Febbraio era terminato, lasciando il posto a un ben più movimentato marzo. Le cose fra i due andavano a gonfie vele, pure se capitava ci fosse qualche "discussione."
"Senti, se non ti va bene vai ad un ristornante." strillò il platino, incrociando le braccia al petto. Ticchettando nervosamente il piede a terra e spingendo la lingua nell'incavo della guancia.
"Zanna non dico che non va bene... dico solo che è decisamente insufficiente..." cercò di spiegarsi Yoongi, "Insomma, si, mi accontento, ma non so a quanto serva." finì.
"Min Yoongi, te lo dico per l'ultima volta: se ti va bene, bene, se no ti arrangi." concluse Jimin. "Va bene piccolo, ma poi spiegamelo tu come fa un adolescente a far pranzo con delle verdure...."
"Le verdure fanno bene, non lamentarti che c'è chi non ha da mangiare." rispose Jimin, citando la madre. "Va bene, le mangio, ma fattelo dire: la prossima volta cucino io..."
Del resto erano cose di poco conto, i due si divertivano anche nel discutere su cose così futili. Certo poi il menta non si divertiva più di tanto a mangiare solo verdure, ma nella vita ci si accontenta..
Quel giorno, però, qualcosa aleggiava nell'aria, e tutto pareva come teso. Yoongi si sentiva in equilibrio su un filo pronto a rompersi al primo passo falso; Jimin aveva percepito la cosa, e dal canto suo gli pareva di essere su quel filo.
"Non so cosa ho, te l'ho detto, mi sento solo irrequieto.." spiegò Yoongi per la ventesima volta al proprio ragazzo. "E davvero pensi non ci sia una causa?" chiese il platino, ma l'altro non rispose.
La causa c'era, ma Yoongi non voleva parlarne. Quando dici qualcosa ad alta voce pare tutto più reale, e lui voleva evitarlo a tutti i costi. Così, appena finita scuola, si recò subito a casa.
Gli pareva di percepire tutto da dietro un vetro, era una sensazione che provava ormai da qualche settimana, si vedeva in terza persona. La sua mente gli feceva brutti scherzi, lo disorientava.
Pensò che, non volendo buttare tutti su una soluzione semplice come l'erba, avrebbe provato a distrarsi scrivendo qualcosa. Prese il suo quaderno, ma nulla.
La mano non si muoveva, restava ferma stringendo la penna senza seguire alcun comando della mente. "Ahh, ci rinuncio. Ho capito." mormorò poi infastidito.
Aprì il cassetto affianco a se e ne estrasse quel che restava di un grammo, le cartine lunghe e un filtro. Poi, proprio mentre girava il filtro, una forte sensazione di panico lo avvolse.
Fece cadere tutto sulla scrivania, del tabacco gli cadde anche addosso, ma lì per lì manco se ne accorse. Sapeva cosa stava succedendo, lo sapeva esattamente. Del resto era ovvio sarebbe successo, pur tentando di rimandare.
Con il minimo di consapevolezza rimasta prese il telefono, e chiamò Jimin. "Zanna, ho bisogno di vederti immediatamente." e senza fare domande, si diedero appuntamento al parcheggio.
Durante i momenti di ansia, ben diversi dagli attacchi di panico, ognuno di noi nutre il forte bisogno di avere accanto qualcuno di molto familiare. Jimin era quel qualcuno per Yoongi.
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diciassette occhiatacce
General FictionJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)