dont cry, dont die

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Yoongi era lì, davanti a due porte che sul legno scuro e logoro avevano inciso con del sangue "live" e "die". Non sapeva cosa lo spingesse a doverne scegliere una, forse la curiosità o forse la noia, ma sapeva di dover scegliere.

Era tuttavia una scelta complicata: non voleva vivere, ma neanche morire; certo, delle due preferiva la seconda, ma questo non la rendeva la migliore. Ma sentiva in sé il desiderio ardente di fare una scelta, di varcare la soglia di una delle due porte, di scoprire cosa gli si sarebbe parato avanti.

Fece piccoli passi incerti sulle scricchiolanti travi di legno di cui il pavimento era formato, era equidistante dalle due porte: quale avrebbe dovuto scegliere?

"Sembra una strana forma della teoria del gatto di Schrödinger... non saprò mai cosa si cela dietro alle porte finché non le apro, entrambe le opzioni sono equamente possibili, equamente letali."

Nella sua testa era un continuo di ipotesi sulla situazione, era forse un esperimento sociale? Era una specie di cavia? Un povero animaletto da laboratorio? Non ricordava neppure come diamine ci era finito in quella situazione, un grammo di troppo? Un drink di troppo?

"Ahhh.. e va bene." sospirò fra se e se. Pensare non aveva senso, face ciò che gli pareva, senza pensare, agì e basta: posò la mano sudata sul giallastro pomello di ferro imprimendoci le impronte, lo girò lievemente con cautela e appena pose il piede destro oltre la soglia della porta, finì tutto.

Ogni cosa si fermò, niente era più fattibile, sembra come se il tempo fosse scaduto. Il respiro era accellerato, aveva la fronte completamente imperlata, le labbra secche e da loro proveniva un suono sbiascicato.

Il menta sussurrava un nome, difficile da distinguere dati i respiri irregolari. Lui stesso in un primo momento non capì che stava succedendo, cosa stesse dicendo... "Jimin?" sputò poi fuori d'un tratto.

Perché proprio prima di svegliarsi una mano lo aveva accarezzato in volto, richiedendo poi la porta con la scritta "death" e facendolo risvegliare. E Yoongi avrebbe riconosciuto ovunque quella mano, quella pelle, quella delicatezza.

Aveva fatto chiarezza su un aspetto, si, ma altri mille gli balenavano in testa. Non era uno che credeva nei sogni premonitori, nella magia e tutte quella cazzate, anzi, le detestava. Ma qualcosa quell'apparizione doveva pur voler dire.

La sveglia segnava le 4:00 di notte, ciò  voleva dire che aveva dormito almeno due ore, e in parte ne fu soddisfatto. Tuttavia, per quanto lo volesse, non riusciva a riaddormentarsi. Così si arrese.

Con una volontà che non credeva di avere si alzò, tritò l'erba nel grinder, si inebriò del suo odore pungente, la mischiò al tabacco e girò il tutto. Ultimamente non fumava molto, gli si parava davanti l'immagine del biondo che lo rimproverava.

Mise le cuffie, una felpa e acciuffò un accedino a caso dal cassetto. Socchiuse delicatamente la finestra, scendendo poi e ritrovandosi su un marciapiede ancora umido dalla pioggia.

"No one understands my pain, and my parents never listen... I'd rather die than feel this way" alzò il volume, quelle parole erano l'unica cosa che valesse la pena di sentire durante quella fredda mattina di fine novembre.

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