Calò il silenzio, un silenzio freddo, trapassante. Dopo quell'accorgimento, Yoongi, parve mutare completamente in un'altra persona. La sua espressione ebbe un cambiamento repentino.
Gli si leggeva negli occhi che qualcosa era cambiato rispetto a qualche minuto prima, sembrava quasi uno sguardo crudele. Tendente al farti sentire in soggezione e in difetto.
"Non sono cambiato, Jimin, sono sempre io. Sei tu, semplicemente, che non mi conosci." sputò il menta, con una crudezza che non pareva appartenergli.
"Sei.. tu sei cattivo adesso." sussurrò Jimin, che iniziava a sentirsi a disagio e confuso. Non gli pareva di aver avuto comportamenti fastidiosi, quindi perché quell'odio gratuito?
Un ghigno si fece spazio sul volto di Yoongi, in quel momento parve che stesse godendo della difficoltà dell'altro. Come se quel tono tremante indicasse un successo personale.
"Certo, sono tutti cattivi quelli che non ti capiscono, no? Il povero piccolo Jimin, lui va ascoltato e rispettato. Tutto questo è ridicolo." lo sminuì Yoongi.
A quelle parole il platino si sentì come tradito, pugnalato alle spalle da chi meno si aspettava potesse farlo. Eppure lo percepiva chiaramente: il senso di vuoto e di delusione.
"Non sono a mio agio, vado a casa." disse mentre sistemava i suoi oggetti. In quel momento avrebbe preferito stare fra il casino delle strade che con Yoongi, e ciò è tutto dire.
"Certo, vattene come hanno sempre fatto tutti..." farfugliò rancoroso Yoongi, ma l'altro non potè sentirlo, era già uscito dalla gelateria.
Così uno camminava per le strade di Seoul, sotto dei leggeri fiocchi di neve che concludevano come semplice pioggia una volta al suolo, sentendo un peso al petto levargli aria.
E l'altro se ne stava al Derby, fissando fuori dalla vetrata principale, come in trance. Una parte di lui avrebbe voluto correre fuori e portare un ombrello a Jimin, ma l'altra ebbe la meglio.
Sapete, l'unica cosa che ci tiene in vita è la consapevolezza di non vivere solo per noi stessi. I legami che tessiamo non fanno che creare una coperta, con la quale ci riscaldiamo nei momenti freddi.
E Yoongi lo sapeva, per quello avrebbe fatto di tutto per Jimin, per quello i tasselli non erano al loro posto. Nessuno allontana chi ama, nessuno tranne chi odia se stesso.
E nel suo caso possiamo dire fosse così, ma solamente per metà. Il disturbo borderline di personalità, insomma era una faccenda complicata.
Yoongi, di suo, era il ragazzo che si era sempre mostrato con Jimin. Non sempre solare, non perfetto, ma indubbiamente una brava persona. Con difetti, certo, ma pur sempre qualcuno di umano.
Capitava, però, soprattutto nei periodi e momenti di forte sovraccarico emotivo, che avvenissero degli switch. E in quei momenti di difficoltà, entrava in atto un meccanismo tale che Yoongi diventava tutt'altro.
Era come un sistema di difesa del suo cervello: far avvenire lo switch permetteva maggior criticità nei confronti di tutto e tutti. Era una salvaguardia personale.
Si, sarebbe dovuto essere un principio di autoconservazionne, ma ormai era solo una scusa che si dava per allontanarsi prima di legarsi emotivamente all'altra persona.
STAI LEGGENDO
diciassette occhiatacce
Ficción GeneralJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)