Capitolo 54. Scorpius

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54.

Non dormo da due giorni, non riesco a chiudere gli occhi senza vedere due iridi azzurre e un sorriso predatorio su delle belle labbra piene. Non so chi sia la donna che sto sognando, ma so che è in pericolo.

Non sono mai stato uno che crede nel fato o nella magia, non credo in sogni premonitori, non credo che i sogni possano essere più di semplici sogni, ma questa donna compare in ognuno di questi, ogni notte da una settimana e ogni notte sento come l'urgenza di salvarla, come se fosse sempre più vicina al pericolo.

Aditi dorme tranquillamente nel letto con me, nonostante io stia cercando di togliergli l'abitudine di dormire insieme non riesco mai a dirgli di no quando viene nella mia camera da letto. Gli accarezzo i capelli scuri e poi le guance piene, sono arrossate dal sonno. Si agita e mormora qualcosa.

"Rose" Sussurra muovendo gli occhietti sotto le palpebre. "Ma-ma-ma"

Continuo a dargli lievi carezze per scacciare l'incubo. Mi stringe il cuore a vederlo chiamare la mamma, non so per quale assurda ragione parli del colore rosa ma fa niente.

"Cosa sta succedendo, piccolo?" Chiedo piano. "Non riesco a capire più nulla"

Me lo stringo addosso e gli bacio la testa, si calma e il sogno scivola via, facendolo smettere di agitare.

Io non dormo, ci provo, i miei occhi si chiudono e riesco a sonnecchiare per una decina di minuti, ma poi mi sveglio ansante e sudato come se avessi corso per chilometri. Ho in mente solo una donna dai capelli rossi e il big ben, l'orologio che contava all'indietro, mancavano dieci ore allo zero.

Non riesco a capire, mi scoppia la testa e mi viene da piangere. Stringo solo Aditi con più forza e nascondo il viso contro il suo piccolo collo, lo ascolto respirare profondamente fino a quando mi calmo.

*

C'è qualcuno in casa. Sento dei passi e il cigolio di uno dei gradini che non ho ancora sistemato.

Lascio andare Aditi e tiro fuori la mia glock da uno dei cassetti del comodino. Tolgo la sicura ed esco lentamente dalla stanza. La chiudo a chiave per proteggere mio figlio e guardo verso le scale, c'è qualcuno che traffica al piano di sotto.

Scendo i gradini stando attento a quelli che cigolano, la pistola davanti a me. Sono un ottimo cecchino, mi sono allenato parecchio al poligono di tiro a Londra, adoro l'adrenalina quando fai partire il colpo ma non mi è mai servito realmente, prima di adesso.

Vedo un'ombra nel mio salotto e faccio scattare due volte la sicura, in modo che sentano che ho un'arma. "Vi ucciderò se non sparite immediatamente dalla mia casa" dico in russo.

Chiunque sia si blocca. "Non vogliamo fare del male" Sento una voce familiare parlare in un perfetto inglese, l'accento britannico, ma non so proprio di chi si tratta.

"Vogliamo solo parlare" Quest'altra voce è giovane, molto giovane, l'ho già sentita da qualche parte.

Mi avvicino cauto verso l'arco che porta al mio salotto. "Identificatevi" dico.

Come cazzo hanno fatto a superare i miei allarmi di sicurezza? Sono la prima cosa che ho fatto installare quando mi sono trasferito.

"Sono Albus Potter, con me c'è Lamen..."

"Ferguson" Dice il ragazzino, dalla voce non avrà più di quindici anni, non gli è ancora cambiata.

"Lamen Ferguson" Questo Albus non sa neanche il cognome del suo complice, è ridicolo.

Entro in salotto e riesco a mettere gli occhi sui due ladri. "Tenete le mani bene in vista" Ordino. I due alzano le braccia.

L'uomo avrà la mia età, due occhi verdi e i capelli scarmigliati e scuri come il mogano, sembra uno perspicace e mi è familiare, ma so di non averlo mai visto in vita mia, ho un ottima memoria per le facce, mi ricordo chiunque.
Il ragazzino è di un biondo più scuro del mio e i suoi ricci sono legati in un codino. Ha il viso paffuto di un adolescente e le guance arrossate, gli occhi scuri mi restituiscono uno sguardo dispiaciuto, come se fosse in pena per me.

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