"Yoongi?" domandò con un filo di voce Jimin, che appena varcata la soglia della gelateria, si era ritrovato faccia a faccia con lui. "Umh?" grugnì il nominato confuso, "Mi segui?" rise lievemente prima di alzarsi le maniche della camicia bianca.
"No." rispose schietto Jimin, "Vorrei una pallina e mezza di gelato alla vaniglia, in coppetta." seguì poi. "Una e mezza?" chiese confuso il gelataio, che aveva in mente il ragazzo fosse strano ma non pensava fino a quel punto.
"Si, una e mezza, alla vaniglia." ripetè. Passarono pochi secondi, e i due fecero contatto visivo. Lo sguardo di Jimin era attento, vigile e scattante, quello di Yoongi semplicemente confuso.
"Umh, così?" domandò apportando in una coppetta la quantità richiesta. "Si, così va bene." annuì la chioma bianca. "Senti Zanna, perché non una o due?" domandò genuino l'altro.
"Immagino che il gelato si divida in mezzi, quindi chiedendone una e mezza, in realtà ne ho chiesti tre mezzi" concluse ponendo i soldi al compagno. "Mi chiamo Jimin." osservò come se l'altro non ne fosse consapevole.
"Penso faccia parte dei tuoi complessi, comunque pagherai come se ne avessi preso solo uno" chiarì Yoongi restituendogli parte del denaro. "Va bene." replicò veloce Jimin.
"A domani." lo salutò Yoongi, ma senza ricevere risposta, solo un cenno. Quel ragazzino, Zanna, lo incuriosiva. Non sapeva se fosse per i suoi modi di fare o semplicemente perché fra tutti i suoi coetanei lui sembrava essere meno vuoto.
Poi, quando i due sembravano già essersi salutati, la chioma bianca rifece capolino al Derby... "A te va bene essere mio amico?" domandò sinceramente curioso.
Yoongi si stranì, quella che razza di domanda era? Amici ci si diventa, mica si sceglie di esserlo... forse però per Jimin quello era già molto riflettè, forse doveva sentirsi speciale ad essere l'unico con cui avesse parlato.
"Senti Zanna, facciamo così... noi ci vedremo a scuola, e quando vorrai mi parlerai, senza obblighi. E quando vorrai sarò qui, ogni pomeriggio, senza obblighi. Starà a te.." rispose Yoongi, che aveva già in mente cosa fare una volta a casa. "Va bene, a domani, di nuovo." rispose il cliente, allontanandosi poi verso casa.
Le ore passavano, e finalmente si fecero le 18, l'orario in cui Yoongi staccava. Era stanco, come ogni maledetto giorno da che lavorava, ma non poteva fare altrimenti. Aveva bisogno di soldi, e quel lavoretto sottopagato in centro gli permetteva di averne almeno un po'.
Rincasato, di solito, cenava e se ne stava un po' sul letto, fino a crollare dal sonno. Quel giorno, invece, aveva deciso che si sarebbe informato maggiormente su un tema ben specifico: "Cosa può turbare le persone autistiche.".
Decise che avrebbe tentato di andare oltre al suo muro di indifferenza e solitudine forzata, e Jimin gli pareva la persona più adatta. E se davvero voleva che la cosa funzionasse, doveva metterci del suo, a partire da un aspetto che avrebbe sicuramente condizionato la relazione.
"Contatto visivo, rumori improvvisi, rumori forti, luci troppo alte e troppo basse, compagnia, solitudine, determinati colori, determinati aromi e odori, comportamenti soggettivi, disordine, sporco, alimenti nuovi..." e la lista continuava ancora per molto.
E se è vero che le cose lasciano il tempo che trovano, allora la relazione con Jimin doveva andare bene, perché quella sarebbe stata la prima delle tante notti che Yoongi avrebbe passato insonne per lui.
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diciassette occhiatacce
General FictionJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)