Capitolo 53

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6 dicembre, domenica.

Shirabu

I miei piedi cercano di fare attrito sul marciapiede. Non voglio andare avanti. La mia forza di volontà è più potente della tua forza fisica.

Lo guardo male, malissimo. Cerca pure di tirarmi in avanti ma non riuscirai a muovermi, arrenditi.

- Dai Kenjirō! Dobbiamo tornare a scuola. -

No.

È domenica, potevi lasciarmi a casa.

Invece no. No, non potevi.

Perché, se non mi rompi le scatole, tu non sei felice.

Non è vero?

- Io volevo restare a letto, a dormire beatamente sotto le coperte. -

Non ricordo il motivo per cui mi sono alzato.

- Torniamo indietro, ti prego. - Sbuffo e lui smette di tirarmi.

Sorride. Il maledetto sorride.

Sposta la mano sulla mia guancia. La vicinanza che si forma tra noi due ora è un po' troppa.

Incrocio i suoi occhi, mi fissano un po' troppo.

- Vuoi tornare a letto, Ken? Ma ti ricordi in che letto eri fino a poche ore fa? -

Cavolo, sì che lo ricordo.

Dovevo stare zitto, dovevo stare zitto e camminare, dovevo...

Rapido affianca il mio orecchio con le sue labbra. - Nel mio. - Sussurra.

Un brivido mi percorre la schiena. Lo spingo via.

Questo era un po' troppo.

Tu, Eita Semi, sei un po' troppo.

Ieri, questo essere identificato come Eita Semi, mi ha presentato ai suoi.

Psicologicamente ero pronto. Credo.

Non avevo paura di incontrarli, sono persone normali, no?

Avevo paura di non piacergli.

Insomma, ecco, sì, questo. Solo quello era il mio problema.

Che poi, a me del parere degli altri frega niente giuro. Posso tranquillamente non piacervi, a me non importa.

Ma stiamo parlando dei genitori del ragazzo che mi piace. Il ragazzo che mi rompe le scatole durante le noiose lezioni, quello che mi abbraccia quando ho freddo in biblioteca, e che tira pugni in faccia alle persone che mi hanno trattato male in passato.

Se io non gli piaccio, è un problema. Non voglio rovinargli il rapporto in famiglia.

Spoiler: paranoia inutile.

La madre appena mi ha visto, mi ha visualizzato come un dio. È troppo bella e gentile per essere la madre di questo fastidioso orso polare.

Il padre era un normale. Mi ha stretto la mano sorridente, chiesto un "Come va ragazzo?", uno di quei discorsi normali.

Io, per correttezza, ho evitato parole sgradevoli e di picchiare l'orso polare quando si comportava da cretino.

Non sono andato male, la cena in realtà mi è piaciuta molto, la rifarei volentieri.

Per dormire, la madre aveva offerto il loro letto matrimoniale. Stavo per dire che potevo tranquillamente dormire sul divano, ma Eita mi ha preceduto. <Tranquilla mamma. Io e Kenjirō dormiamo nel mio letto.>

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