Suonò il citofono tre volte, e ognuna di queste ottenne solo un sordo riaggancio della cornetta. Alla quarta, prima che Jimin riattaccasse, Yoongi si fece coraggio e si schiarì la gola.
"Aspetta! Io... aspetta. Dammi solo cinque minuti Jimin, non ti chiedo altro. Cinque minuti e poi, se vorrai, non mi farò mai più vedere ne sentire." disse tutto d'un fiato.
Non si udì alcuna risposta, ma del resto chi tace acconsente. E pure se Yoongi non poteva vederlo, Jimin in quel momento aveva gli occhi di una persona che sperava.
Fece del suo meglio per spiegarsi, per spiegare cosa era successo, cosa aveva causato tutto. Nel suo tono si percepiva densa la paura di aver rovinato ogni cosa. Era terrorizzato.
E non era il solo ad esserlo: il platino, dal canto suo, aveva passato quelle ore pensando che forse era andata così per colpa sua. Che Yoongi avesse solo trovato qualcuno di migliore, qualcuno di neurotipico.
Le voci in testa sono una brutta bestia, soprattutto perché ti portano a pensare che ci sia qualcosa pure dove non c'è, e viceversa. Così entrambi parvero capire la serie di fraintendimenti creatasi.
"Pensavo mi odiassi." ammise Jimin, che aveva ormai aperto il cancelletto di casa. "Non penso potrei mai farlo." ammise Yoongi, salendo le scale.
Quando i due si videro, per la seconda volta in quel giorno, fu come un caldo abbraccio in quei momenti di gelo di dicembre. Non servì alcun contatto però, gli sguardi ardevano a sufficenza.
"Avevi ragione, comunque." disse Yoongi mentre varcava la soglia di casa. "Dico riguardo al bigliettino nel pacchetto." specificò vedendo lo sguardo confuso dell'altro.
"Oh, si... ho capito che serve che ti dica di smettere, la cosa deve partire da te." sussurrò gentile, mentre si stringeva al torace dell'altro. Inalando il suo profumo, che amava.
"Non mi stancherò mai del tuo odore..." disse avvicinandosi al collo del menta, "È davvero buono" concluse poi insiprando nuovamente l'aroma.
E di botto, come avesse visto un fantasma, Yoongi si irrigidì. "Si emh... Zanna, ecco... cosa umh.... cosa hai mangiato a pranzo?" chiese, totalmente nel panico.
L'altro si accorse del cambiamento repentino, e chiese in automatico il motivo. "Jimin, per quanto io sia un bravo ragazzo, se mi stai così vicino e mi respiri sul collo, c'è poco da fare." cercò di spiegarsi il menta in completo imbarazzo.
"Oh, scusami." rispose Jimin, che però pareva aver capito ben poco della situazione. Il tono dell'altro era tra lo spiacente e il volersi sotterrare, ma non ne capiva a pieno le motivazioni.
"Comunque, tornando la discorso di prima, Yoongi... io non posso prometterti di capirti, io posso solo provarci. Per te farei di tutto, e ora che so come stanno le cose, non me la prenderò più con te.
Ricordati che nei rapporti serve sincerità. Solo sapendo chi sei, posso assicurarti che ti starò accanto. Non me ne andrò per una cosa del genere, e tu vedi di non cercare di cacciarmi.
Non fare lo scemo Min Yoongi, che lo sai benissimo pure tu quanto sono testardo." concluse Jimin, esplicitando la proria posizione in merito a quanto successo.
Il menta sorrise leggermente; pensò che era proprio vero che non si meritava qualcuno come Jimin, ma al posto di scappare, sarebbe rimasto per dimostrare di meritarlo.
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diciassette occhiatacce
General FictionJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)