Fissava le pillole su quel tavolo, chiedendosi cosa diamine dovessero significare per lui. Non le vedeva come un aiuto, le prendeva solo per abitudine, in parte perché ci sperava.
Una era gialla, una lilla e una bianca.Quella gialla aveva scritto sulla confezione "fluoxetina", un antidepressivo. Che però, almeno secondo lui, non serviva a un cazzo. Il colore però era carino.
Quella lilla aveva scritto sulla confezione "alprazolam", un ansiolitico. Che però, almeno secondo lui, non calmava un cazzo. Gli capitava di pensare di esserne dipendente, ma non ci si soffermava troppo.
Quella bianca aveva scritto sulla confezione "litio", uno stabilizzatore. Che però, almeno secondo lui, non stabilizzava un cazzo. Succedeva che non lo prendesse, tanto gli sbalzi li aveva comunque.
Ogni giorno, davanti a quelle compresse, si chiedeva se davvero valesse la pena di prenderle. Cosa sarebbe successo se non lo avesse fatto. Ma non rischiava, se già stava male, senza sarebbe stato probabilmente peggio.
"Yoongi, ricorda che oggi hai la psicologa." gli fece notare la madre, sbucata fuori dalla porta. Il figlio annuì, per poi tornare in camera a godersi la libertà di quelle vacanze.
Steso sul letto a fissare il soffitto, nuovamente, quasi come un uomo che aspetta la scossa elettrica che lo ucciderà. Yoongi era così, aspettava l'ennesima pugnalata dalla vita.
Passò la mattina lì, a non fare niente, neanche mangiò. Il tempo passa velocemente quando ti divertiti, ma anche quando hai tante cose per la testa. Così arrivarono le 14, doveva andare.
"Vado." disse alla madre, sottointendendo dove. "Forse dopo passo da un amico, quindi non mi aspettate per cena." La madre annuì distratta.
Una volta giunto allo studio, fece dei respiri profondi, mise via le cuffiette, e suonò il campanello. "Buongiorno Yoongi" lo salutò lei, "Buongiono." rispose lui.
Accomodati nella stanza, ci furono alcuni secondi di silenzio. Yoongi si gurdava compulsivamente intorno, come a voler analizzare quel locale. "Come stai?" chiese la psicologa, prendendo il blocchetto in mano.
"Non lo so, sono confuso." rispose lui, rigirandosi le dita. "Cosa ti confonde, Yoongi?" domandò lei, creando uno stato di panico nel ragazzo. Non sapeva che dire.
"Non sono abituato a provare dei sentimenti forti per qualcuno che non siano rabbia e disgusto. Jimin, mi confonde." si spiegò quanto meglio lui, facendo però corrugare la fronte alla donna difronte.
"E questa confusione ti crea dei particolari stati d'animo? Nervosismo, o quant'altro?" chiese con tono gentile. Yoongi parve rifletterci attentamente, come a voler scegliere le parole con cura.
"Mi sento in ansia, non voglio ferirlo ne restarne ferito. Mi sento in paranoia, perché penso di essere in difetto e che questo mi porterà a mandare tutto all'aria. Ho paura di rovinare tutto."
A quel punto gli venne chiesto perché avesse questa paura, e lui rispose con tono che supponeva ovvietà: "Perché lui rovina sempre tutto. È colpa sua se io non posso avere rapporti duraturi. Ha paura di affezionarsi.".
"Parli del tuo alterego, Yoongi?" chiese la specialista, non volendo sbagliarsi. Ne abbe la conferma quando vide il paziente annuire. "Ti capita spesso di avere switch in questi giorni? Suppongo tu sia molto stressato."
"Si, almeno due volte al giorno. E non mi riconosco più, mi comporto in modi assurdi, cattivi, che mirano solo a ferire. Io non sono così, lei lo sa, e odio che lui emerga solo in quei momenti."
"Che momenti?" domandò lei, "Quelli in cui sono troppo debole per farcela da solo. Quelli in cui, probabilmente, ho bisogno di lui. E odio essere dipedente da ciò, odio non essere capace di farcela senza." spiegò.
"Voi siete molto più simili di quello che credi, Yoongi, il tuo non è che un meccanismo di difesa. Lui fa parte di te, e sarà così per sempre. Devi solo imparare a gestirti, a gestirlo. " spiegò lei, controllando l'orologio.
Dopo quella frase il discorso divagò, diramandosi in mille altri aspetti. "Per oggi abbiamo finito, buona giornata. E mi raccomando Yoongi, tienti stretto i legami che ti fanno stare bene." lo salutò lei.
"Si, buona giornata..." sussurrò lui allontandosi, dirigendosi in un posto ben preciso.
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diciassette occhiatacce
Ficción GeneralJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)