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Tutto gli sembrava così pesante, persino i pochi passi mossi fino a quel momento gli erano parsi incredibilmente faticosi. Conosceva bene quelle sensazioni.

"Non ora, dio, ti prego non ora.." ripeteva a se stesso, ma a ben poco serviva. Il suo respiro si faceva sempre meno presente, e le sue mani sudavano.

Lo sguardo viaggiava da destra a sinistra con una velocità disarmante, quasi come se il ragazzo percepisse un pericolo imminente ma non ne capisse la provenienza.

Era il 7 marzo, mancava ancora tanto a quella data, quindi perché stava così male? Perché non riusciva ad andare avanti? Perché dopo tutti quegli anni continuava a sentirsi schiacciato?

Si distrasse dai suoi pensieri quando udì dei passi farsi sempre più vicini, Jimin era arrivato. Si ricompose, fece qualche respiro profondo, e si alzò in piedi.

"Ciao Zanna." lo salutò con voce meccanica, l'altro non rispose, si limitò ad avvicinarsi. "Parlami Yoon, dimmi qualsiasi cosa, ma parlami." lo pregò Jimin.

In quel momento esatto qualcosa negli occhi del menta mutò, il suo cervello era passato in modalità difensiva, e questo poteva voler dire solo una cosa: switch.

"Di che dovrei parlarti?" chiese con tono acido, "Non ho nulla da dire che tu possa capire, tu non hai idea di cosa si provi a essere me. Tu non hai idea di quanto io soffra." lo schernì.

Jimin aggrottò le sopracciglia, che era successo? "Perché sei arrabbiato?" domandò confuso, "Non sono arrabbiato, non tutto ti riguarda e non certo ciò che sto passando."

Ancora una volta il platino provò a capire cosa stesse succedendo, ma la situazione a quel puntò degenerò. "Cazzo, non insistere, non so cosa vuoi sentire. Tu non sai cosa voglia dire soffrire." gli urlò contro Yoongi.

Poi silenzio, un silenzio assordante, poi un solo e singolo rumore: Jimin aveva tirato uno schiaffo a Yoongi, non era forte, certo, ma il segnale era arrivato.

"Io non so cosa sia il dolore?" chiese Jimin con la voce rotta dal pianto, "Io non so cosa sia la sofferenza? Credi davvero io non lo sappia? Credi che solo perché non ti ho mai detto cosa ho passato, allora vuol dire che sto bene?"

Yoongi lo fissava incredulo, senza rispondere. "Tu non sai cosa ho passato, io. Dei problemi con mio padre, dei problemi coi soldi, di quello che ho fatto per non pesare sui miei genitori." urlò Jimin.

"Avevo cinque anni quando mio padre se ne andò di casa, era un alcolista oltre che un pezzo di merda: picchiava Liza, spendeva i soldi in alcol, lasciandoci senza pane ne acqua.

Avevo cinque anni e mezzo quando mi ruppe il braccio destro, e lo sai perché? Lo ha fatto perché secondo lui ero strano, perché secondo lui io ero ritardato.

Avevo sei anni quando se ne andò di casa, lasciando me e Liza senza una lira. Avevo sei cazzo di anni, Yoongi, e lo sai che facevo? Raccoglievo le monete nell fontane, perché pensavo aiutasse la situazione economica.

Avevo otto anni quando mi sono trasferito qui, e non conoscevo nessuno. Avevo otto anni quando mi hanno diagnosticato l'autismo, ed è stato un forte colpo per Liza, ma lei c'è comunque sempre stata.

Avevo solo dieci anni quando capii che mi piacevano i ragazzi, ero ancora piccolo, eppure il bullismo nei miei confronti non faceva che aumentare a dismisura. Facendomi odiare persino chi ero.

Avevo quattordici anni quando ho iniziato a soffrire di disturbi alimentari, ma nessuno ti prende sul serio finché non sei sottopeso, no? E anche lì ne sono uscito, con Liza.

E Yoongi, avevo solo diciassette anni quando mi sono innamorato di te. Forse sono un ingenuo, e forse questa cosa mi si ritorcerà contro, ma ti amo. Però non ti permetto di dirmi che non ho mai sofferto. Non ne hai il diritto."

Jimin urlò per tutto il tempo, con il viso rigato di lacrime di rabbia, un nodo alla gola, con la faccia rossa, gli occhi che sprigionavano fuoco, i pugni stretti e la mascella serrata. Poi crollò in ginocchio a terra.

Non ci volle molto che delle braccia lo cinsero, come farebbe una madre con il bambino. "Mi dispiace.. non pensavo quello che ho detto. Sono stato uno stupido, e lo capisco se ora mi odi.." sussurrò Yoongi cercando di trattenersi dal piangere.

"Non ti odio, ed è questo il problema, ti amo più di quanto io abbia mai potuto amare qualcuno. È per questo che ho urlato, è per questo che mi hai ferito." spiegò Jimin.

"Condividiamo lo stesso dolore, per questo nelle mie parole ti ritrovi. E giuro Zanna, se solo potessi prendermi il tuo lo farei, ma non si può. Voglio che però tu sappia che ora sono qui con te, e che puoi parlarmi di ogni singola cosa." disse Yoongi.

E non so bene se fosse il luogo in se, o i sentimenti che portava a galla, ma in quel parcheggio i due restarono per le successive quattro ore. Parlando di ogni singolo punto di quella "lista".

E per la prima volta nella sua vita, Jimin si rese davvero conto di poter essere capito, di non essere solo. Del resto quei segreti non fecero che unirli sempre più.

diciassette occhiatacce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora