perseguitato

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Era il 22 marzo, e i due se ne stavano sdraiati a letto.

"Mi tremano le gambe.." disse Jimin col fiatone, "Non so se è normale, forse sto per morire o per avere un ictus." concluse riflettendo ad alta voce.

"Penso sia normale piccolo, dato ciò che abbiamo appena fatto." rise Yoongi, sentendosi fiero del risultato. "Dannazione, sei bellissimo, letteralmente perfetto..."

"Sei uno scemo Yoongi, sei davvero uno scemo." lo riprese il ragazzo a destra, "Lo so, fatto sta che mi ami nonostante ciò." ribadì quello a sinistra.

La loro relazione era diventata un po' così: passavano dal piantarsi le dita nella carne dal piacere e dalla passione, al fare battute, al provocarsi per dimostrarsi il loro amore.

Dopo quella frase calò il silenzio, puro, non di tensione. "Non so se è una mia impressione, ma ti vedo pensieroso." commentò il platino, stringendosi al petto dell'altro.

"Tranquillo Zanna, sono solo stanco, è un periodo impegnativo. Poi sono due settimane che ti comporti come una tredicenne in crisi ormonale." rispose Yoongi buttandola sul ridere.

"Sarà.. e comunque non dire nulla, che se fosse per te in questo momento staremmo facendo tu sai cosa." sbuffò Jimin, alzando gli occhi al cielo. L'altro rise.

Rise, anche se però si sentiva in colpa ad aver mentito... non voleva rovinare l'atmosfera dicendo cosa lo turbasse, voleva godersi quella tranquillità rara e speciale con il suo fidanzato.

Per un momento si estraniò dalla realtà, fissando un punto indefinito della parete difronte: prima o poi avrebbe dovuto parlarne con il platino, ma nessun momento pareva adatto.

Strinse più a se Jimin, volendolo percepire con ogni recettore della sua pelle. Il suo corpo era caldo, il respiro leggermente accellerato, e pareva essere un tutt'uno con il proprio.

"Non so che farei senza di te." sussurrò il menta dopo qualche minuto, ma non udì risposta. Abbassò lo sguardo e notò il proprio ragazzo in dormiveglia. "O meglio, di cosa mi farei.."

Jimin lo aveva aiutato a smettere di fare tante cose brutte e nocive, ma nessuno oltre a se stesso poteva fermarlo dall'avere pensieri negativi.
Era un casino, ultimamente.

Decise che avrebbe dormito anche lui, magari una pausa lo avrebbe aiutato a fare chiarezza poi. Chiuse gli occhi, e neppure dieci minuti dopo si sveglio con la fronte sudata e il cuore a mille.

Era inutile, pure in sogno quella cosa lo perseguitava. Doveva arrendersi all'evidenza, quella data stava arrivando e lui non poteva che accettare di doverla affrontare.

[capitolo di passaggio, fa pena ma era necessario per il proseguo.]

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