Paragrafo 1 - L'auto.

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Paragrafo 1

L'auto.

Introdusse la banconota da venti nella colonnina del distributore automatico, selezionò la pompa numero tre e rabboccò di qualche litro il grosso serbatoio di quel vecchio fuoristrada. Mentre sentiva scorrere il carburante nella manichetta sotto la sua mano destra, si accorse che quattro balordi intenti a fare rifornimento alla pompa numero due stavano sicuramente ridendo di lui, forse per il cappuccio calato fino a coprirgli gli occhi ma non a sufficienza da nascondere la parte inferiore del viso completamente rovinata, o forse per quel suo fuoristrada così dannatamente vecchio, che sotto le luci al neon della stazione di servizio sembrava ancora più ridicolo rispetto alla loro auto lucida da figli di papà.

Con il pollice e l'indice della mano libera si spostò leggermente la piega del cappuccio dall'occhio sinistro e guardandoli senza muovere la testa, spense in sequenza uno ad uno i loro sorrisi ebeti. In altre circostanze si sarebbe probabilmente avvicinato a loro dopo aver aperto il pesante portabagagli del suo veicolo, ma evidentemente non potè.

E forse fu un bene.

Si limitò a guardarli ripartire veloci ed in silenzio dall'altra parte della stazione di servizio e dopo essersi pulito sul giaccone di panno marrone il gasolio che gli era scivolato sulla mano, risalì pesantemente in auto e rimise in moto quel vecchio diesel anni novanta.

Abbassò di due dita il finestrino per buttare fuori il mozzicone di sigaretta che aveva lasciato acceso, dopo averlo ridotto al minimo con un ultimo tiro e imboccò la statale N.163, sintonizzando la radio sulle frequenze della prima stazione dalla ricezione almeno decente.

Suonava una canzone slow, quasi fuori luogo in quella notte gelida bagnata da una pioggerellina sottile. Senza distogliere lo sguardo dalla strada, cercò di spegnere la radio con un dito lanciato a caso tra i comandi sul ponte centrale dell'auto, ma sbagliò interruttore ed azionò i tergicristalli. Si accese un led arancione sul cruscotto accanto ai numeretti verdi dell'orologio a cristalli liquidi, che segnava lampeggiando le ore 00:53.

Lasciò perdere la radio mentre le goccioline di ghiaccio sparirono dal parabrezza e per un bel po' continuò a risuonare senza senso il patetico ritornello di "Dancing in the park".

Dopo la prima rotonda della statale 163, nel tratto che segue a strapiombo la linea costiera, trovò davanti a sé di nuovo quella stupida auto rossa, con a bordo i quattro ragazzotti che poco prima stavano ridendo di lui alla stazione di servizio. Evidentemente pensavano che la notte per loro sarebbe stata ancora lunga. Si erano fermati in un bar a fare rifornimento di alcolici e lui li aveva raggiunti con il suo cassone lento e arrugginito.

La spider rossa procedeva sbandando davanti a lui, sicuramente per l'alcol, con un'andatura intermittente ed incerta. Dai suoi finestrini usciva ancora una musica techno assordante quando il guidatore inchiodò, appena lo vide sopraggiungere a qualche decina di metri dallo specchietto retrovisore, accostando pericolosamente sul ciglio destro della carreggiata a picco sulla scogliera. Nell'abitacolo del vecchio fuoristrada si accese una fioca luce giallastra che illuminò la metà destra di un viso mostruosamente deforme. A questo punto il rumore del pesante motore aumentò improvvisamente insieme al brontolio delle grosse gomme calde sull'asfalto vibrante e scivoloso. Al sommesso vocalizzo del motore sportivo al minimo dei giri, faceva da contrappunto l'incedere furioso dell'altro lanciato al massimo che si avvicinava sempre di più.

Poi, il paraurti in acciaio del veicolo anni novanta entrò per metà nella fiancata sinistra dell'elegante e delicata auto sportiva, facendole fare un volo di circa trenta metri verso il basso.

La musica techno era sparita.

Restavano soltanto i segni della frenata sull'asfalto ed il ritornello monotono di "Dancing in the park" nell'aria gelida di quella notte senza stelle.

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