Capitolo 51

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2 dicembre, mercoledì.

Osamu

- Cognato dobbiamo parlare. -

Scuoto la testa, lo evito e continuo a camminare dritto.

Ma lui non è d'accordo, mi prende sottobraccio e mi blocca.

Lo guardo torvo e i suoi occhi mi rispondo con la stessa freddezza dei miei.

- Se ti dico dobbiamo parlare, dobbiamo parlare. -

La voce è spaventosamente bassa. Sposto gli occhi da un'altra parte.

Agito il braccio e lo scanso via.

Io non sono 'Tsumu.

Io non sono sotto il tuo controllo cognato.

- Parliamo dei tuoi problemi sentimentali, come da copione, e poi ti porto dal grande amore della tua vita per fare pace. Che ne pensi? -

Infilo le mani nelle tasche mentre mi dirigo verso camera sua con lui affianco.

Ha vinto il cognato, sta volta.

Fuori dalla porta, prende le chiavi dalla tasca della tuta e apre l'accesso.

"Facciamo in fretta, per favore. Ho bisogno di chiedere scusa a Suna."

Prende la prima sedia del tavolo e la porta indietro per poi sedersi.

- Ho il dovere di parlarti. Sai che significa? Che non m'importa di cosa hai bisogno. Facciamo una chiaccerata, passeranno i venti minuti necessari per farti capire quanto sei idiota, e poi andremo da loro. -

Loro? Come loro? Chi intende?

Prendo fiato, parlo a raffica. "Tu e mio fratello state complottando!"

Sposta l'indice da desta a sinistra. Con i piedi si tira via le scarpe che ha indosso.

- Io direi aiutando. -

"Non mi porti da Suna, non mi stai aiutando."

- Ti porterò da Suna. -

"Puoi farlo ora."

Scuote la testa, prende una pausa per respirare.

Veloce è il mio piede che sbatte sul pavimento in attesa di una singola frase.

- È arrabbiato, Osamu. Non vuole vederti. -

Il piede si ferma, sento le gambe molli.

Voglio cadere per terra. Cadere e farmi male, come ho fatto io a Suna.

"Quanto?"

- Tanto. È tanto arrabbiato. -

Il sedere rimbalza sulle molli del materasso. Appoggio i gomiti alle ginocchia e infilo le mani fra i capelli.

Non volevo ferirlo.

Non volevo farlo.

"Mi ero scordato dell'uscita. Totalmente dimenticata."

Mi ascolta, so che mi ascolta. Io ci sono per lui e lui c'è per me.

È questo il nostro rapporto tra cognati.

"Stavo dormendo, come al solito. Perché devo sempre dormire?!"

Quasi urlo. E più che essere una domanda per lui, essa è rivolta alla mia coscienza.

Ho ferito Suna, perché continuo a dormire.

"Dormivo nel suo letto, in camera sua. "

- Oh cristo. Non fare lo sdolcinato ora. -

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