[capitolo di passaggio]
Finalmente il platino si svegliò, erano le 9:23 minuti, percepiva un certo freschetto, e la tentazione di rimanere sotto le coperte era tanta. E nonostante ciò, si fece forza e si alzò.
Andò in bagno, si vestì e si diresse in cucina. Lì, ad aspettarlo, come ogni anno, c'era Liza che preparava della cioccolata calda. Si sedette felpato, salutandola.
"Ogni anno lo stesso orario, piccolo." rise leggermente la madre, posando poi sul tavolo dei mochi. Ormai sapeva perfettamente quando il figlio si sarebbe presentato a tavola.
"Grazie." rispose egli, sorridendole. Jimin era un ragazzo piuttosto formale, posato e attento in ogni gesto. Ma ogni parte delicata di se andava persa alla vista di quei dolci.
Ne prese uno ficcandoselo direttamente tutto in bocca, pensando che nessuno avrebbe mai potuto farlo sentire così bene. E detta quella frase, gli venne in mente Yoongi.
Chissa come lo stava passando lui, quel giorno. Sicuramente in quel momento stava dormendo, pensò Jimin, lo avrebbe chiamato dopo.
"Piccolo fai piano o finirai per strozzarti..." lo rimproverò dolcemente la madre, che si sentiva inspiegabilmente bene a vederlo mangiare.
I due, ora seduti allo stesso tavolo, parlavano del più e del meno. Di come avrebbero voluto trascorrere quelle giornate, e di cosa si aspettavano da esse.
"Non nevica, però il clima è comunque piacevole" osservò Jimin. La madre annuì, per poi intervenire: "Esco qualche minuto a gettare i rifiuti, non sbirciare i pacchi. Mi raccomando." disse severa.
Jimin annuì, perfettamente cosciente che sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto non appena la madre fosse uscita. Era più forte di lui, ogni anno doveva esaminarli e tentare di indovinare il contenuto.
Guardò l'orologio, tra una chiacchera e l'altra si erano fatte le 11. E d'un tratto il controllo dei pacchi passò in secondo piano, scavalcato dall'idea di chiamare Yoongi.
Così il platino compose il suo numero, e attese che quei beep intermittenti si trasformassero nella voce del ragazzo. Attese, e attese ma non pareva esserci riscontro. Poco prima che scattassea segreteria, però, si udì un grugnito.
"Buon natale Yoon." disse felice Jimin, che capì di averlo svegliato. "Scusa se ti ho svegliato, ma è anche vero che sono le undici. Prima o poi dovevi alzarti." commentò.
"Si umh buon natale anche a te, ci sentiamo domani." tentò di liquidarlo il menta, ma con scarso successo. "Che c'è?" chiese Jimin, pensando di aver fatto arrabbiare l'altro.
Yoongi colse il tono di ansia, e subito rassicurò il fidanzato: "Nulla Zanna, semplicemente non mi piace il natale. E non voglio rovinare l'entusiasmo, quindi ti lascio ai festeggiamenti..."
Ma poco prima che potesse riattaccare, Jimin lo interruppe: "Non se ne parla. Fra dieci minuti, massimo quindici, sono da te. Verrai a festeggiare con me e Liza. Stare da soli il giorno di natale è sbagliato."
Il tono era quasi autoritario, ciò fece sorridere il menta, che senza manco volerlo diede il consenso all'altro per questa operazione di "salvataggio".
Una volta riattaccata la chiamata, Yoongi spalancò le palpebre: cosa diamine aveva appena fatto? Jimin sarebbe stato lì fra dieci minuti, avrebbe passato il natale da lui, con Liza presente.
Dannazione, non poteva neanche annullare la cosa, nella voce del platino si distingueva un forte entusiasmo, era raro vederlo così. Non voleva deluderlo o ferirlo.
Quindi si fece forza e si preparò. Al volo, prese anche una scatolina nera dalle piccole dimensioni. E in pochi minuti, era già davanti al porto aspettando Jimin.
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diciassette occhiatacce
General FictionJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)