loro sono normali

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Indossava le cuffie antirumore, aveva chiuso ogni tapparella per impedire alla luci intermittenti di raggiungerlo, e si era rintanato sotto le coperte. Ma era tutto inutile.

Era arrivato il capodanno, e con esso tutti i festeggiamenti rumorosi e inutili. Jimin ne soffriva molto, si sentiva soffocato da tutti quegli stimoli. Avrebbe solo voluto strapparsi gli organi di senso.

Non capiva come la gente potesse divertirsi in quei contesti, come facessero a non avere un esaurimento al secondo. Non capiva come funzionassero le loro menti neurotipiche.

Quella sera, a quanto ne sapeva, Yoongi sarebbe uscito insieme a dei suoi amici per trascorrere la festività insieme. Questa cosa aveva un po' scosso il platino.

Non pretendeva affatto che il proprio ragazzo restasse con lui solo per pena, e neppure voleva che Yoongi passasse con lui quel giorno... ma qualcosa non quadrava. C'era un pezzo del puzzle che proprio non aveva posto.

Era cosciente che Yoongi avrebbe probabilmente bevuto o fumato, o entrambe. Ma non era tanto quello a disturbarlo, quanto il fatto che anche gli altri lo avrebbero fatto.

Era stupido, lo sapeva, ma non poteva negare a se stesso che stava sperimentando una strana sensazione nei confronti del menta. Non che non si fidasse, assolutamente, però...

"Si, pronto?" chiese Yoongi dall'altro capo del telelfono. Jimin non rispose subito, voleva scegliere che dire. Aveva chiamato l'altro avventatamente. "Ciao." disse.

Dopo aver parlato per un po', parve evidente a Yoongi che qualcosa non andava nella voce dell'altro. "Sei teso a causa degli stimoli?" domandò, pensando fosse quella la causa.

"No." rispose secco Jimin. Il ragazzo dall'altro capo del telefono grugnì confuso, ottenendo altre spiegazioni. "È che... tu andrai lì... sarà pieno di ragazzi e ragazze più belli di me..." sospirò.

"E tu berrai, e anche loro.. e forse loro saranno meglio di me e tu.. e tu sceglierai loro a me perché loro non sono... ecco... perché loro sono normali." concluse tutto d'un fiato.

Yoongi stesse qualche secondo in silenzio, completamente privo di parole. "Zanna..." iniziò lui, "Credevo tu fossi un ragazzo intelligente, e invece eccoci qua." continuò con tono serio.

E giusto prima che Jimin potesse parlare, la chiamata finì. L'altro aveva riattaccato. Il platino fissava il display, sperando fosse stato un errore, e che sarebbe ricomparita la chiamata in arrivo.

Nulla, però. Jimin inziava a tremare, a sentire le forze andarsene. Aveva come il presentimento di aver appena fatto qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto sistemare. Era impaurito.

Scivolò a letto, tremando ancora un po', avendo un leggero tic al piede, sentiva la bocca asciugarsi, il cuore palpitante, la testa pesante. La ragione mischiarsi al panico.

Il campanello prese a suonare, ma non gli pareva di avere la forza di alzarsi. Le gambe gli sarebbero sicuramente cedute, pensava. Ma il campanello non smetteva di suonare.

Si fece forza e aprì, pensando che quel postino del cazzo non aveva di meglio da fare in quel momento. Aprì la porta, pronto con la penna per firmare i documenti di consegna.

E si aspettava tutto, tranne che vedere spuntare una chioma verde da quelle rampe. Il suo cuore sussultò, ed era sicuro che in quel momento avesse una faccia da allocco.

diciassette occhiatacce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora