Si odiava, lui si odiava come mai prima d'ora, come mai credeva fosse possibile odiare qualcuno. Aveva passato ore a riflettere, e non si capacitava di come avesse trattao il platino.
Sapeva che non era effettivamente colpa sua, che era a causa del disturbo borderline, ma come lo spieghi a qualcuno che non sa cosa si provi? Che non ne soffre?
Come spieghi che di botto, anche dal nulla, diventi uno stronzo senza emozioni. Come lo spieghi che è solo un modo per proteggerti, che poi un po' ti distrugge anche?
Come dici alla persona che ami che sei instabile, che puoi diventare tutt'altra persona in certi momenti, che potresti ferirla senza avere paura si allontani da te? Non puoi...
Erano passate tre ore, Yoongi aveva appena finito di lavorare, e si sentiva a pezzi. Era ormai totalmente certo che fosse tutto perduto, che Jimin non lo avrebbe mai più voluto vedere. E come dargli torto...
Pensò che ormai tanto valeva fumare, non aveva nulla e nessuno a trattenerlo dall'autodistruzione. Così si arrese all'istinto, ed estrasse il pacchetto di malboro dalla tasca.
Nel momento in cui lo aprì, però, vide un bigliettino bianco incastrato fra due sigarette. "A volte la paura di riuscire è più forte della paura di non riuscire, capisci che intendo?"
Probabilmente Jimin aveva preso il pacchetto e ci aveva messo il bigliettino in un monento di distrazione di Yoongi. Poco c'entrava, quelle parole lo avevano colpito.
Gli avevano tolto il fiato, dieci volte più di quanto una sigaretta avesse mai fatto. Jimin lo sapeva, allora? Sapeva che Yoongi non aveva paura di non riuscire a smettere, ma di riuscirci e di restare senza sfoghi.
Quasi gli occhi del menta si inumidirono... aveva appena perso l'unica persona che avesse mai provato a capirlo. E di nuovo era colpa delle sue dannate malattie mentali.
Non poteva che fissare quella grafia così ordinata, su quel bigliettino così bianco e accuratamente piegato. Non poteva che percepire lo stomaco chiudersi e la gola bruciare.
"L'unico che avesse mai provato a compremdermi..." sussurrò posando il filtro fra le labbra, cercando l'accendino nelle tasche. Prendendolo poi, avvicinandolo alla sigaretta.
E proprio mentre stava per accenderla, scattò in piedi come avesse avuto un lampo di genio. "Jimin è l'unico che abbia mai provato a capirmi." disse a gran voce, facendo girare i passanti.
Forse aveva ancora una speranza, forse proprio per questo fattore: avrebbe provato a spiegarsi, avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere pur di non perdere il platino.
Così ripose la sigaretta nel pacchetto, e si incamminò verso casa dell'altro. Non sapeva cosa dirgli, non sapeva neppure se gli avrebbe aperto la porta, sperava solo andasse bene.
E si ritrovò sulla strada per casa sua, senza la minima idea di cosa aspettarsi e di come spiegarsi. Solo pieno di dubbi, e gli parve di aver già vissuto quel momento.
Questa volta, si disse Yoongi, non avrebbe lasciato che una persona così importante se ne andasse in maniera così stupida. Del resto è la paura che ti spinge davvero a lottare, e lui era terrorizzato dalla solitudine mentale.
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diciassette occhiatacce
General FictionJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)