scalette.
Ma appena la creatura se ne andò, l'unica cosa che si manifestò fu l'angoscia iniziale. Pol si sedette davanti a lui torturandosi le mani, fino a quando decise che sarebbe stato opportuno accendersi una sigaretta.
-Cosa. È. Successo.- domandò nuovamente, impaziente come al solito.
-Quattro giorni fa sono partito da Newcastle con le informazioni che servono al maggiore Campbell per dichiarare Scarlett innocente. Suppongo che lei non conosca questa parte della missione di Scarly, da quel che noto dalla sua espressione.
Polly non disse niente, anzi, lo invitò a continuare dopo aver espirato il fumo che giaceva dentro i polmoni.
-Dunque, lei aveva avuto in mente un piano sin dall'inizio, ma insieme ne avevamo preparato totalmente un altro. Con queste informazioni lei verrà scagionata e non sarà più un'indagata per conto della polizia, però ha deciso comunque di farsi catturare da Jackie.
-E tu che hai fatto, porca puttana?!- esclamò iraconda, pronta a tirargli uno schiaffo facendogli volare gli occhiali altrove.
-Signora Gray, si calmi, la scongiuro. Non ho potuto fare nulla per evitarlo, davvero. Gli uomini di questo malavitoso ci hanno perseguitato per tutta la città con i fucili! In più avevo un bambino a cui pensare! Dio, cosa potevo fare se non salvare almeno lui?!-
Albert era dispiaciuto davvero, anche una cinica come Polly poteva percepire quanto fosse stato sincero e disperato. La zia avrebbe fatto la stessa cosa nella sua situazione, ma non lo disse, mantenendo un atteggiamento intimidatorio e compassionevole al tempo stesso. La loro comunicazione attraverso gli sguardi si interruppe quando Morrison controllò freneticamente l'orologio da taschino, sbuffando per l'impazienza. Cercò di contenersi, però aveva bisogno di andare alla centrale.
-Scarlett ha cercato di salvarci tutti sin dall'inizio di questo gioco, senza nessuna esclusione. Ha capito che parte del problema era incentrato su di lei e sulla posizione che aveva acquistato negli anni, quindi ha deciso cosa sarebbe stato meglio fare centralizzando l'azione sulla sua persona. È andata incontro al pericolo e anche se sapeva avrebbe rischiato la morte o una vita infelice non si è mai data per vinta. Ha portato con sé il bambino, aveva appena perso la madre. Il suo cuore le aveva ordinato di prenderlo sotto la sua ala protettrice. Col suo piano, con questi documenti, libererò anche la mia famiglia. E lei, signora Gray, non può neanche immaginare quanto io le sia grato.- concluse con un filo di voce, alzandosi e aggiustandosi gli occhiali sul ponte del naso.
Tommy decise di farsi avanti dopo essersi nascosto nell'ombra come una spia, in seguito all'aver ascoltato gran parte del suo ultimo discorso. Non sapeva cosa dire: quel ragazzo era lì, lei invece no.
Thomas mise le mani nelle tasche del pesante cappotto; era pronto ad uscire per andare a Londra e abbandonare quella città troppo triste per essere considerata un posto in cui respirare serenamente.
-Dov'è lei?
-Oh, signor Shelby, finalmente è qui!
-Mi dica dove si trova.
L'espressione glaciale di sempre aveva preso possesso del suo volto insieme ai lineamenti marcati per il nervoso. Albert cercò di controllare il battito del cuore, addomesticandolo come meglio poteva. Si alzò in piedi e prese il cappello, avvicinandosi al gangster con riluttanza; Polly, dal basso, osservava la scena scrutando abilmente i due volti.
-Io...Io non lo so. È finita nelle mani di Jackie Cole, però, di questo posso esserne certo.
-E lei dov'era mentre tutto ciò accadeva?- Con la stessa decisione che aveva improntata nel timbro di voce lo afferrò per il bavero del giaccone. Morrison ebbe paura, e neanche poca, ma niente lo fermò dal dire quello che pensava.
-Con tutta onestà...Dov'era lei, Shelby, non io.
Zia Polly sussultò appena quella frase le risuonò nelle orecchie. Decise di farsi avanti e staccarli almeno fisicamente, cosa che fece, insultandoli malamente.
-Guardatevi! State risolvendo la questione da animali! Cazzo, parlatevi e ditevi le cose come stanno, almeno!- sbraitò incolpandoli.
-Se Scarlett in questo momento si trovasse nell'aldilà, di sicuro non sarebbe felice di questo comportamento merdoso!
Ci furono secondi di interminabile silenzio, alternati da sospiri e sguardi di sfida. Ad un certo punto, Albert non resse più e si apprestò a dare spiegazioni.
-Lo sa perché sono qui, mister Shelby? Perché lì dentro, in quel borsone, ci sono le prove degli omicidi compiuti dal fantoccio della "Rosa Nera". Tutte le uccisioni ordinate da Cole che i suoi uomini hanno effettuato, i loro nomi associati alle ricompense. C'è tutto quello che serve a Scarlett per dimostrare a Campbell che è innocente, che la Rosa Nera non esiste.- si fermò, per poi proseguire con voce più bassa. -Ci sono anche le prove di quei soli sei uomini che Scarlett ha condotto alla morte, e quelle carte le lascio a lei, signore. Che sappia farne buon uso.
Il Peaky Blinder provò nuovamente a parlare, solo che venne zittito ripetutamente dal flusso di parole incessante che sgorgava come una sorgente dalla bocca di Morrison.
-Ora la prego, lasci il bambino nelle mani di sua sorella, Shelby. Lei, Ada, sarà in grado di pensare a lui in attesa di un'altra sistemazione definitiva. Dunque, mi dileguo, vado a completare la mia missione, riportare quei documenti.
-Perché lo fai? È finita, lo hai detto anche tu.
-Se c'è una cosa che non perdo mai, Thomas, è la speranza. Le dico che prima o poi Scarlett Winterhouse risorgerà e, in tal caso, non potrà essere perseguibile dalla legge. Non più.- ragionò fiducioso, quasi gli brillavano gli occhi per quello che stava per affrontare, un testa a testa contro Campbell.
Albert si ricompose, spinse gli occhiali sul ponte del naso, sì riallacciò i bottoni del cappotto grigio e lasciò le carte macchiate dal peccato di Scarlett su quel tavolo, proprio accanto al bicchiere di whisky che lui stesso aveva tracannato. Si sistemò il borsone sulla spalla e si coprì la testa col fedora, lasciando un cenno col capo ai due.
Tom fece fatica a comprendere il perché di tutta quello scapicollarsi da una parte all'altra, perciò chiese delucidazioni.
-Che ha intenzione di fare, Morrison?
-Beh, vado dall'ispettore a piedi, la macchina ha quasi terminato la benzina.
Dopo un attimo di indecisione, esattamente all'abbassarsi della maniglia della porta d'ingresso, Thomas si decise a sillabare: -Aspetta, ti ci porto io.
Alternava persino il 'tu' al 'lei' per la confusione. Certo, non che gliene fosse mai importato qualcosa delle riverenze.
-Prima, però, devo fare una cosa.- comunicò, e Albert si mise sull'attenti.
Il moro prese quei fogli incriminatori con poca delicatezza: i sei omicidi che Scarlett aveva davvero compiuto.
Senza pensarci due volte, li gettò nel camino ardente e scoppiettante della stanza, guardando quella carta straccia diventare cenere. Piano piano, le colpe di Scarlett si alleggerivano sempre più e, anche se non sarebbe stata lì a tirare un sospiro di sollievo con loro, almeno Thomas avrebbe avuto la soddisfazione di saldare il debito e passare ad altro.
Era morta o non lo era...Non poteva saperlo.
Perché la sua amata aveva lasciato loro i documenti se voleva essere catturata?
Lo Shelby gli lanciò le chiavi della sua Bentley. -Inizia ad accendere.
Appena videro scomparire dal loro campo visivo il ragazzo, la zia e il nipote si apprestarono a parlare sottovoce.
-È morta, Tommy, che cazzo fai? Evita di perdere tempo.- Polly si strinse le mani con una forza che neanche le apparteneva, lasciandole a colpire ripetutamente la fronte.
-Lo dici con molta leggerezza, Pol.
-Ho pianto e ho pregato tutti i giorni per la sua assenza. Non credere che sei solo tu a soffrire, Tommy.
Le lacrime non si erano fermate. Guardava il figlio di sua sorella e non capiva, non riusciva a comprendere come lui, l'essere più razionale esistente sulla Terra, si stesse aggrappando a quella briciola di possibilità che Scarly ancora aveva. Scuoteva la testa, pensando al fatto che fosse impazzito.
Aveva persino notato la pistola carica sul comodino della stanza di Tommy e aveva compreso i pensieri che giravano nella testa del gangster; nonostante tutto, però, non aveva detto nulla. Non c'era bisogno.
Tutto di lui era un controsenso.
-Vado, chiudo con Campbell al posto suo e torno.
Pol si rialzò di scatto, chiedendogli con fervore di stare fermo. -...Pensa ad Arthur, porca puttana!
-Per l'altro piano c'è tempo. Per lei, no.
-Ma ti senti? Diamine, non è tornata, Tommy!
Lui si soffermò ancora sul fuoco, sulle fiamme, e aveva adesso un desiderio irrefrenabile di completare il piano della donna.
-Sky vuole uccidere Jackie. E tornerà, altrimenti non avrebbe portato Albert a dare i documenti a Campbell.
-Cazzo, sei fuori di testa peggio delle altre volte.- affermò scioccata la donna, osservando quello che una volta era solo un ragazzino, stare alle prese con un gioco d'azzardo più grande di lui.
-Già, Polly. Ecco chi ti sei ritrovata come nipote, un pazzo gangster zingaro.
La lasciò con quelle parole, senza sentire il bisogno di dire più nulla.
Polly lo vide raggiungere l'automobile attraverso la finestra dagli aloni ingialliti.
Stette lì, ancora con gli occhi lucidi e assottigliati, vuota dentro e fuori, a scuotere la testa con disapprovazione.
Gli uomini e i loro cazzi non cesseranno mai di stupirmi.- pensò ripetutamente; dopodiché si diresse al piano di sopra in pieno silenzio, sentendo l'eco dei suoi stessi passi rimbombare nella testa non lasciandola in pace.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 11, 2022 ⏰

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