Premetto che questa storia non è mia ma di @Black_Queen_ la quale ringrazio per avermi dato il permesso di riscrivere la sua storia in versione Larry.
Buona lettura :)
Londra, 10 Novembre 1950.
Due famiglie, un contratto per i propri interessi.
Due firme: Styles, Tomlinson.
Due ragazzi destinati ad incontrarsi.
La loro storia inizia così...
Italia, 29 Gennaio 2014.
Stavo camminando per le strette strade della mia città in Italia. Il tempo non prometteva nulla di buono. Mi stringevo nella mia giacca azzurra, riparandomi dal vento che mi scompigliava i ricci. La vibrazione del cellulare che tenevo nella tasca dei jeans mi fece sobbalzare. Lo presi, era mia madre.
-"Pronto, mamma?"
-"H-Harry..." la sua voce sembrava spezzata dal pianto.
-"Mamma stai piangendo?" mia madre non aveva mai pianto, il che mi fece preoccupare.
-"No, tesoro, ma vieni a casa." la sua voce suonò come una supplica, così, anche se lei non poteva vedermi, annuii.
-"Arrivo." dissi, prima di terminare la chiamata. Riposi il cellulare nella tasca, guardandomi intorno, notando che non c'era molta gente in giro. Aumentai il passo, nonostante non fossi molto lontano da casa mia, ma volevo davvero sapere che stava succedendo.
Arrivai solo dopo qualche minuto e mi affrettai ad aprire la porta principale. Entrando, vidi un uomo seduto davanti ai miei genitori, che stringeva tra le mani un foglio di carta. Ero preoccupato, non capivo cosa stava succedendo. Chi era quell'uomo? Cosa c'era scritto in quel foglio?
-"Mamma che sta succedendo?" il mio tono era più simile ad un sussurro. Mia madre cercò di parlare ma non ci riuscì, i singhiozzi le impedivano di farlo. L'uomo si avvicinò a me porgendomi il foglio. Era ingiallito ma non stropicciato. Sembrava antico ma conservato con cura. Lo presi tra le mani, ma non lo lessi subito; prima alzai lo sguardo verso la persona che stava davanti a me.
-"Cos'è?" chiesi stranito e preoccupato allo stesso tempo.
-"Un contratto." rispose ovvio.
I miei occhi scesero a guardare le scritte di quel sottile pezzo di carta. Parlava di due famiglie, di un contratto stipulato più di cinquant'anni prima che diceva che il primogenito della famiglia Styles, ossia la mia, era stato venduto al primogenito della famiglia Tomlinson, per gl'interessi di entrambe le famiglie, e che, all'età di diciotto anni, diventava di sua proprietà. Quasi persi un battito capendo che il ragazzo di cui parlava il contratto, ossia il primo e unico figlio degli Styles, ero io.
-"E' illegale." sibilai, stringendo tra le mani il 'contratto' ed alzando lo sguardo.
-"Adesso si, ma è stato stipulato con una vecchia legge, quindi in teoria è legale." il moro davanti a me, prese il foglio dalle mie mani, riponendolo in una valigetta. Non potevo credere che stesse dicendo sul serio e ancor meno che i miei genitori non stessero facendo nulla per impedirlo.
-"Voi non potete farlo! Io non sono un oggetto!" quasi urlai, lacrime salate si stavano facendo spazio sul mio viso, nonostante cercassi di non piangere.
-"Noi non vogliamo..." fu mio padre a parlare, prima di venire interrotto dall'uomo, adesso, accanto a me.
-"Ma è un contratto firmato dai tuoi nonni. Quando compi diciotto anni?" chiese ancora l'uomo, del quale notai di non conoscere ancora il nome. Era alto, robusto, aveva i capelli castani, lisci, gli occhi verdi. Sembrava avere più o meno l'età di mio padre.
-"Tra...tre giorni." sussurrai abbassando lo sguardo.
-"Verrò a prenderti la mattina successiva, per portarti dalla famiglia Tomlinson. Abitano a Londra."
-"Londra? Ma è dall'altra parte del mondo!" urlai, sapevo che non era poi così distante, ma per me era già abbastanza lontana. Mi sarei ritrovato solo, in un luogo che non conoscevo. Lui mi ignorò e, salutando i miei, andò via, chiudendo la porta alle sue spalle. Guardai i miei genitori per qualche secondo, prima di salire le scale che portavano in camera mia, lasciandomi cadere sul letto, iniziando a piangere. Mi sentivo un oggetto. Beh, in questo momento mi stavano trattando come tale. Sembrava che a nessuno importasse di me e di ciò che provavo. Speravo solo che a Londra mi avrebbero trattata bene, aspettando che tutto questo si sistemasse.
-"Noi non possiamo farlo! Mio figlio non può essere portato via da un ragazzino che ha trovato uno stupido foglio di carta!" urlava mio padre, dal piano di sotto. Loro non volevano e lo sapevo, ma dovevano.
-"Non lo voglio neanche io! Non urlare con me, so bene come sono i Tomlinson!" urlava mia madre, a sua volta. Le loro voci erano udibili nonostante la porta della mia stanza fosse chiusa.
-"Puttanieri, ecco cosa sono! Non voglio immaginare cosa faranno a nostro figlio!" a quelle parole rabbrividii, sperando che si sbagliassero.
Un contratto, uno stupido contratto aveva rovinato la mia vita. I miei nonni, perfino prima che nascessi, avevano deciso per me un destino che sembrava del tutto diverso da quello che immaginavo.
*****
Il diciottesimo compleanno di un ragazzo dovrebbe essere il giorno più bello della sua vita. Eppure, per me, non fu così. Per me quel giorno segnava l'inizio della fine. Perché si, anche se i miei genitori si erano opposti, il giorno dopo sarei partito per Londra. Questo fu il motivo per cui non volli festeggiare, per cui ignorai i messaggi d'auguri dei miei amici. Non ero bravo negli addii. Non riuscivo a pronunciare quelle parole.
-"Ci sentiremo ogni giorno, piccolo mio." mi aveva detto mia madre tra le lacrime, in aeroporto.
-"Se quel Tomlinson ti fa qualcosa, gli rompo il naso." mio padre mi aveva abbracciato.
Li salutai con la mano, poi, dal finestrino dell'aeroporto, prima di vederli diventare sempre più piccoli, per poi sparire. Avrei dovuto salutare anche l'Italia, poiché probabilmente non l'avrei rivista presto, ma non lo feci. Non volevo accettarlo,non volevo crederci.
-"Come ti chiami?" chiesi all'uomo che mi aveva accompagnato, lo stesso che quel fatidico giorno era venuto a casa mia.
-"Paul. Sono l'assistente del signorino Tomlinson."
-"E come si chiama il signorino?"
-"Si chiama Louis."
Signorino Tomlinson...bene Louis, non vedo l'ora di sapere che faccia hai.
Così mi girai dall'altra parte, prima che un'ultima lacrima lasciasse i miei occhi.
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Mine (Larry version)
FanfictionMa, quando lo guardava, lui sapeva che quegli occhi color del cielo nascondevano molto più di quello che poteva immaginare. Sapeva che lui non era cattivo, lui era buono, era un angelo. Un angelo venuto male, con un cuore a pezzi. Un angelo a cui no...