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TW: questo sarà un brutto capitolo.
Ci saranno scene un po' crude (non so in che altro modo dirlo per evitare spoiler) quindi se siete persone particolarmente sensibili vi chiedo scusa e nel caso non vogliate leggere vi farò un riassunto in dm.
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Si risvegliò con un mal di testa lancinante, legata ad una sedia ed imbavagliata.

Magnifico! Un'altra meravigliosa esperienza da aggiungere alla mia lista.

Si guardò attorno, nel tentativo di orientarsi.
La stanza era priva di finestre, il che le rendeva difficile capire quanto fosse passato dal suo rapimento.
Cercò di muoversi per valutare i danni della sua scivolata sull'asfalto e si sentì sollevata nel constatare che oltre alla testa non le doleva nessun'altra parte del corpo.

L'ho già fatto una volta, non sarà difficile riprovarci.

Piantò saldamente i piedi a terra e cominciò a spingere le braccia all'indietro. Il nastro isolante che le teneva legati i polsi si tese leggermente, ma senza cedere di un millimetro.
Provò ad utilizzare i suoi poteri, ma uno strano pizzicore cominciò ad infastidirle la nuca, facendole formicolare la spina dorsale.

Un inibitore...pessima notizia.

Un suono fuori dalla porta la costrinse a fermarsi, quindi rimase in ascolto nel tentativo di carpire il maggior numero di informazioni possibile.
Udì delle voci, provenire dall'esterno, ma non riuscì a comprendere alcuna parola, finché non sentì scattare la serratura.

Chiuse gli occhi e si finse svenuta, ascoltando il suono dei passi che si avvicinavano.
«La puttana è ancora priva di sensi, cosa devo fare?».

Una voce maschile, con un fortissimo accento dell'est Europa.
L'uomo annuì un paio di volte, poi chiuse la chiamata e diede un calcio alla sedia su cui si trovava Eris, ribaltandola a terra.
La ragazza si lasciò sfuggire un gemito di dolore, sentendo i polsi piegarsi in una posizione innaturale.

«Ben svegliata – disse lui, quindi afferrò lo schienale della sedia e la rimise dritta – alzati e seguimi» aggiunse, tagliando il nastro che le teneva legate le gambe.

Non potendo far altro che obbedire, la giovane iniziò a muoversi.
Il suo carceriere la spintonò più volte, fino a condurla in un'altra stanza buia e priva di finestre. Al centro spiccava una sorta di sedia elettrica.

Eris s'immobilizzò.
«Che diavolo hai intenzione di farmi?» chiese.
L'uomo le diede l'ennesimo spintone e le intimò di sedersi.
Lei lo osservò con la coda dell'occhio.

Non più di venticinque anni, un metro e novanta per approssimativamente cento chili distribuiti in modo armonioso. Muscoli guizzanti.
Pochissime probabilità di stenderlo, soprattutto senza i suoi poteri, ma sapeva che non avrebbe accettato passivamente il suo destino.

Spiccò un balzo e colpì l'uomo con un calcio contro l'orecchio, quindi sfruttò l'occasione per far passare le braccia sotto i piedi in modo da essere più comoda.
Si lasciò sfuggire una smorfia di dolore constatando di avere un polso probabilmente rotto, poi rubò la pistola all'uomo prima che riprendesse i sensi. Tentò di rompere il nastro adesivo, ma la frattura al polso la costrinse a fermarsi. Sarebbe stato difficile anche senza ossa rotte.

Con una spallata aprì la porta e si ritrovò nel corridoio percorso pochi istanti prima.
Si concesse un paio di secondi per guardarsi attorno, poi cominciò ad allontanarsi tenendo le orecchie ben tese.

Il peso della pistola la distraeva, non aveva mai maneggiato un'arma prima di quel momento, ma la faceva sentire più sicura.

Udì delle voci provenire da dietro l'angolo, quindi cercò un nascondiglio.
Vide altri due uomini passarle accanto che, fortunatamente, nella penombra non riuscirono ad individuarla.

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