Era il 30 marzo, mancava solo un giorno quel giorno. Yoongi, negli ultimi tempi, era tornato a fumare e bere parecchio, anche troppo, pur di non pensarci.
Ma dai demoni non scappi se sono nella tua testa e, anzi, alterandoti rischi solo di dar loro più potere. Questo Yoongi lo sapeva, ma nell'amaro di quello shottino sperava di trovarci un po' di pace.
Se ne stava steso su una panchina, con lo stomaco sottosopra per l'alcol e la testa sottosopra per l'erba. Aveva fatto un mix poco conveniente, e ora gli pareva di star svenendo.
Si sentiva collassare su un letto di bugie e verità nascoste a se stesso, con affianco la speranza che si era appena suicidata. In un turbinio di emozioni contrastanti.
"Yoongi?" domandò una voce, probabilmente proveniente dalla figura nera di cui il menta vedeva a stento l'ombra. "Umh?" grugnì il ragazzo sulla panchina.
"Ma che combini scemo, dai, ti do una mano, tirati su..." disse la stessa voce, che ora pareva più familiare, mentre lo adagiava meglio possibile su quei pezzi di legno logoro.
Così Yoongi si decise ad alzare lo sguardo, incrociando quello di Jungkook: effettivamente la voce era la sua. "Uh, grazie.." mormorò ancora stravolto.
"Non commenterò le tue condizioni, ne ti chiederò perché sei ridotto così, ma dammi almeno la possibilità di star qua con te.." propose Jungkook, preoccupato gli succedesse qualcosa.
Il menta annuì, per poi percepire l'altro sedersi accanto a se. "Allora, Min, qual buon vento ti porta sulle panchine del riverside se vivi in centro?" chiese curioso il compagno.
Effettivamente Yoongi viveva a tre chilometri da lì, ma quella era la zona malfamata, quello era il riverside, l'unico posto dove poter comprare droga e alcol senza problemi.
"Sono capitato qui per caso." rispose liquidando la domanda. Passarono alcuni minuti di silenzio, poi di nuovo Yoongi parlò, ma con tono diverso.
"Che fai quando qualcosa ti schiaccia dentro, ma hai la consapevolezza che sei ne parli diventerà il mostro di qualcun'altro?" chiese fissando dritto davanti a sé.
Jungkook non rispose, e ci pensò. "Si, intendo: se ho un problema e ne parlo con qulacuno, cosa mi garantisce che questo mi faccia sentire meglio? E che invece non faccia sentire l'altra persona solo peggio?" continuò.
Poi di nuovo calò il silenzio, si sentivano solo le macchine in lontananza e le cicale del campo. "Nessuno, Yoongi, nessuno te lo può garantire." iniziò Jungkook.
"Confidarsi con qualcuno è sempre un atto di coraggio e di fiducia, ti sei mai chiesto perché paghiamo uno psicologo? Lo facciamo perché così abbiamo la sicurezza che sfogandoci, non andiamo a pesare su quella persona.
Tu non sei egoista Yoongi, è questo ciò che ti ferma dall'esternare ciò che provi. Tu porti una maschera non per nascondere te stesso, ma per non mostrare chi sei realmente agli altri.
Perché tu lo sai cosa si prova, vero? Sai cosa si prova quando dai tutto te stesso per migliorare per poi non ottenere nulla. Sai cosa si prova a fallire e vedere gli altri credere tu neanche ci abbia provato."
Effettivamente si, il menta lo sapeva bene, gli era capitato più volte di quante velesse ammetterne. "È vero, si, ma questo non risponde alla mia domanda." osservò con un filo di voce.
"Yoon, quando qualcosa ti schiaccia, puoi fare solo due cose: esserne consapevole o ignorarlo. E se davvero vuoi uscire, devi essere la prima delle sue cose.
L'unico modo di vincere una guerra è conoscere il nemico, tu devi accettare cosa di te odi, cosa di te ti fa sentire sbagliato. Devi capire cos'è e parlarne con chi ami.
Tu lo sai, del resto, non devo dirtelo io: l'odio fa male a chi lo prova non a chi lo riceve. Ecco perché non devi odiarti, Yoongi, ecco perché devi liberarti di queste catene." finì.
A quel punto il menta si girò verso l'altro e lo guardò stupito, quello che aveva appena detto aveva tremendamente senso. Aveva ragione, così annuì.
Effettivamente il punto della situazione era fatto, ma c'era ancora un piccolo dettaglio: mancavano 17 minuti alla mezzanotte del 31 marzo. Era troppo tardi.
"Hai ragione, ti ringrazio Kook. Davvero, mi hai aiutato molto... ma ormai manca poco al 31, quindi è già troppo tardi..." mormorò Yoongi fissandosi le scarpe.
"Non so cosa tu intenda con troppo tardi ma ti assicuro che non è mai troppo tardi se lo fai per una giusta causa." lo corresse il castano.
A quel punto Yoongi alzò la testa di botto, fissando il compagno nelle iridi. "Non sono nelle condizioni di guidare, quindo ti prego, devi portarmi in un posto...." chiese con aria supplicante il menta.
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diciassette occhiatacce
General FictionJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)